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Licenziamento per giusta causa: furto e fiducia

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa inflitto a un lavoratore addetto allo smistamento postale che si era appropriato di un portafoglio rinvenuto sul nastro trasportatore. La Corte ha stabilito che la violazione del rapporto di fiducia e del “minimum etico” del dipendente è sufficiente a giustificare il recesso, indipendentemente dal valore del bene sottratto e dalla mancanza di una specifica procedura aziendale per la gestione degli oggetti smarriti.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per giusta causa: la fiducia vale più di un portafoglio

Il rapporto di lavoro si fonda su un pilastro essenziale: la fiducia. Ma cosa succede quando questo pilastro viene a mancare a causa di un gesto apparentemente di poco conto? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13457/2024, ha fornito una risposta chiara, confermando un licenziamento per giusta causa per un dipendente che si era appropriato di un oggetto smarrito. Questa decisione sottolinea come, in determinate mansioni, l’integrità morale sia un requisito non negoziabile, indipendentemente dal valore economico del bene sottratto.

I Fatti del Caso

Un dipendente di un’importante società di servizi postali, addetto alla cernita della corrispondenza, veniva licenziato dopo essersi appropriato di un portafoglio prelevato da un nastro trasportatore. Il lavoratore si era difeso sostenendo che il valore del bene fosse esiguo e che l’azienda non avesse una procedura chiara per la gestione degli oggetti non postali rinvenuti sul luogo di lavoro. Dopo una prima sentenza a lui favorevole, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, ritenendo il licenziamento legittimo. Il caso è quindi approdato in Cassazione a seguito del ricorso del lavoratore.

La Decisione della Corte: il licenziamento per giusta causa è legittimo

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando in via definitiva la legittimità del licenziamento. Gli Ermellini hanno stabilito che la condotta del dipendente ha irrimediabilmente compromesso il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, rendendo impossibile la prosecuzione del rapporto. La decisione si basa su principi che trascendono il mero valore materiale dell’oggetto e le specifiche previsioni contrattuali.

Le Motivazioni della Sentenza

Il “Minimum Etico” e il Dovere di Non Appropriarsi di Beni Altrui

La Corte ha evidenziato che il divieto di appropriarsi di beni altrui appartiene a un “minimum etico” che ogni cittadino, e a maggior ragione ogni lavoratore, è tenuto a rispettare. Questo principio basilare di onestà non necessita di essere specificato in una procedura aziendale. La mancanza di un regolamento interno sulla gestione degli oggetti smarriti non può, quindi, essere usata come scusante per un’appropriazione indebita.

L’Importanza dell’Affidamento nel licenziamento per giusta causa

Un punto cruciale della motivazione riguarda l’altissimo grado di affidamento richiesto dalla mansione del lavoratore. Chi opera nella cernita di effetti postali ha la piena disponibilità di beni altrui e il datore di lavoro ha una limitata possibilità di controllo ex-post sul suo operato. In questo contesto, qualsiasi comportamento che mini la fiducia fondamentale è di per sé gravissimo. L’appropriazione di un oggetto, anche se non strettamente “postale”, dimostra una disonestà di fondo che rende il dipendente inaffidabile per il delicato compito che gli è stato assegnato.

Irrilevanza del Valore del Bene e del CCNL

Il lavoratore aveva invocato una norma del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che prevedeva una sanzione conservativa (non espulsiva) per la “sottrazione di materiale o beni strumentali di tenue valore”. La Corte ha respinto questa argomentazione, operando una distinzione fondamentale. La norma del CCNL si riferisce a beni di proprietà dell’azienda (come materiale di cancelleria o attrezzi). La sottrazione di un bene appartenente a un terzo, rinvenuto durante l’espletamento del servizio, rappresenta una violazione molto più grave. Non si tratta di un danno al patrimonio aziendale, ma di una lesione diretta del rapporto di fiducia e dell’affidabilità del servizio che l’azienda offre al pubblico. Per questo motivo, il licenziamento per giusta causa è stato considerato proporzionato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: la gravità di un’inadempienza contrattuale non si misura solo dal danno economico prodotto, ma soprattutto dalla sua incidenza sul vincolo fiduciario. Per i lavoratori che ricoprono ruoli in cui l’onestà e l’affidabilità sono requisiti essenziali, anche un singolo atto di disonestà, pur riguardante un bene di scarso valore, può costituire una giusta causa di licenziamento. Questa pronuncia serve da monito: il rispetto del “minimum etico” è un presupposto implicito e imprescindibile di ogni rapporto di lavoro.

È possibile licenziare un dipendente per essersi appropriato di un oggetto di scarso valore trovato sul lavoro?
Sì. Secondo la Corte, se la mansione richiede un elevato grado di fiducia (come la gestione di corrispondenza altrui), l’appropriazione di un oggetto, indipendentemente dal suo valore, costituisce una violazione talmente grave del vincolo fiduciario da giustificare il licenziamento per giusta causa.

La mancanza di una procedura aziendale per la gestione degli oggetti smarriti giustifica il comportamento del dipendente?
No. La Corte ha stabilito che il divieto di appropriarsi di beni altrui appartiene a un “minimum etico” che precede qualsiasi regolamento aziendale. Un lavoratore non può giustificare un’appropriazione indebita appellandosi a una lacuna procedurale dell’azienda.

La previsione del CCNL di una sanzione più lieve per il furto di beni di “tenue valore” è sempre applicabile?
No. La Corte ha chiarito che tale norma si applica alla sottrazione di beni strumentali di proprietà dell’azienda. Non è applicabile, invece, quando il lavoratore si appropria di un bene appartenente a terzi, rinvenuto in ragione del servizio svolto, poiché in questo caso la violazione del rapporto di fiducia è considerata molto più grave.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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