SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA N. 9113 2025 – N. R.G. 00022028 2024 DEPOSITO MINUTA 21 09 2025 PUBBLICAZIONE 21 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Roma
SEZIONE LAVORO
Il Tribunale, nella persona del giudice designato dott.ssa NOME COGNOME All ‘esito dell’ udienza del 17.9.2025 sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa lavoro di I grado iscritta al N. 22028 /2024 R.G. promossa da:
con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME e COGNOME NOME
contro
:
con il patrocinio dell’avv. NOME
OGGETTO: Impugnazione licenziamento e differenze retributive
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 7.6.2024, la ricorrente, premesso di aver lavorato alle dipendenze della società convenuta dal 3.4.2023 al 31.10.2023 e di aver svolto la mansione di autista di livello C3 del ccnl autorimesse e noleggio; rilevato inoltre di aver osservato l’orario settimanali di 80 h, eseguendo turni giornalieri di 10/12h senza alcun riposo settimanale e senza percepire alcuna retribuzione per il lavoro supplementare straordinario e domenicale svolto; rilevato altresì di non aver goduto di ferie e permessi senza tuttavia ricevere alcuna indennità sostitutiva; ha chiesto la condanna della convenuta alla corresponsione delle differenze retributive maturate, quantificate in € 16.948,59, giusti conteggi depositati unitamente al ricorso.
RICORRENTE
RESISTENTE
Rilevato inoltre che il rapporto di lavoro cessava in data 31.10.2023 in forza di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, assumendo l’insussistenza del giustificato motivo addotto e la violazione dell’obbligo di repechage, la ricorrente ha chiesto la condanna della società convenuta alla reintegra nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 3 comma 2 D.lvo 23/2015, ovvero in subordine la tutela di cui al comma 1.
Tempestivamente costituitasi in giudizio, la società convenuta ha contestato l’avversa domanda, deducendo: la sussistenza del giustificato motivo oggettivo, stante il calo di fatturato patito e la connessa esigenza di riduzione del personale; l’impossibilità oggettiva di assolvere all’obbligo di repechage, stante la disabilitazione dell’utenza della ricorrente da parte del gestore la detraibilità dall’eventuale indennità risarcitoria della Naspi percepita dalla ricorrente; l’osservanza dell’orario contrattuale di 40 h settimana ed il pagamento dello straordinario occasionalmente svolto; l’irrilevanza probatoria dei fogli turno depositati dalla ricorrente, in quanto non proveniente dall’azienda bensì redatti dalla medesima in autonomia; la puntuale corresponsione, alla cessazione del rapporto di lavoro, dell’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi residui; l’erogazione mensile del TFR e delle mensilità aggiuntiva della 13^ e 14^.
Sulla scorta di tali rilievi la società convenuta ha chiesto il rigetto del ricorso.
Rilevato inoltre che la società aveva corrisposto mensilmente alla ricorrente somme a titolo di indennità di trasferta in concreto mai eseguite, avendo ella sempre svolto la propria prestazione all’interno del comune di Firenze, la convenuta ha chiesto in via riconvenzionale la condanna della alla restituzione di tali somme, quantificate in € 6.408,95.
1. Sulle differenze retributive
L’esistenza e la durata del rapporto di lavoro subordinato dedotto in giudizio è pacifica fra le parti e risulta dalla documentazione depositata in atti (contratto di lavoro, buste paga, lettera di licenziamento).
D all’esame dei conteggi depositati sub doc. 7 emerge che la ricorrente rivendica differenze retributive a titolo di: lavoro straordinario notturno, 13^ e 14^.
In particolare, per quanto attiene al lavoro straordinario, la ricorrente, allega che a fronte dell’orario contrattuale di 40 h settimanali, ella avrebbe osservato turni giornalieri di 10/12 h. per tutti i giorni della settimana, senza alcun riposo né infrasettimanale né nella giornata cadente di domenica, osservando dunque l’orario di (minimo) 80 h settimanali.
Contestata tale allegazione da parte della convenuta, si osserva che la ricorrente ha depositato i fogli di servizio relativi al (solo) mese di agosto 2023 (doc. 18). Tali fogli di servizio sono stati pacificamente compilati dalla ricorrente e la convenuta ne ha contestato il valore probatorio. Essi attesterebbero ad ogni buon conto che la ricorrente ha svolto in tale mese mediamente 12 h di lavoro al giorno per 24 giorni mensili.
Risultano altresì depositati in atti degli screen shot di conversazioni relative ad un imprecisato gruppo whattsapp, prive di data, provenienti da un utenza telefonica memorizzata come in cui questi esorta i ‘ragazzi’ ad osservare turni di 10 h.
Il teste padre del legale rapp.nte della convenuta, ha riferito che all’epoca su Firenze la società aveva un solo VAN che utilizzavano tre dipendenti, compresa la ricorrente. Il teste ha poi precisato che la società è affiliata ad che prevede servizi h 24 e richiede la garanzia dell’osservanza di 400 h mensili, sicchè i turni ed i riposi settimanali degli autisti erano articolati sulla base del raggiungimento delle 400 h mensili, non garantendo invece la società ad il servizio 24h su 24.
Del medesimo tenore le dichiarazioni del teste , dipendente della convenuta, inviato spesso a Firenze per sostituzioni degli autisti e/o per la formazione degli stessi, che ha confermato che i turni di lavoro erano di 8 h giornaliere, durante le quali si doveva essere on line sulla piattaforma di e dunque disponibili ai clienti.
Di scarso rilievo risultano invece sul punto le dichiarazioni del teste conducente NCC di altra società, che ha solo riferito di aver incontrato spesso la ricorrente con dei clienti, per quanto mai in orario notturno.
In tale contesto, rilevato che le buste paga depositate in atti attestano che la ricorrente ha percepito somme variabili a titolo di straordinario per i mesi di luglio, agosto e settembre (e rispettivamente € 305,00, € 550,00 ed € 350,00), rilevato che le conversazioni via chat non risultano di data certa né risultano con idonea certezza essere indirizzate alla ricorrente (essendo stati depositati solo stralci di conversazioni in cui non figura mai, eccetto in una chat, il nominativo della ricorrente), deve escludersi la prova della sistematica osservanza da parte della ricorrente di un orario superiore a quello contrattuale (se non appunto nelle occasioni in cui risulta essere stato retribuito).
Va dunque rigettata la domanda attorea avente ad oggetto il pagamento del lavoro straordinario e la relativa incidenza sul TFR.
Per quanto poi attiene alle mensilità di 13^ e 14^, si osserva che dalle buste paga depositate in atti emerge che tali mensilità sono state corrisposte dalla società mensilmente e poi alla cessazione del rapporto di lavoro, sicchè anche tale domanda non può essere accolta, avendo la convenuta provato anche il puntuale pagamento degli importi delle buste paga (doc. 5 di parte convenuta).
2. Sul licenziamento
Con missiva datata 31.10.2023 la società ha comunicato alla ricorrente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ‘a causa della diminuzione di personale dovuto al perdurare della crisi aziendale che la scrivente si trova ad affrontare’ e ‘dell’impossibilità di ricollocarla in attività diversa’.
Contestata dalla la sussistenza del giustificato motivo oggettivo, si osserva che la società non ha prodotto nè i bilanci societari attestanti il calo di fatturato e la crisi aziendale, nè i LUL o altra documentazione attestante l’asserita riduzione del personale che, dunque, risulta limitata alla sola posizione della ricorrente.
Il documento 9 di parte convenuta, denominato ‘fatturato SCI 2023/2024’ è privo di valore probatorio, trattandosi di un mero foglio excel, redatto dalla stessa convenuta, con l’indicazione del fatturato mensile dell’anno 2023 e 2024.
Ad ogni buon conto, quand’anche volesse ritenersi che tale documento sia riassuntivo del registro IVA depositato sub doc. 10, si osserva che da tale complessiva documentazione emerge che il fatturato relativo al mese di ottobre 2023, cioè quello del licenziamento della ricorrente, corrisponde al più alto registrato nell’anno 2023, mentre quello dei mesi successivi, pur se inferiore a quello di ottobre 2023, è comunque superiore a quello del mese di aprile 2023 in cui fu assunta la ricorrente, e dei mesi precedenti. Sicchè non solo la documentazione depositata in atti non attesta la grave crisi aziendale dedotta dalla società, ma difetta anche il nesso di causalità fra il licenziamento e tale asserita crisi, che sarebbe comunque intervenuta solo successivamente e che pertanto, in assenza di idonee allegazioni della convenuta, non poteva essere prevedibile all’atto del licenziamento.
Nessuna prova è stata dunque offerta dalla società convenuta del giustificato motivo oggettivo addotto con la comunicazione di licenziamento.
Ne segue l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo, rimanendo inconferenti le allegazioni attoree in merito alla chiusura dell’account UBER della del tutto estranee ai motivi addotti con il licenziamento.
In tale contesto, pacifica l’applicabilità della tutela reale, in applicazione dell’art. 3 comma 2 L. 23/2015, come risultante a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale n. 128/2024, deve disporsi l’annullamento del licenziamento intimato in data 31.10.2023 e la condanna della società alla reintegra della ricorrente nel posto di lavoro, ed al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (corrispondente ad € 1.785,26 come indicato nella busta paga di ottobre 2023 cui al doc. 3), oltre al versamento dei contributi previdenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione e salva la facoltà di opzione della ai sensi dell’art. 2 comma 3 D.lvo cit.
3. Sull’ aliunde percepetum
La società convenuta, deducendo che la ricorrente durante il periodo di estromissione aveva percepito la Naspi e reperito anche altra occupazione, ha eccepito la detraibilità delle somme percepite a tali titoli dall’indennità risarcitoria.
Deve innanzitutto escludersi la rilevanza della Naspi ai fini dell’ aliunde perceptum ‘trattandosi di prestazione previdenziale che opera su un piano diverso dagli incrementi patrimoniali che derivano al lavoratore dall’essere stato liberato, anche se illegittimamente, dall’obbligo di prestare la sua attività, dando luogo la sua eventuale non spettanza ad un indebito previdenziale, ripetibile nei limiti di legge ‘ (così anche recentemente Cass. 11989/2018).
Quanto alle ulteriori somme, si osserva che dall’estratto contributivo della depositato in atti con le note del 20.5.2025 emerge che la ricorrente, a seguito del licenziamento, ha instaurato un rapporto di lavoro subordinato con soggetti terzi dal 4.11.2023 al 7.12.2023 e dal 18.3.2024 al 31.10.2024.
Disposta l’esibizione delle buste paga a carico della ricorrente, è emerso che con riferimento al rapporto di lavoro intercorso con la RAGIONE_SOCIALE dal 14.11.2023 al 7.12.2023, la ricorrente ha percepito la complessiva somma di € 1.954,00, mentre con riferimento al rapporto di lavoro intercorso con la RAGIONE_SOCIALE dal 18.3.2024 al 31.10.2024 la ricorrente ha percepito la somma di € 16.764,00, e così per un totale di € 18.718,00.
Sulla determinazione dell ‘ indennità risarcitoria
Trovano al riguardo applicazione i principi chiarificatori espressi da Cass. 3824/2022, secondo cui: ‘la determinazione dell’indennità risarcitoria deve avvenire attraverso il calcolo dell’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, a titolo di aliunde perceptum o percipiendum , e, comunque, entro la misura massima corrispondente a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, senza che possa attribuirsi rilievo alla collocazione temporale della o delle attività lavorative svolte dal dipendente licenziato nel corso del periodo di estromissione; se il risultato di questo calcolo è superiore o uguale all’importo corrispondente a dodici mensilità di retribuzione, l’indennità va riconosciuta in misura pari a tale tetto massimo’ . Nello stesso senso Cass. 20313/2022, per cui: ‘ le somme aliunde percepite o percepibili dal lavoratore nel periodo di estromissione vanno quindi sottratte, con un semplice calcolo aritmetico, dall’ammontare complessivo del danno subito per effetto del recesso e pari, secondo il disposto normativo, alle retribuzioni spettanti per l’intero periodo dal licenziamento alla reintegra; se il risultato di questo calcolo è superiore o uguale all’importo corrispondente a dodici mensilità di retribuzione, l’indennità va riconosciuta in misura pari a tale tetto massimo … in altri termini, la previsione normativa del tetto massimo delle dodici mensilità non incide sul sistema di calcolo del danno effettivamente subito dal lavoratore per effetto del licenziamento – pari alle retribuzioni perse nel periodo di estromissione, depurate di quanto aliunde percepito o percepibile , e rileva solo all’esito del conteggio eseguito, in termini di limite massimo entro cui l’indennità risarcitoria può essere riconosciuta’ .
Ebbene, nel caso di specie, durate l’intero periodo di estromissione il danno subito dalla ricorrente sarebbe pari ad € 41.060,98 (€ 1.785,26×2 3 mensilità) che, detratto l’aliu nde perceptum, determina l’importo di € 22.342,98.
Tale somma è superiore all’indennità massima pari a 12 mensilità spettante alla (pari ad € 21.423,12 – 1.785,26×12) che dunque deve esserle attribuita nella misura intera.
5. Sulla domanda riconvenzionale
La società convenuta, deducendo di aver mensilmente corrisposto alla ricorrente la complessiva somma di € 6.408,95 a titolo di indennità di trasferta e che tuttavia la ricorrente non aveva mai svolto la propria prestazione fuori dal comune di Firenze, ha chiesto, in via riconvenzionale la condanna della alla restituzione della suddetta somma, indebitamente corrisposta.
Il pagamento della somma complessiva di € 6.408,95 a titolo di indennità di trasferta è comprovato dalle buste paga depositate in atti dalla convenuta e non risulta invero contestato dalla ricorrente, che deduce invece di aver svolto la propria prestazione lavorativa anche fuori dal comune di Firenze.
Al riguardo il teste addotto dalla ricorrente, precisato di svolgere le medesime mansioni di NCC nella zona di Firenze, ma alle dipendenze di altra società, ha riferito di aver incontrato la ricorrente con dei clienti anche fuori dal comune di Firenze, indicando esemplificativamente di averla incontrata all ‘ aeroporto di Pisa e nell ‘ ambito del ‘ giro del Chianti ‘ .
Il teste di parte convenuta, pur non potendo escludere che la ricorrente avesse fatto delle trasferte, ha tuttavia riferito che, per quanto a sua conoscenza, la ricorrente era assegnata alla sola città metropolitana di Firenze e che comunque non le risultava che la avesse mai fatto ‘ il giro del Chianti ‘ o fosse mai andata a Pisa.
Del pari il teste dipendente della convenuta da nove anni, precisato di essere assegnato ad altra zona rispetto a quella della ricorrente ma di aver fatto occasionali sostituzioni, anche di 15 giorni consecutivi nella zona di Firenze, pur non potendo escludere che la ricorrente avesse fatto delle trasferte, ha riferito che, eseguendo gli NCC solo servizi tramite ed avendo un costo elevato per i giri fuori dalla città metropolitana non gli era mai capitato personalmente di fare tratte con la clientela al di fuori della città. Ha poi precisato che, in ogni caso, i dipendenti per l ‘ esecuzione di tali tratte richieste dalla clientela dovevano chiedere l ‘ autorizzazione alla società.
In tale contesto, viste le precise e dettagliate dichiarazioni del teste sulla cui attendibilità non v ‘ è peraltro motivo di dubitare essendo il teste del tutto estraneo alle parti in causa; rilevato che tali dichiarazioni non appaiono incompatibili con la testimonianza del né con quella del non avendo entrambi i testi escluso per diretta conoscenza che la ricorrente avesse eseguito delle trasferte; visti anche i rapporti che legano detti testi alla convenuta; tenuto conto, infine, della costante erogazione da parte della società dell ‘ indennità di trasferta che rende piuttosto inverosimile che tale attribuzione sia frutto di un mero errore; ritiene il giudicante che debba escludersi la natura indebita del pagamento dell ‘ indennità di trasferta.
Ne segue il rigetto della domanda riconvenzionale.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto del valore indeterminato della controver sia (scaglione sino ad € 52.000) e delle tarif fe forensi in vigore.
P.Q.M.
Dichiara l ‘ illegittimità del licenziamento intimato dalla società in data 31.10.2023 per insussistenza del giustificato motivo oggettivo addotto e per l ‘ effetto:
annulla il suddetto licenziamento e condanna la società alla reintegra della ricorrente nel posto di lavoro, ed al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, (corrispondente al complessivo impo rto di € 21.423,12), oltre al versamento dei contributi previdenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione e salva la facoltà di opzione della ai sensi dell’art. 2 comma 3 D.lvo cit. ;
rigetta la residua domanda attorea;
rigetta la domanda riconvenzionale;
condanna la società convenuta alla rifusione delle spese di lite in favore della ricorrente liquidate in € 9.274,00 oltre rimborso s pese al 15%, iva e cap.
Si comunichi
Roma 21.9.2025
Il Giudice
F. R. COGNOME