Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17364 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 17364 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso 18638-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 777/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/08/2023 R.G.N. 554/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Oggetto
LICENZIAMENTO PER GIUISTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
R.G.N.18638/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 28/05/2025
PU
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato COGNOME uditi gli avvocati COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda di NOME COGNOME proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per la declaratoria di illegittimità del licenziamento, intimato il 12.4.2022, per giustificato motivo oggettivo (crisi aziendale e ristrutturazione organizzativa), avendo accertato l’assenza di un concreto progetto di ristrutturazione aziendale.
La Corte territoriale ha rilevato che, al di là di una diffusa esposizione dei fattori genetici della crisi commerciale e degli effetti sulla filiale milanese della società, il datore di lavoro non aveva dato conto delle linee portanti di un programma riorganizzativo che incideva sulla consistenza dell’organico aziendale con particolare riguardo alla posizione del lavoratore (addetto, con altri colleghi, alla vendita di auto usate).
Avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il lavoratore ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 604 del 1966, 18, comma 7, della legge n. 300 del 1970, 2697 c.c. per avere, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto irrilevanti i capitoli di prova articolati dalla società ai fini di dimostrare la sopravvenuta crisi aziendale, la redistribuzione delle
mansioni tra i dipendenti e il ridimensionamento del reparto a cui il lavoratore (insieme ad altri 9 colleghi) apparteneva. 2. Il motivo non è fondato.
2.1. Come noto questa Corte (Cass. n. 25201/2016) – dopo aver ritenuto erroneo l’orientamento che riteneva legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo solamente in caso di una situazione di crisi dell’azienda non contingente (escludendo, irragionevolmente, la legittimità del recesso quando la modifica organizzativa fosse stata attuata dal datore di lavoro allo scopo di ridurre i costi o di incrementare i profitti) -ha, comunque, affermato che «tratti comuni ad entrambi gli orientamenti sono rappresentati dal controllo giudiziale sull’effettività del ridimensionamento e sul nesso causale tra la ragione addotta e la soppressione del posto di lavoro del dipendente licenziato. Parimenti costituisce limite al potere datoriale costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità quello identificato nella non pretestuosità della scelta organizzativa».
2.2. Secondo il richiamato arresto, «resta saldo il controllo sulla effettività e non pretestuosità della ragione concretamente addotta dall’imprenditore a giustificazione del recesso», per cui se si accerta che la ragione addotta a giustificazione del licenziamento «non sussiste, il recesso può essere dichiarato illegittimo dal giudice del merito non per un sindacato su di un presupposto in astratto estraneo alla fattispecie del giustificato motivo oggettivo, bensì per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità o sulla pretestuosità della ragione addotta dall’imprenditore. Ovverosia l’inesistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento così come giudizialmente verificata rende in concreto il recesso privo di effettiva giustificazione». Parimenti «deve sempre essere verificato il nesso causale
tra l’accertata ragione inerente l’attività produttiva e l’organizzazione del lavoro come dichiarata dall’imprenditore e l’intimato licenziamento in termini di riferibilità e di coerenza rispetto all’operata ristrutturazione. Ove il nesso manchi, anche al fine di individuare il lavoratore colpito dal recesso, si disvela l’uso distorto del potere datoriale, emergendo una dissonanza che smentisce l’effettività della ragione addotta a fondamento del licenziamento».
2.3. La sentenza impugnata è conforme ai principi innanzi enunciati e costantemente ribaditi da questa Corte (v., tra molte, Cass. n. 4105/2017; Cass. n. 10699/2017; Cass. n. 13808/2017; Cass. nn. 8661 e 29101 del 2019; Cass. n. 3819/2020): come risulta dallo storico della lite, sulla base dei capitoli di prova articolati dalla società (e trascritti nel ricorso per cassazione), la Corte territoriale ha ritenuto che la giustificazione addotta dalla società prescindesse da un programma di riorganizzazione azi endale ‘basilare, anche minimo, dotato di consistenza e funzionale’ a chiarire il collegamento causale con il recesso nei confronti del Palmiero. Sicché i giudici del merito hanno correttamente effettuato in concreto una valutazione circa l’effettività della ragione addotta dall’imprenditore a giustificazione del recesso (come articolata nei capitoli di prova testimoniale), traendo dall’assenza di riferibilità della soppressione del posto a progetti o scelte datoriali (insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati) diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa (in specie, sul reparto a cui apparteneva il lavoratore), nonché soprattutto dalla mancanza di nesso causale con la posizione lavorativa del lavoratore (rispetto ai colleghi dello stesso reparto), una dissonanza che svela l’uso distorto del potere datoriale.
Insomma, in ossequio all’orientamento innanzi citato, i giudici del merito hanno ritenuto privi di pregnanza significativa (ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo oggettivo e del nesso causale con la posizione soppressa) i capitoli di prova articolati dalla società, in quanto carenti di contenuto in ordine alla descrizione dei criteri di riorganizzazione del settore di appartenenza del lavoratore, dei settori dell’impresa, della situazione aziendale precedente e della successiva la crisi economica.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 604 del 1966, e 2697 c.c. per avere, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto irrilevanti i capitoli di prova articolati dalla società ai fini di dimostrare l’impossibilità di riutilizzo delle prestazioni fornite dal COGNOME.
Il motivo è assorbito dal rigetto del primo motivo di ricorso, sussistendo già gli estremi per ritenere illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.500,00 per compensi professionali e in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma all’udienza del 28 maggio 2025.