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Licenziamento per giusta causa: la Cassazione rinvia

Tre dipendenti, a seguito di una riorganizzazione aziendale, vengono trasferiti in una sede distante. Rifiutandosi di prendere servizio, vengono licenziati per giusta causa a causa dell’assenza ingiustificata. I lavoratori impugnano il licenziamento, sostenendo che il trasferimento fosse illegittimo e che l’azienda avrebbe dovuto seguire le procedure per i licenziamenti collettivi. Dopo la conferma del licenziamento in primo e secondo grado, la Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, decide di rinviare la decisione. La Corte ha infatti rilevato che una questione simile, relativa all’interpretazione della normativa europea sui licenziamenti collettivi in casi di modifica sostanziale del contratto, è attualmente pendente dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Pertanto, la Cassazione ha disposto un rinvio a nuovo ruolo in attesa di futuri sviluppi giurisprudenziali europei.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per giusta causa dopo il rifiuto del trasferimento: la Cassazione attende l’Europa

Il licenziamento per giusta causa rappresenta la sanzione più grave nel rapporto di lavoro, ma cosa accade quando deriva dal rifiuto di un lavoratore di accettare un trasferimento imposto dall’azienda? Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione getta luce su una questione complessa, decidendo di sospendere il giudizio in attesa di un chiarimento dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Analizziamo questa vicenda che intreccia riorganizzazione aziendale, diritti dei lavoratori e normative europee.

I Fatti del Caso: Trasferimento, Rifiuto e Licenziamento

La vicenda riguarda tre dipendenti di una nota azienda del settore turistico, con mansioni di “trade account” in diverse aree del Nord Italia. Nell’ambito di una riorganizzazione aziendale che prevedeva la soppressione di tale figura, l’azienda dispone il loro trasferimento collettivo presso un’unica sede a centinaia di chilometri di distanza. I lavoratori, ritenendo il trasferimento illegittimo, non si presentano al lavoro nella nuova sede. Di conseguenza, l’azienda procede al loro licenziamento per giusta causa, motivandolo con l’assenza ingiustificata protrattasi per oltre cinque giorni.

Il Percorso Giudiziario nei Gradi di Merito

I lavoratori impugnano il licenziamento davanti al Tribunale, sostenendo due tesi principali:
1. Vizi sostanziali: Il trasferimento era illegittimo e la loro assenza era una legittima reazione a un inadempimento del datore di lavoro.
2. Vizi procedurali: L’operazione, pur mascherata da trasferimenti individuali seguiti da licenziamenti, era di fatto un licenziamento collettivo e avrebbe dovuto seguire la procedura di consultazione sindacale prevista dalla Legge n. 223/1991.

Sia il Tribunale che, successivamente, la Corte d’Appello respingono le richieste dei lavoratori. I giudici di merito ritengono che i dipendenti non abbiano sufficientemente provato l’illegittimità del trasferimento e il pregiudizio personale e familiare. Inoltre, escludono l’applicabilità della normativa sui licenziamenti collettivi, poiché i lavoratori non operavano nella stessa unità produttiva o provincia, e riconoscono la genuinità delle ragioni organizzative addotte dall’azienda.

La questione del licenziamento per giusta causa e la normativa europea

Il nodo centrale del ricorso in Cassazione si concentra sulla violazione della Legge n. 223/1991, letta alla luce della Direttiva europea 98/59/CE. Secondo i ricorrenti, la nozione di “licenziamento collettivo” dovrebbe includere non solo i licenziamenti formali, ma anche ogni “modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore”, come un trasferimento a una sede molto distante. Un’interpretazione estensiva che, se accolta, avrebbe imposto all’azienda l’obbligo di consultazione sindacale prima di procedere.

Le Motivazioni della Cassazione: Un Rinvio Strategico

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, non entra nel merito della questione. Rileva, tuttavia, un fatto di cruciale importanza: la Corte d’Appello di Napoli ha sollevato una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJUE) proprio sull’interpretazione della Direttiva 98/59/CE in un contesto analogo. La futura decisione della CJUE potrebbe avere un impatto diretto e decisivo anche su questo caso. Considerata la novità, la portata generale e la rilevanza nomofilattica della questione, la Cassazione ritiene opportuno non decidere immediatamente. Sceglie invece di rinviare la causa a una pubblica udienza, una mossa strategica per attendere gli sviluppi della giurisprudenza europea e garantire una decisione più ponderata e allineata al diritto dell’Unione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza interlocutoria, pur non risolvendo la disputa, è significativa. Sottolinea come le decisioni di riorganizzazione aziendale che impattano in modo sostanziale sui contratti di lavoro non possano essere valutate solo secondo il diritto interno. Il dialogo tra corti nazionali e Corte di Giustizia europea è fondamentale per definire i confini tra legittima gestione imprenditoriale e tutela dei lavoratori. La decisione finale, quando arriverà, potrebbe ridefinire l’ambito di applicazione delle procedure di licenziamento collettivo, con importanti conseguenze per le aziende che intraprendono processi di ristrutturazione che includono trasferimenti massivi del personale.

Per quale motivo formale sono stati licenziati i dipendenti?
I dipendenti sono stati licenziati per giusta causa a causa della loro assenza ingiustificata dal lavoro, protrattasi per oltre cinque giorni, dopo aver rifiutato di prendere servizio nella nuova sede di trasferimento.

Qual era l’argomento principale dei lavoratori contro il licenziamento?
I lavoratori sostenevano che il licenziamento fosse illegittimo perché il trasferimento imposto dall’azienda era a sua volta illegittimo e che, in sostanza, si trattava di un licenziamento collettivo mascherato, per il quale l’azienda avrebbe dovuto seguire le procedure di consultazione sindacale previste dalla legge n. 223/1991.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione con questa ordinanza?
La Corte di Cassazione non ha deciso il caso nel merito, ma ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha rinviato la causa a una nuova udienza pubblica. Questa scelta è motivata dal fatto che una questione simile sull’interpretazione della direttiva europea sui licenziamenti collettivi è attualmente all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la cui decisione potrebbe essere determinante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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