Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32007 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32007 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3511-2022 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOMECOGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente ricorrente incidentale nonché contro
QUERCI COGNOME
ricorrente principale – controricorrente incidentale –
Oggetto
Licenziamento giustificato motivo oggettivo
R.G.N. 3511/2022
COGNOME
Rep.
Ud.22/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 714/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 10/12/2021 R.G.N. 199/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che :
La Corte d’appello di Venezia ha respinto il reclamo principale proposto da NOME COGNOME e il reclamo incidentale della RAGIONE_SOCIALE confermando, sia pure con diversa motivazione, la sentenza di primo grado che (in riforma dell’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria nel senso del rigetto del ricorso della lavoratrice) aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato alla Querci il 26 marzo 2019, applicando la tutela indennitaria di cui all’art. 18, commi 7 e 5, della legge 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha confermato l’effettività del riassetto organizzativo motivato dall’esigenza di affrontare la situazione sfavorevole manifestatasi negli anni 2017 e 2018 e realizzato in vista di una ‘più economica ed e fficiente gestione aziendale’ e quindi la sussistenza della ragione economica addotta dalla società. Ha, invece, ritenuto che la società non avesse adeguatamente assolto all’onere di provare l’impossibilità di un’utile ricollocazione della lavoratrice. Ha rilevato che la carenza di allegazioni e prove da parte datoriale, pur rilevante al fine della violazione dell’obbligo di repêchage, non fosse tale da rendere ‘manifesta’ la insussistenza del fatto, con conseguente applicazione, anche in base alla sentenza della Corte Cost. n. 59 del 2021, della tutela indennitaria.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. La RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo. La lavoratrice ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
Ricorso principale di NOME COGNOME
Con il motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della legge 604 del 1966 e dell’art. 18, commi 4, 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive modifiche, per avere la Corte d’appello negato la tutela reintegratoria, di cui al comma 4 del citato art. 18, nonostante fosse ‘manifesta’ la violazione dell’obbligo di repêchage. Si sottolinea come la medesima Corte d’appello avesse evidenziato la palese violazione dell’obbligo di repêchage della dottoressa COGNOME avuto riguardo alla di poco successiva assunzione dell’equivalente quadro sig. COGNOME nell’ambito di un progetto di internalizzazione del servizio operativo spedizioni; si osserva che tale progetto era già esistente all’epoca del licenziamento, con conseguente necessità di nomina di un responsabile, e che tali dati dimostrano una chiara, evidente e facilmente verificabile violazione dell’obbligo di repêchage; si aggiunge che nessuna ragione è stata addotta per spiegare come il compito del neoassunto non potesse essere svolto dalla COGNOME, in possesso di una complessiva pregressa conoscenza delle attività aziendali e di una varietà di esperienze lavorative significative di ampia versatilità.
Ricorso incidentale della società
Con il motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per travisamento della prova e conseguente violazione dell’art. 115 c.p.c. Si
assume che la statuizione d’appello sulla mancata prova dell’impossibilità di repêchage sia errata perché contraddetta sia dal documento n. 115 prodotto dalla società in appello e rappresentativo dell’organigramma del reparto operativo e di quello del magazzino e sia dalla memoria difensiva dalla stessa depositata. Tali atti e documenti renderebbero palese la confusione commessa dai giudici d’appello nel ritenere che la COGNOME e il COGNOME fossero entrambi addetti ai reparti operativi, sia pure distinti, e sottoposti gerarchicamente al sig. COGNOME laddove invece il COGNOME era responsabile del magazzino e sottoposto gerarchicamente al direttore generale, cosicché le due posizioni non potevano essere valutate come comparabili ai fini dell’obbligo di repêchage.
Si esamina il motivo di ricorso incidentale della società in quanto logicamente preliminare rispetto al ricorso principale. Esso è inammissibile.
Riguardo alla violazione delle regole di formazione della prova, deve ribadirsi che l’art. 115 c.p.c. si limita a richiedere che la decisione si basi su elementi validamente acquisiti al processo, con divieto del giudice di utilizzare prove non dedotte dalle parti o acquisite d’ufficio al di fuori dei casi in cui la legge conferisce un potere officioso d’indagine (Cass. n. 27000 del 2016; n. 13960 del 2014), mentre esula dall’ambito applicativo di tale disposizione ogni questione che involga il modo in cui siano stati valutati gli elementi acquisiti, profilo su cui il controllo di legittimità può svolgersi solo con riguardo alla motivazione, in termini di violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., oppure nei limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (v. Cass., S. U. n. 8053 e n. 8054 del 2014), attraverso la denuncia di omesso esame di un fatto storico, determinato e avente valore decisivo; a nessuna di tali previsioni è possibile ricondurre le critiche svolte nel motivo in
esame col quale la società censura inammissibilmente la valutazione degli elementi probatori (organigramma aziendale), preclusa in sede di legittimità, e l’interpretazione della memoria difensiva d’appello, senza neppure denunciare la violazione dei canoni ermeneutici.
Il ricorso principale è invece fondato e deve essere accolto.
Con questo motivo la ricorrente censura l’applicazione dell’art. 18, comma 7 cit. quanto al requisito della ‘manifesta’ insussistenza del fatto e deduce, in sostanza, che la Corte d’appello ha sbagliato a non sussumere la violazione dell’obbligo di repêchage, come concretamente accertata, nella categoria della ‘manifesta’ insussistenza, intesa come insussistenza evidente e facilmente verificabile.
Occorre premettere che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la verifica del requisito della “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” previsto dall’art. 18, comma 7, St. lav., come novellato dalla legge n. 92 del 2012, concerne entrambi i presupposti di legittimità del recesso e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa e sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (cd. “repêchage”) (Cass. n. 10435 del 2018; n. 29102 del 2019).
Tali presupposti, pur nel loro autonomo spazio applicativo, si raccordano tutti all’effettività e alla genuinità della scelta organizzativa del datore di lavoro, quale presidio atto a garantire che il licenziamento rappresenti «pur sempre una extrema ratio e non il frutto di un insindacabile arbitrio» (Corte Cost. 59 del 2021).
La questione di diritto sulla qualificazione come ‘manifesta’ o meno della
violazione dell’obbligo di repêchage ha perso rilevanza a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 125 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modi ficato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, limitatamente alla parola «manifesta».
13. La Corte Cost. ha rimarcato la ‘irragionevolezza intrinseca della disciplina censurata’ evidenziando, tra l’altro, come ‘il requisito della manifesta insussistenza demanda al giudice una valutazione sfornita di ogni criterio direttivo e per di più priva di un plausibile fondamento empirico’ (§ 9.2.) e che ‘il presupposto in esame non ha alcuna attinenza con il disvalore del licenziamento intimato, che non è più grave, solo perché l’insussistenza del fatto può essere agevolmente accertata in giudizio’ (§ 10.1).
14. Da tale pronuncia discende, come già affermato da questa Corte (v. Cass. n. 18075 del 2024) che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e all’esito della sentenza della Corte cost. n. 125 del 2022, l’accertamento del giudice che prelude all’applicazione della tutela reintegratoria attenuata prevista dall’art. 18, comma 4, St. Lav. ha ad oggetto la semplice insussistenza del fatto posto a base del recesso datoriale, non essendo più richiesta la verifica di manifesta inesistenza dei presupposti di legittimità dello stesso.
15. Per le ragioni esposte, accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale, deve cassarsi la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, a cui si demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
16. La declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 22 ottobre2024