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Licenziamento in CIGS: quando è legittimo?

Un lavoratore, reintegrato e posto in CIGS, viene licenziato per giusta causa dopo che la compagnia aerea scopre un suo secondo impiego a tempo pieno e indeterminato. Il lavoratore aveva omesso di comunicare tale circostanza, tentando di percepire l’integrazione salariale. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo la condotta una grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, incompatibile con il mantenimento del rapporto di lavoro. La sentenza chiarisce l’impossibilità di cumulare la CIGS con un altro rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento in CIGS: Legittimo se nascondi un secondo lavoro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3880/2024, ha affrontato un caso emblematico di licenziamento in CIGS, stabilendo importanti principi sulla compatibilità tra cassa integrazione e un secondo impiego. La decisione conferma che nascondere un altro rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato costituisce una grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, tale da giustificare il licenziamento per giusta causa. Questo articolo analizza i fatti, il percorso giudiziario e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: tra CIGS e un Secondo Impiego Nascosto

La vicenda ha origine da una precedente sentenza che aveva accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra un assistente di volo e una nota compagnia aerea. L’azienda, che versava in una situazione di crisi e aveva collocato i propri dipendenti in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), aveva invitato il lavoratore a riprendere servizio.

Il dipendente, tuttavia, non solo non si era presentato, ma aveva richiesto il pagamento delle somme dovutegli, inclusa l’indennità di CIGS. A fronte della richiesta della compagnia di documentare l’assenza di altre occupazioni, il lavoratore ha mantenuto un comportamento omissivo e sfuggente. Le indagini successive, condotte dall’azienda anche tramite l’INPS, hanno svelato una realtà inaspettata: il lavoratore era titolare, da anni, di un altro rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato presso un’altra società.

La compagnia aerea ha quindi avviato un procedimento disciplinare, contestando al dipendente di aver deliberatamente nascosto questa circostanza con l’intento di percepire indebitamente sia l’integrazione salariale che altri trattamenti. Il procedimento si è concluso con il licenziamento per giusta causa.

L’Analisi della Corte: il Dovere di Correttezza e il Licenziamento in CIGS

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, ma sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorso è stato nuovamente rigettato. I giudici supremi hanno esaminato e confutato tutti i motivi di doglianza del ricorrente.

La Tempestività della Contestazione

In primo luogo, la Corte ha ritenuto infondato il motivo sulla presunta tardività della contestazione disciplinare. Il tempo trascorso (circa cento giorni) tra la scoperta e l’avvio del procedimento è stato considerato giustificato dalla necessità per l’azienda di svolgere accertamenti complessi, resi necessari proprio dal comportamento evasivo del lavoratore.

L’Incompatibilità tra CIGS e Altro Lavoro a Tempo Indeterminato

Il punto cruciale della decisione riguarda l’incompatibilità tra lo status di lavoratore in CIGS a zero ore e lo svolgimento di un’altra attività lavorativa a tempo pieno e indeterminato. La Cassazione ha ribadito un principio normativo consolidato: tale situazione è assolutamente incompatibile. Il lavoratore in CIGS mantiene il rapporto con l’azienda originaria, ma questo è sospeso in attesa di una futura ripresa dell’attività. L’assunzione di un nuovo impiego stabile e a tempo pieno rompe questo schema, comportando la perdita del diritto all’integrazione salariale. L’obbligo di comunicare tale circostanza all’INPS e al datore di lavoro è fondamentale per garantire la correttezza del sistema.

La Gravità della Condotta Omessiva e il licenziamento in CIGS

La Corte ha stabilito che la condotta del lavoratore non era una semplice dimenticanza, ma un’omissione dolosa. Tacere l’esistenza del secondo lavoro e, al contempo, richiedere il pagamento della CIGS è stato interpretato come un tentativo di trarre un vantaggio illecito, violando in modo palese gli obblighi di correttezza e buona fede che devono sempre governare il rapporto di lavoro. Questo comportamento ha leso irrimediabilmente il vincolo fiduciario, rendendo legittimo il licenziamento per giusta causa, a prescindere dal fatto che il lavoratore non avesse effettivamente percepito le somme, dato che il tentativo era concreto e provato.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura stessa della Cassa Integrazione. Questo strumento serve a conservare il posto di lavoro in vista di una futura ripresa, non a finanziare chi ha già trovato una stabile e definitiva ricollocazione altrove. Il rapporto di lavoro, seppur sospeso, continua a produrre effetti, tra cui il dovere di fedeltà e correttezza. Il silenzio consapevole del lavoratore sull’esistenza di un altro impiego a tempo pieno e indeterminato è stato considerato una palese manifestazione di volontà dolosa di trarre un vantaggio indebito, un comportamento che logicamente pone in dubbio la futura correttezza della prestazione e mina la fiducia del datore di lavoro.

La Suprema Corte ha precisato che la mancata effettiva percezione del trattamento di integrazione salariale non attenua la gravità della condotta, la quale si configura come un tentativo di lucrare somme non dovute. Il licenziamento, pertanto, non è stato basato su un fatto diverso da quello contestato, ma su una valutazione della stessa condotta omissiva, ridimensionata solo nell’esito (tentativo anziché consumazione dell’illecito), senza violare il diritto di difesa del lavoratore.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 3880/2024 della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale nel diritto del lavoro: la trasparenza e la buona fede sono obblighi imprescindibili anche durante la sospensione del rapporto per CIGS. Il licenziamento in CIGS è legittimo quando il lavoratore, titolare di un altro impiego a tempo pieno e indeterminato, omette di comunicarlo, tentando di percepire l’integrazione salariale. Tale condotta, per la sua gravità, rompe il vincolo di fiducia e giustifica la massima sanzione espulsiva, proteggendo non solo l’azienda ma anche la corretta destinazione delle risorse pubbliche destinate agli ammortizzatori sociali.

È possibile avere un secondo lavoro a tempo pieno e indeterminato mentre si è in Cassa Integrazione Straordinaria (CIGS) a zero ore?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che sussiste un’incompatibilità assoluta. La normativa prevede che un nuovo impiego a tempo pieno e indeterminato comporti la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale derivante dal precedente rapporto, in quanto ne presuppone la cessazione.

Il licenziamento in CIGS è legittimo se il lavoratore omette di comunicare un secondo lavoro?
Sì, è legittimo. Secondo la sentenza, l’omessa comunicazione di un secondo rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, unita al tentativo di percepire l’integrazione salariale, costituisce una grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede che lede il vincolo fiduciario e integra la giusta causa di licenziamento.

Quanto tempo ha il datore di lavoro per contestare un’infrazione disciplinare come l’omessa comunicazione di un secondo lavoro?
Il datore di lavoro deve agire con tempestività, ma il tempo va valutato in senso relativo. La Corte ha ritenuto giustificato un intervallo di circa cento giorni, qualora tale periodo sia necessario per compiere indagini complesse (come verifiche con l’INPS) per accertare pienamente i fatti, soprattutto se il comportamento del lavoratore è stato evasivo e omissivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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