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Licenziamento oggettivo: quando è legittimo?

Una lavoratrice impugna il suo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sostenendo che la riorganizzazione aziendale fosse un pretesto. Il Tribunale di Verona ha respinto il ricorso, ritenendo il licenziamento legittimo. La corte ha verificato l’effettività della riorganizzazione produttiva, che ha reso eccessivo l’orario di lavoro della dipendente. Il rifiuto della lavoratrice di accettare una riduzione dell’orario o un trasferimento in un’altra sede ha validato la decisione dell’azienda.

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Pubblicato il 3 giugno 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per Giustificato Motivo Oggettivo: Analisi di un Caso di Riorganizzazione Aziendale

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresenta uno degli argomenti più delicati nel diritto del lavoro, poiché tocca il delicato equilibrio tra le esigenze produttive dell’impresa e il diritto del lavoratore alla stabilità del posto. Una recente sentenza del Tribunale di Verona offre un’analisi dettagliata dei requisiti necessari per considerare legittimo un simile recesso, specialmente nel contesto di una complessa riorganizzazione aziendale. Questo articolo esamina il caso, le motivazioni della decisione e le implicazioni pratiche per datori di lavoro e dipendenti.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice, impiegata da molti anni presso una società di servizi di ristorazione operante in appalto presso una struttura ospedaliera, impugnava il licenziamento intimatole per giustificato motivo oggettivo. L’azienda aveva motivato il recesso con una riorganizzazione del servizio che aveva comportato una significativa riduzione delle ore di lavoro necessarie per la sua mansione (da circa 35 a meno di 20 ore settimanali).

La lavoratrice sosteneva che il licenziamento fosse nullo e illegittimo, affermando che le sue mansioni non erano state soppresse, ma semplicemente affidate ad altri colleghi o a nuovo personale. A suo dire, la riorganizzazione era un pretesto per punirla per non aver accettato la drastica riduzione dell’orario di lavoro, configurando un licenziamento di natura ritorsiva.

Dal canto suo, l’azienda datrice di lavoro difendeva la piena legittimità del recesso, sostenendo che fosse la conseguenza inevitabile di un’effettiva e non pretestuosa riorganizzazione dell’attività. Oltre alla proposta di riduzione oraria, la società aveva offerto alla dipendente un’alternativa: il trasferimento presso un’altra sede, più distante, mantenendo invariato l’orario di lavoro di 35 ore settimanali. Di fronte al rifiuto di entrambe le opzioni, l’azienda aveva proceduto con il licenziamento.

La Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Verona, Sezione Lavoro, ha rigettato integralmente il ricorso della lavoratrice, dichiarando legittimo il licenziamento. Il giudice ha concluso che l’azienda ha fornito prova sufficiente dell’effettività e della non pretestuosità delle ragioni organizzative poste a fondamento del recesso.

La decisione si basa su un’attenta analisi delle prove testimoniali e documentali, da cui è emersa una riorganizzazione complessa e genuina, mirata a migliorare l’efficienza e la qualità del servizio di ristorazione. Il giudice ha inoltre ritenuto che l’azienda avesse adempiuto correttamente all’obbligo di repêchage, offrendo alternative concrete alla lavoratrice prima di procedere con la risoluzione del rapporto.

L’importanza della prova nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il cuore della controversia risiedeva nella dimostrazione, da parte del datore di lavoro, della sussistenza del motivo oggettivo. La giurisprudenza costante impone all’azienda l’onere di provare non solo le ragioni tecniche, organizzative e produttive che hanno portato alla soppressione del posto di lavoro, ma anche l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre posizioni compatibili all’interno dell’assetto aziendale (il cosiddetto obbligo di repêchage).

In questo caso, l’azienda è riuscita a dimostrare, attraverso testimonianze dettagliate, i seguenti punti:
1. Effettività della riorganizzazione: La modifica delle procedure (spostamento delle prenotazioni al pomeriggio, ampliamento dei menù, gestione informatizzata) era reale e non simulata.
2. Nesso causale: Tali modifiche hanno causato una concreta riduzione del fabbisogno orario per le mansioni della ricorrente.
3. Adempimento dell’obbligo di repêchage: L’offerta di trasferimento ad altra sede con orario invariato è stata considerata una valida alternativa al licenziamento.

L’assenza del motivo ritorsivo

Il Tribunale ha anche escluso la natura ritorsiva del licenziamento. Per configurarsi, un licenziamento ritorsivo deve essere motivato esclusivamente da una ragione illecita, come una vendetta o una rappresaglia. La presenza di un solido e provato giustificato motivo oggettivo, come nel caso di specie, fa venir meno il carattere esclusivo dell’intento punitivo, rendendo legittimo il recesso.

Le Motivazioni

Il giudice ha motivato la sua decisione sottolineando come le scelte organizzative dell’imprenditore siano, in linea di principio, insindacabili, purché non siano pretestuose. L’istruttoria ha confermato che la riorganizzazione del febbraio 2023 era stata complessa e aveva impattato un numero significativo di dipendenti, non solo la ricorrente. Le modifiche, come l’aumento della durabilità dei semilavorati e lo spostamento dell’orario di prenotazione per non interferire con le visite mediche, rispondevano a reali esigenze di efficientamento e di miglioramento del servizio richieste dalla committenza.

La corte ha ritenuto che il rifiuto della lavoratrice di fronte a due alternative ragionevoli – la riduzione dell’orario a fronte di un minor fabbisogno o il trasferimento a parità di ore – abbia reso inevitabile la risoluzione del rapporto di lavoro. L’azienda non era tenuta a creare una posizione lavorativa non più necessaria nel nuovo assetto organizzativo.

Le Conclusioni

La sentenza del Tribunale di Verona ribadisce principi consolidati in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Emerge chiaramente che, a fronte di una riorganizzazione aziendale genuina, effettiva e non discriminatoria, il datore di lavoro può legittimamente procedere al licenziamento qualora la posizione del lavoratore non sia più necessaria e non sia possibile un suo utile reimpiego in azienda. La decisione sottolinea l’importanza per l’impresa di documentare accuratamente il processo di riorganizzazione e di esplorare attivamente tutte le possibili soluzioni alternative (obbligo di repêchage) prima di intimare il recesso, offrendo al contempo al lavoratore la possibilità di collaborare nella ricerca di una soluzione.

Quando una riorganizzazione aziendale giustifica un licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
Una riorganizzazione aziendale giustifica il licenziamento quando è effettiva, non pretestuosa e determina la soppressione delle mansioni del lavoratore o una riduzione del fabbisogno di ore tale da rendere non più utilizzabile la sua prestazione a tempo pieno, a condizione che non sia possibile ricollocarlo in altre posizioni all’interno dell’azienda.

L’offerta di un orario ridotto o di un trasferimento ad altra sede adempie all’obbligo di repêchage?
Sì, secondo la sentenza, l’offerta di proseguire il rapporto con un orario di lavoro ridotto, in linea con le nuove esigenze, o l’offerta di un trasferimento presso un’altra unità produttiva a parità di orario, costituiscono valide alternative che adempiono all’obbligo di repêchage. Il rifiuto ingiustificato del lavoratore a tali proposte può legittimare il licenziamento.

Come può un’azienda dimostrare che il licenziamento non ha un motivo ritorsivo?
Un’azienda può dimostrare l’assenza di un motivo ritorsivo provando l’esistenza di un solido, effettivo e non simulato giustificato motivo oggettivo. Se le ragioni economiche e organizzative alla base del licenziamento sono concrete e dimostrabili, viene meno il presupposto che il recesso sia stato determinato unicamente da un intento illecito di vendetta o rappresaglia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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