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Licenziamento per giusta causa: lite tra colleghi

Il Tribunale di Torino ha confermato il licenziamento per giusta causa di un lavoratore che ha aggredito fisicamente un collega durante una lite per l’uso di un carrello elevatore. La violenza sul lavoro è stata ritenuta una grave violazione degli obblighi contrattuali, tale da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per Giusta Causa: Quando una Lite tra Colleghi Rompe il Patto di Fiducia

Il mantenimento di un ambiente di lavoro sereno e sicuro è un obbligo per il datore di lavoro, ma anche un dovere per ogni dipendente. Una recente sentenza del Tribunale di Torino ha ribadito un principio fondamentale: la violenza fisica sul posto di lavoro costituisce un inadempimento talmente grave da giustificare il licenziamento per giusta causa. Questo caso offre uno spaccato dettagliato di come un alterco tra colleghi possa degenerare e portare alla massima sanzione disciplinare, evidenziando l’importanza del rispetto reciproco e della corretta gestione dei conflitti.

I Fatti del Caso: Dalla Discussione all’Aggressione

Un lavoratore, impiegato come carrellista presso un importante stabilimento industriale, è stato licenziato dopo aver aggredito fisicamente un collega. La vicenda ha avuto origine da un diverbio sorto per motivi apparentemente futili: la gestione della ricarica di un carrello elevatore elettrico.

Il lavoratore, al cambio turno, ha incrociato il collega che stava terminando il proprio orario. Ne è nata una discussione animata, durante la quale il lavoratore ha accusato il collega di non aver messo il muletto sotto carica correttamente. Il confronto verbale è rapidamente degenerato: dalle parole si è passati agli insulti reciproci e, infine, all’aggressione fisica. Il lavoratore ha colpito il collega con un forte schiaffo sulla guancia sinistra, mentre quest’ultimo era ancora seduto sul carrello.

Il collega aggredito, visibilmente scosso e spaventato, ha immediatamente informato la propria responsabile, che ha constatato il rossore e il gonfiore all’orecchio e alla guancia, attivando le procedure di sicurezza aziendali. Le testimonianze raccolte durante il processo hanno confermato la dinamica dei fatti, inchiodando l’aggressore alle sue responsabilità.

Le Pretese del Lavoratore e la Difesa Aziendale

Di fronte al provvedimento di licenziamento, il lavoratore ha presentato ricorso in tribunale, sostenendo che la sanzione fosse nulla per motivo discriminatorio o, in subordine, sproporzionata rispetto ai fatti contestati. Ha chiesto la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento dei danni.

L’azienda datrice di lavoro, dal canto suo, ha difeso la legittimità del licenziamento, sostenendo che l’aggressione fisica a un collega sul luogo di lavoro rappresentasse una violazione gravissima degli obblighi di diligenza e fedeltà, tale da compromettere in modo irreparabile il rapporto di fiducia.

La Decisione del Tribunale e il licenziamento per giusta causa

Il Giudice del Lavoro, dopo aver esaminato le prove e ascoltato i testimoni, ha rigettato integralmente il ricorso del lavoratore. L’istruttoria ha confermato senza ombra di dubbio la sequenza degli eventi e la responsabilità del ricorrente nell’aggressione fisica.

Il Tribunale ha ritenuto che il comportamento del lavoratore integrasse pienamente la fattispecie della giusta causa di licenziamento. La violenza verbale e fisica esercitata nei confronti di un collega, all’interno del contesto lavorativo, è stata considerata un fatto di eccezionale gravità, che lede i principi fondamentali della convivenza civile e della sicurezza sul lavoro.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si fonda sul principio consolidato secondo cui il rapporto di lavoro è basato su un vincolo di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. L’aggressione fisica a un collega rappresenta una rottura insanabile di tale vincolo. Il giudice ha sottolineato che un simile comportamento viola non solo le norme del codice civile sulla diligenza del prestatore di lavoro (art. 2104 c.c.), ma anche le regole basilari di condotta che devono essere osservate in qualsiasi comunità, a maggior ragione in quella lavorativa.

La Corte ha ritenuto irrilevante che il lavoratore avesse regolarmente terminato il suo turno dopo l’incidente o che anche la vittima dell’aggressione fosse stata successivamente licenziata. La responsabilità dell’aggressore è stata valutata in modo autonomo e la sua condotta è stata giudicata sufficiente a giustificare la massima sanzione espulsiva. Il licenziamento non è stato considerato sproporzionato, ma una conseguenza diretta e inevitabile di un atto che mina le fondamenta del rapporto lavorativo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa sentenza ribadisce con forza che non c’è spazio per la violenza, né fisica né verbale, sui luoghi di lavoro. Per i lavoratori, è un monito a gestire i conflitti e le divergenze con i colleghi attraverso il dialogo e il rispetto, senza mai trascendere in comportamenti aggressivi. Le conseguenze, come dimostra questo caso, possono essere la perdita immediata del posto di lavoro.

Per le aziende, la decisione conferma la legittimità di adottare una linea di tolleranza zero verso episodi di violenza, a tutela della sicurezza e del benessere di tutti i dipendenti. Un intervento disciplinare tempestivo e severo, come il licenziamento per giusta causa, è uno strumento essenziale per prevenire il ripetersi di tali eventi e per garantire un ambiente di lavoro sano e produttivo.

Un singolo episodio di violenza fisica verso un collega può giustificare un licenziamento per giusta causa?
Sì, la sentenza conferma che la violenza fisica e verbale esercitata nei confronti di un collega sul posto di lavoro integra la fattispecie della giusta causa, poiché costituisce una violazione talmente grave degli obblighi contrattuali da ledere in modo irreparabile il rapporto di fiducia.

Il licenziamento è valido anche se l’aggressione avviene al termine di una discussione per motivi di lavoro?
Sì, il contesto lavorativo e le motivazioni della lite (in questo caso, l’uso di un carrello elevatore) non attenuano la gravità del fatto. Anzi, proprio perché avvenuta sul luogo di lavoro, l’aggressione assume un disvalore maggiore e giustifica la sanzione espulsiva.

Il lavoratore licenziato per giusta causa a seguito di aggressione è tenuto a pagare le spese legali?
Sì, in base al principio della soccombenza, la parte che perde la causa è tenuta a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte. Nel caso specifico, il lavoratore, avendo visto il suo ricorso respinto, è stato condannato al pagamento delle spese di lite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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