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Licenziamento Medico: La Rilevanza della Documentazione

Il caso riguarda il licenziamento di un Medico Dirigente Responsabile del servizio di anestesia. La Struttura Sanitaria aveva contestato la compilazione incompleta della cartella clinica, omettendo dettagli su plurimi tentativi e difficoltà riscontrate durante una procedura anestesiologica. Il tribunale di primo grado aveva annullato il licenziamento, ritenendo la condotta insufficiente per giusta causa. La Corte d’Appello, invece, ha riformato parzialmente la sentenza, accertando l’illegittimità del licenziamento, ma lo ha qualificato come risoluzione del rapporto con indennità. La decisione si basa sulla particolare gravità della negligenza del Medico data la sua posizione apicale e la violazione degli obblighi di diligenza e completezza della documentazione. La parola chiave è licenziamento medico.

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Pubblicato il 6 giugno 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Medico: La Rilevanza della Documentazione Clinica

Il licenziamento medico è un tema complesso, spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente decisione della Corte d’Appello di Trieste ha fatto luce sull’importanza cruciale della diligenza professionale e della corretta documentazione clinica, ribaltando parzialmente una sentenza di primo grado e fornendo importanti indicazioni su quando una negligenza, anche solo formale, possa giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro per un professionista sanitario.

Il Contesto del Licenziamento Medico

Il caso ha avuto origine dall’impugnazione del licenziamento medico di un Dirigente Responsabile del servizio di anestesia. La Struttura Sanitaria aveva contestato al Medico la compilazione incompleta e non trasparente della cartella clinica, in particolare l’omissione di plurimi tentativi e difficoltà riscontrate durante una procedura anestesiologica spinale su un Paziente. Tali omissioni, sebbene non direttamente correlate a danni al Paziente nel contesto della contestazione disciplinare, venivano considerate una grave violazione degli obblighi professionali.

La Contestazione Originaria

La contestazione disciplinare si è concentrata sulla mancata registrazione di fatti rilevanti avvenuti durante l’intervento, come la durata eccessiva della procedura (oltre 40 minuti contro i 10 ordinari), la necessità di più tentativi di inoculazione dell’anestetico e il cambio di postura del Paziente. Nonostante il Medico avesse riferito questi dettagli al proprio responsabile, la mancata annotazione nella cartella clinica è stata la base del provvedimento disciplinare.

La Decisione di Primo Grado

Il Tribunale di Udine, in primo grado, aveva accolto l’impugnazione del Medico, annullando il licenziamento. Il giudice aveva ritenuto che la condotta contestata, una negligenza nella compilazione della cartella clinica, non fosse sufficientemente grave da configurare una giusta causa di recesso, in quanto il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) prevedeva per tale tipo di negligenza sanzioni conservative (come la sospensione) e non espulsive. Inoltre, aveva evidenziato che la Struttura Sanitaria non aveva provato l’esistenza di linee guida specifiche che disciplinassero dettagliatamente la compilazione della cartella clinica in relazione al numero di tentativi.

La Valutazione della Corte sul Licenziamento Medico

La Corte d’Appello ha ribaltato parzialmente la decisione di primo grado, pur mantenendo l’illegittimità del licenziamento per alcune ragioni, ha riconosciuto la gravità della condotta del Medico. La Corte ha ritenuto che l’omissione di informazioni cruciali nella cartella clinica costituisse una grave violazione degli obblighi di diligenza qualificata, specie considerando il ruolo di Responsabile del servizio ricoperto dal Medico. La posizione apicale, infatti, comporta un grado di affidamento e una responsabilità maggiori, rendendo la condotta paradigmatica per gli altri professionisti.

Gravità della Condotta del Medico

Secondo la Corte, la condotta del Medico presentava caratteri di “negligenza in servizio di particolare gravità”, tenuto conto del diritto alla salute del Paziente e degli obblighi gravanti sul Medico. Sebbene non fossero state contestate le conseguenze dirette sulla salute del Paziente, l’omissione documentale impediva una corretta valutazione del nesso causale e del processo clinico, elementi fondamentali per la sicurezza e la trasparenza in ambito sanitario.

L’Obbligo di Completezza della Cartella Clinica per il Licenziamento Medico

La Corte ha sottolineato che l’Art. 5 della Legge Gelli (L. n. 24/17) impone agli esercenti le professioni sanitarie di attenersi alle “buone pratiche clinico assistenziali” anche in assenza di linee guida pubblicate. Il Codice di Deontologia Medica (Art. 26) ribadisce l’obbligo di completezza, chiarezza e diligenza nella compilazione della cartella clinica. La Corte ha ritenuto che la Struttura Sanitaria avesse adottato un protocollo interno che precisava le modalità di compilazione e annotazione di eventi inusuali, e che il Medico fosse a conoscenza di tali obblighi. La documentazione prodotta dalla Struttura Sanitaria (dichiarazioni di altri membri dell’équipe) ha confermato l’incompletezza della cartella, rafforzando l’accusa di negligenza grave.

Le Conclusioni della Corte sul Licenziamento Medico

Nonostante la gravità della condotta, la Corte d’Appello ha escluso la sussistenza della giusta causa di licenziamento in senso stretto, principalmente per l’assenza di precedenti disciplinari a carico del Medico e per il fatto che la contestazione si limitava alla compilazione della cartella. Pertanto, ha applicato l’Art. 3 comma 1 del D.Lgs. n. 23/2015, dichiarando estinto il rapporto di lavoro alla data del recesso e condannando la Struttura Sanitaria al pagamento di un’indennità risarcitoria. Questa scelta normativa impedisce l’accoglimento della domanda riconvenzionale della Struttura Sanitaria per la restituzione delle retribuzioni percepite dal Medico durante la sospensione cautelare.

Indennità Sostitutiva e Spese Legali

La Corte ha quantificato l’indennità in sei mensilità dell’ultima retribuzione utile, pari a 58.010,70 euro, oltre interessi e rivalutazione dalla data del recesso. Ha rigettato la domanda riconvenzionale della Struttura Sanitaria e l’appello incidentale del Medico, che chiedeva la maggiorazione degli interessi e dei compensi legali. Le spese legali di entrambi i gradi di giudizio sono state compensate per metà, con la restante parte a carico della Struttura Sanitaria, e quantificate in 5.250,00 euro per il primo grado e 4.236,00 euro per il secondo grado, oltre rimborsi e oneri di legge.

Le Motivazioni

La Corte d’Appello ha motivato la propria decisione evidenziando che la sentenza di primo grado non ha correttamente valutato la gravità della condotta del Medico. La mera omissione nella compilazione della cartella clinica, specie per un Dirigente Responsabile, rappresenta una grave violazione dei doveri professionali, in contrasto con le buone pratiche cliniche e il codice deontologico. Sebbene la contestazione disciplinare non riguardasse direttamente il danno al Paziente, la Corte ha riconosciuto che l’incompletezza della documentazione aveva un impatto significativo sulla trasparenza e sulla corretta registrazione dell’atto medico. Tuttavia, in assenza di altri precedenti disciplinari e data la natura della specifica contestazione, la Corte ha ritenuto che, pur non integrando una giusta causa che giustificasse il licenziamento in tronco, la condotta fosse comunque sufficientemente grave da determinare l’estinzione del rapporto di lavoro con la sola corresponsione di un’indennità risarcitoria, come previsto dalla normativa applicabile per i casi di illegittimità del recesso che non configurano una reintegrazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza della Corte d’Appello di Trieste sottolinea l’importanza della diligenza e della trasparenza nella documentazione clinica, specialmente per le figure apicali in ambito sanitario. Nonostante il licenziamento medico non sia stato confermato come licenziamento per giusta causa in senso stretto, la decisione ribadisce che anche negligenze formali, se gravi, possono portare alla risoluzione del rapporto di lavoro con indennità. La sentenza rappresenta un monito per i professionisti sanitari sull’indispensabilità di una documentazione completa e accurata, non solo per la tutela del Paziente ma anche per la propria posizione professionale.

Quando una compilazione errata della cartella clinica può giustificare un licenziamento?
Una compilazione errata o incompleta della cartella clinica può giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro quando rappresenta una negligenza di particolare gravità, specialmente se il professionista ricopre una posizione di responsabilità e la condotta viola obblighi di diligenza qualificata e buone pratiche medico-cliniche, anche se le conseguenze dirette sul Paziente non sono state oggetto della contestazione disciplinare.

Qual è la differenza tra tutela reintegratoria e tutela indennitaria nel licenziamento illegittimo?
La tutela reintegratoria prevede la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, mentre la tutela indennitaria comporta la risoluzione del rapporto di lavoro con il pagamento di un’indennità risarcitoria. La scelta tra le due dipende dalla gravità della condotta contestata e dalle specifiche normative applicabili, con la tutela indennitaria applicata in questo caso per l’illegittimità del recesso che non configurava una giusta causa per il licenziamento immediato.

Quali elementi sono considerati per determinare la gravità di una negligenza in ambito medico?
Per determinare la gravità di una negligenza in ambito medico si considerano l’intenzionalità del comportamento, il grado di negligenza o imperizia, la prevedibilità dell’evento, la rilevanza degli obblighi violati, la responsabilità connessa alla qualifica occupata dal medico (es. responsabile di servizio), il grado di danno o pericolo anche potenziale, e l’esistenza di precedenti provvedimenti disciplinari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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