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Licenziamento illegittimo: guida al risarcimento

Un autista viene licenziato per giustificato motivo oggettivo (riorganizzazione aziendale). L’azienda non si costituisce in giudizio e non fornisce alcuna prova a sostegno del licenziamento. Il Tribunale dichiara il licenziamento illegittimo ma, in assenza di prova sul numero di dipendenti superiore a 15, non dispone la reintegrazione, condannando invece l’azienda a un’indennità risarcitoria di sei mensilità.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Illegittimo: Quando la Mancata Difesa Costa Cara all’Azienda

Il licenziamento illegittimo è una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, con conseguenze significative sia per il lavoratore che per il datore di lavoro. Un recente caso esaminato dal Tribunale di Monza offre spunti fondamentali su un aspetto cruciale: l’onere della prova. Cosa succede quando un’azienda licenzia un dipendente per riorganizzazione ma poi non si presenta in tribunale per difendere la propria decisione? La risposta è netta e la sentenza chiarisce le tutele previste per il lavoratore, distinguendo tra reintegrazione e indennizzo economico.

Il Caso in Analisi: Dalla Sospensione al Licenziamento

Il protagonista della vicenda è un autista, assunto con contratto part-time per la consegna di elettrodomestici. Dopo alcuni mesi di lavoro, a seguito di un banale disguido non a lui imputabile, viene sospeso dall’attività per dieci giorni. Successivamente, la sospensione prosegue di fatto, senza alcuna comunicazione scritta, fino a quando il lavoratore riceve una lettera di licenziamento per “giustificato motivo oggettivo”, adducendo una generica “riorganizzazione aziendale” che avrebbe reso necessaria la soppressione della sua posizione.

Il lavoratore, ritenendo il recesso ingiustificato, decide di impugnare il licenziamento. Sostiene di aver sempre lavorato a tempo pieno, ben oltre le ore previste dal contratto part-time, e che l’azienda, dotata di numerosi automezzi, lo avesse di fatto già sostituito, continuando la propria attività. La questione chiave, però, emerge in tribunale: l’azienda, regolarmente notificata, non si costituisce in giudizio, rimanendo contumace.

La Decisione del Tribunale e il Licenziamento Illegittimo

La mancata costituzione in giudizio del datore di lavoro è stata decisiva. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta all’azienda l’onere di dimostrare la sussistenza delle ragioni economiche ed organizzative che hanno portato alla soppressione del posto di lavoro. L’azienda avrebbe dovuto provare:

1. L’effettiva riorganizzazione aziendale.
2. Il nesso causale tra tale riorganizzazione e la soppressione della specifica posizione lavorativa.
3. L’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni (il cosiddetto obbligo di repêchage).

Non avendo presentato alcuna difesa né fornito alcuna prova, l’azienda è venuta meno al proprio onere probatorio. Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato il licenziamento illegittimo.

Reintegrazione vs. Indennità: Il Nodo del Requisito Dimensionale

Una volta accertata l’illegittimità del licenziamento, il punto cruciale diventa stabilire la sanzione. La difesa del lavoratore aveva chiesto la reintegrazione nel posto di lavoro, invocando l’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 23/2015 (Jobs Act). Tuttavia, questa tutela rafforzata si applica solo alle aziende con più di 15 dipendenti.

Nel caso di specie, pur essendo verosimile che l’azienda superasse tale soglia, non è stata fornita una prova certa in giudizio. Il Tribunale, attenendosi ai fatti provati, ha stabilito che, in assenza del requisito dimensionale, non fosse possibile ordinare la reintegrazione. Ha quindi applicato la tutela prevista per le aziende più piccole: la risoluzione del rapporto di lavoro e la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria. L’indennità è stata quantificata in sei mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria.

Le motivazioni

Le motivazioni della decisione si fondano su un principio cardine del diritto processuale del lavoro: l’onere della prova in capo al datore di lavoro in caso di licenziamento. Il giudice ha sottolineato che l’azienda non solo non ha provato la fondatezza del motivo oggettivo addotto, ma non ha nemmeno allegato i fatti specifici che avrebbero giustificato la scelta. La contumacia dell’azienda ha reso impossibile qualsiasi verifica, portando inevitabilmente alla declaratoria di illegittimità del recesso. La scelta della sanzione, tuttavia, è stata rigorosamente ancorata a un altro onere probatorio: quello relativo alla dimensione aziendale. In mancanza di una prova certa sul superamento della soglia dei 15 dipendenti, il giudice ha applicato la tutela indennitaria, ritenuta dal legislatore la regola generale per i casi non coperti dalla reintegrazione.

Le conclusioni

La sentenza offre due importanti lezioni. Per i lavoratori, evidenzia l’importanza di impugnare un licenziamento ritenuto ingiusto, poiché l’onere di giustificarlo ricade interamente sul datore di lavoro. Per le aziende, costituisce un severo monito: un licenziamento, specialmente se per motivi oggettivi, deve essere fondato su ragioni concrete, verificabili e documentabili. Scegliere di non difendersi in giudizio equivale a un’ammissione di colpa processuale, che porta a una sicura condanna. La decisione sottolinea inoltre che la tutela reintegratoria, sebbene rafforzata, rimane legata a presupposti precisi, come il requisito dimensionale, la cui prova è essenziale per ottenerla.

Cosa succede se un datore di lavoro non si presenta in causa dopo aver licenziato un dipendente?
Se il datore di lavoro non si costituisce in giudizio (rimanendo contumace), non adempie all’onere di provare la legittimità del licenziamento. Di conseguenza, il licenziamento viene dichiarato illegittimo dal giudice.

Un licenziamento illegittimo porta sempre alla reintegrazione nel posto di lavoro?
No. Secondo questa sentenza, la reintegrazione è subordinata alla prova che l’azienda superi specifici requisiti dimensionali (più di 15 dipendenti). Se tale prova manca, il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria e dichiara estinto il rapporto di lavoro.

A quanto ammonta l’indennità per licenziamento illegittimo stabilita in questo caso?
Il Tribunale ha condannato l’azienda a pagare al lavoratore un’indennità pari a sei mensilità lorde dell’ultima retribuzione di riferimento, oltre a interessi legali e rivalutazione dalla data della sentenza fino al saldo effettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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