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Licenziamento illegittimo: onere della prova a carico

Una lavoratrice, autista, ha impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo e richiesto differenze retributive per straordinari non pagati. Il Tribunale ha dichiarato il licenziamento illegittimo per mancata prova della crisi aziendale da parte del datore di lavoro, ordinando la reintegra e un risarcimento pari a 12 mensilità. Le richieste di differenze retributive e la domanda riconvenzionale dell’azienda sono state invece respinte per carenza di prove e infondatezza.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento illegittimo: quando la prova della crisi aziendale non basta

Il tema del licenziamento illegittimo per motivi economici è centrale nel diritto del lavoro. Una recente sentenza del Tribunale di Roma chiarisce un principio fondamentale: non basta affermare di essere in crisi, ma è onere del datore di lavoro dimostrarlo con prove concrete e inconfutabili. In caso contrario, il licenziamento viene annullato, con conseguente obbligo di reintegra e risarcimento. Analizziamo questo caso emblematico.

Il caso: licenziamento per crisi e richiesta di differenze retributive

Una lavoratrice, impiegata come autista, si è rivolta al Tribunale per contestare il suo licenziamento, motivato dall’azienda con una presunta crisi e la conseguente necessità di ridurre il personale. Oltre all’impugnazione del licenziamento, la dipendente ha richiesto il pagamento di cospicue differenze retributive, sostenendo di aver lavorato sistematicamente per 80 ore settimanali a fronte delle 40 contrattuali, senza ricevere il compenso per il lavoro straordinario, supplementare e domenicale.

L’azienda si è difesa sostenendo la veridicità della crisi economica e l’impossibilità di ricollocare la lavoratrice (obbligo di repechage). Ha inoltre negato le ore di straordinario lamentate e ha presentato una domanda riconvenzionale, chiedendo la restituzione di circa 6.400 euro versati alla dipendente a titolo di indennità di trasferta, a suo dire non dovute.

Licenziamento Illegittimo: l’onere della prova a carico del datore di lavoro

Il cuore della decisione del Tribunale riguarda la legittimità del licenziamento. Il giudice ha stabilito che il licenziamento illegittimo è tale quando il datore di lavoro non adempie al suo onere probatorio. Nel caso specifico, l’azienda ha prodotto un semplice foglio Excel per dimostrare il calo di fatturato, un documento considerato dal giudice privo di qualsiasi valore probatorio in quanto redatto unilateralmente.

Anche analizzando la documentazione fiscale ufficiale, il Tribunale ha rilevato che non solo non vi era prova di una grave crisi, ma che il fatturato del mese del licenziamento era il più alto dell’anno. Mancava quindi il nesso di causalità tra la presunta crisi e la decisione di licenziare proprio quella lavoratrice. Di conseguenza, il licenziamento è stato annullato.

La gestione dell’Aliunde Perceptum nel calcolo del risarcimento

Una volta accertata l’illegittimità del licenziamento, si è passati alla quantificazione del risarcimento. L’azienda ha chiesto di sottrarre dal dovuto sia l’indennità di disoccupazione (Naspi) sia i guadagni percepiti dalla lavoratrice da nuovi impieghi dopo il licenziamento (il cosiddetto aliunde perceptum).

Il Tribunale ha escluso la detraibilità della Naspi, ma ha accolto la richiesta di detrarre i redditi da altro lavoro. È stato effettuato un calcolo: il danno totale subito dalla lavoratrice (retribuzioni perse dal licenziamento alla sentenza) ammontava a circa 41.000 euro. Da questa cifra sono stati sottratti i circa 18.700 euro guadagnati con altri lavori. Il danno netto, pari a oltre 22.000 euro, è risultato superiore al tetto massimo di risarcimento previsto dalla legge (12 mensilità, pari a circa 21.400 euro). Pertanto, alla lavoratrice è stata riconosciuta l’intera indennità massima.

Le sorti delle altre domande

Il Tribunale ha invece respinto tutte le altre domande.
* Differenze retributive: La richiesta della lavoratrice è stata rigettata perché le prove portate (fogli turno auto-compilati e screenshot di chat senza data) sono state ritenute insufficienti a dimostrare lo svolgimento sistematico di lavoro straordinario non retribuito.
* Domanda riconvenzionale: Anche la richiesta dell’azienda di restituzione delle indennità di trasferta è stata respinta. Il giudice ha ritenuto più attendibile un testimone che confermava di aver visto la lavoratrice effettuare servizi fuori città, rendendo verosimile e giustificato il pagamento di tali indennità.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni del giudice si fondano su principi consolidati. Per quanto riguarda il licenziamento illegittimo, la decisione ribadisce che spetta esclusivamente al datore di lavoro fornire una prova rigorosa, oggettiva e verificabile delle ragioni economiche che lo hanno determinato. Allegazioni generiche o documenti auto-prodotti non sono sufficienti a giustificare la soppressione di un posto di lavoro. La sentenza applica la tutela reale prevista dal D.Lgs. 23/2015, come interpretato dalla Corte Costituzionale, ordinando la reintegra e il pagamento di un’indennità risarcitoria. Sul fronte delle differenze retributive, la decisione evidenzia come sia onere del lavoratore provare, con elementi certi e precisi, l’esatto ammontare delle ore di lavoro straordinario prestate. Infine, la reiezione della domanda riconvenzionale si basa su una valutazione dell’attendibilità delle testimonianze e sulla logica: l’erogazione costante di un’indennità difficilmente può essere considerata un mero errore.

Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. Per i datori di lavoro, emerge la necessità di documentare in modo inoppugnabile qualsiasi crisi aziendale prima di procedere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, pena l’annullamento e pesanti conseguenze economiche. Per i lavoratori, si conferma che per ottenere il pagamento di straordinari è indispensabile fornire prove solide e dettagliate, che vadano oltre le semplici autodichiarazioni, per superare le contestazioni della controparte.

Quando un licenziamento per crisi aziendale è considerato illegittimo?
Un licenziamento per crisi aziendale è considerato illegittimo quando il datore di lavoro non fornisce prove concrete, oggettive e verificabili (come bilanci o registri ufficiali) che dimostrino sia l’effettiva esistenza della crisi, sia il legame diretto tra questa e la necessità di sopprimere quello specifico posto di lavoro.

Le somme percepite da un nuovo lavoro (aliunde perceptum) dopo un licenziamento illegittimo vengono sottratte dal risarcimento?
Sì. Secondo questa sentenza, i guadagni percepiti dal lavoratore grazie a un nuovo impiego nel periodo di estromissione vengono detratti dall’ammontare totale del danno subito (le retribuzioni perse). Tuttavia, l’indennità risarcitoria finale non può superare il tetto massimo stabilito dalla legge, che in questo caso era pari a 12 mensilità.

Per provare il lavoro straordinario sono sufficienti fogli turno compilati dal solo lavoratore?
No. Secondo questa decisione, i fogli turno compilati unilateralmente dal lavoratore, se contestati dall’azienda, non costituiscono prova sufficiente. Per vedersi riconoscere il diritto agli straordinari, il lavoratore deve fornire elementi probatori più solidi, come testimonianze precise o altri documenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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