Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14891 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14891 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4303-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato COGNOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4004/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/12/2023 R.G.N. 1398/2021;
Oggetto
Licenziamento ex lege n. 92/2012
R.G.N.4303/2024
COGNOME
Rep.
Ud.04/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 4004 del 2023, in riforma della pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale della stessa città (che aveva dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE diretto ad ottenere, accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro stabile, a tempo indeterminato tra le parti, la declaratoria di inesistenza, nullità, inefficacia, illegittimità e ingiustificatezza degli sbarchi per avvicendamento del 12.4.2019 e del 21.10.2019, con condanna del datore di lavoro, per ogni sbarco, da ritenersi quale licenziamento, alla reintegra del ricorrente nel proprio posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria per ogni recesso) ha, invece , dichiarato l’illegittimità dei due sbarchi e ha condannato la società alla reintegra del Papino nel posto di lavoro e al pagamento, in favore di quest’ultimo, di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dallo stesso percepita, con decorrenza dal giorno del recesso e fino alla effettiva reintegrazione, nella misura di dodici mensilità, oltre accessori e spese di lite.
I giudici di seconde cure hanno precisato che: a) il COGNOME era iscritto nel ‘turno particolare’, come risultava dal certificato prodotto del 2015 e con altra sentenza, passata in giudicato, era stato riconosciuto sussistere, tra le parti, un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; b) che la RAGIONE_SOCIALE nonostante tale pronuncia, aveva stipulato con il lavoratore dei contratti che, per le loro modalità, non costituivano espressione di un rapporto stabile a tempo indeterminato, ma di plurimi e distinti rapporti che cessavano ad ogni sbarco per avvicendamento per poi essere ricostituiti ex novo ; c) tale conclusione si desumeva da fatto che, dalle buste paga prodotte, veniva corrisposto il TFR; che i vari imbarchi venivano disposti stipulando sempre un nuovo contratto di arruolamento, con
indicazione della decorrenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato proprio dalla data del relativo imbarco; che il Papino risultava essere iscritto al ‘ turno particolare ‘ dal 2015; d) pertanto, tutta la sequenza degli atti appariva finalizzata a costituire un rapporto non stabile e a tempo indeterminato, come invece accertato dalla sentenza passata in giudicato del Tribunale di Napoli, con la conseguenza che gli sbarchi per avvicendamento si collocavano tra le ipotesi di risoluzione automatica del contratto, consentendo di qualificarli come licenziamento ad nutum senza causa, con ogni effetto di legge.
Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidato ad un unico articolato motivo, cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico articolato motivo la società denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, rappresentato dalla sussistenza della continuità retributiva e contributiva del rapporto, la cui esistenza risultava dal testo della sentenza impugnata e dagli atti processuali consistenti nelle buste paga esibite mese per mese anche per tutto l’anno 2019. Si deduce che ‘l’avvicendamento’, nel caso concreto, a differ enza delle fattispecie giurisprudenziali richiamate, non aveva determinato alcun licenziamento perché non aveva causato alcuna risoluzione del rapporto e, nella presente controversia, si verteva in un ‘avvicendamento’ disciplinato dall’art. 84 del CCNL e non dall’art. 83 CCNL che regola lo sbarco per volontà dell’armatore.
Il motivo, come formulato, è infondato.
E’ opportuno precisare che q uesta Corte ha avuto modo di chiarire che: ‘l ‘art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione,
relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (per tutte, Cass. n. 17005/2024).
La decisività del “fatto” omesso assume, nel vizio considerato dalla disposizione richiamata, rilevanza assoluta poiché determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha valutato le buste paga (e quindi gli elementi di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame in relazione al fatto da essi veicolato e rappresentato dalla continuità retributiva e contributiva).
In tale analisi, però, i giudici di seconde cure hanno privilegiato la consistenza probatoria di altri elementi per ritenere che i contratti di lavoro stipulati dalle parti non fossero calibrati in relazione ad un preesistente rapporto di lavoro stabile e a tempo indeterminato.
Tali fatti sono stati analiticamente individuati, come detto nello storico: a) nella corresponsione del TFR; b) nella stipula di nuovi contratti di arruolamento con indicazione della decorrenza del rapporto di lavoro proprio dalla data dell’imbarco; c) nell’essere il Papino iscritto al ‘turno particolare’ dal 2015.
La Corte territoriale ha proceduto, pertanto, ad una motivata e adeguata ricostruzione dell’intera vicenda per giungere alla conclusione di qualificare gli sbarchi del 12.4.2019 e del 21.10.2019 come licenziamenti senza giusta causa e non quali sbarchi per avvicendamento disciplinati dall’art. 84 del CCNL di settore.
In relazione a tutto il contesto probatorio, la cui valutazione costituisce accertamento di merito non sindacabile in questa sede, il
fatto denunciato quale omesso, e cioè la continuità retributiva e contributiva, asseritamente ricavabile dalle buste paga (che peraltro non sono state riportate nella loro interezza e specificità nella articolazione della censura), non si dimostra, quindi, decisivo, nel senso sopra evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, per giungere con certezza ad una modifica dell’esito del giudizio, proprio perché non in grado, da solo, di superare le altre risultanze evidenziate dalla Corte di appello.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 marzo 2025