SENTENZA TRIBUNALE DI ANCONA N. 426 2025 – N. R.G. 00001514 2024 DEPOSITO MINUTA 04 07 2025 PUBBLICAZIONE 04 07 2025
TRIBUNALE DI ANCONA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Ancona, sez. Lavoro, in persona del Giudice dott. NOME COGNOME all’esito della trattazione scritta ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. con termine per note sino al 12.06.2025 , richiamato il contenuto narrativo degli atti di causa; viste le deduzioni, eccezioni, istanze e conclusioni formulate dalle parti ed esaurita la discussione con scambio di note scritte depositate in data 31.5.2025, 3.6.2025, 12.6.2025;
SENTENZA
nella causa n.
1514/2024 R.G. Lav.,
TRA
rappresentato e difeso NOME COGNOME giusta procura allegata al ricorso introduttivo telematico, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Ancona INDIRIZZO con indicazione dell’indirizzo pec per ricevere le comunicazioni e
RICORRENTE
IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE
rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME giusta procura allegata alla memoria di costituzione e risposta depositata telematicamente, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Ancona, INDIRIZZO con indicazione dell’indirizzo pec per ricevere le comunicazioni NOME.
RESISTENTE
OGGETTO : licenziamento per giustificato motivo oggettivo; compenso lavoro straordinario.
PAROLE CHIAVE : SUSSISTENZA DEL G.M.O. -LAVORO STRAORDINARIO –ONERE DELLA PROVA.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Dello svolgimento del processo. Il ricorrente allega di aver prestato servizio
per la convenuta come mediatore culturale dal 1.6.2023 al 2.5.2024. Precisa che al termine di un lungo periodo di malattia il datore di lavoro gli aveva prima contestato l’assenza dal lavoro per il 1 maggio 2024 e il giorno successivo aveva comminato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, adducendo una modifica delle caratteristiche soggettive degli ospiti, legate alla provenienza, alla lingua e caratteriali. Impugna, pertanto, il recesso ritenendolo discriminatorio e ritorsivo a fronte del periodo di malattia sofferto, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria forte, e negando che i flussi degli immigrati ospiti avesse subito modifiche. Allega sotto altro profilo di aver prestato attività per 11 ore al giorno dalle 9 alle 20, sicché chiede il pagamento delle ore di lavoro straordinario effettuate.
Costituendosi in giudizio, la società evidenzia che la flessione degli ingressi di immigrati prove h e dal Pakistan aveva reso superflua la prestazione lavorativa del ricorrente; che a fini conciliativi gli era stato proposto un contratto di lavoro part time; che l’assenza ingiustificata del 1.5.2024 era stata sanzionata legittimamente con il biasimo scritto. Quanto al lavoro straordinario rivendicato evidenzia di avere erogato al ricorrente compensi per 20 ore di lavoro straordinario al mese, precisando che nella fascia oraria indicata tra le 9 e le 20 vi erano comprese le pause per pranzo e cena che il onsumava all’interno della sede della società; allega da ultimo c ali straordinari superiori a quelli riconosciuti non erano stati autorizzati dalla direzione aziendale.
La causa veniva istruita con l’escussione di vari testimoni e discussa con scambio di note scritte ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c.
2. Della legittimità del licenziamento: sussistenza del giustificato motivo oggettivo e ritorsività dell’atto di recesso . Sostiene il ricorrente che il recesso sarebbe stato determinato unicamente da motivo illecito e ritorsivo, come reazione all’assenza per malattia che l’aveva tenuto lontano dal lavoro per diversi mesi. Sotto altro profilo nega che sussista il giustificato motivo oggettivo posto a fondamento del recesso.
Partendo da tale ultima contestazione e precisato che grava sul datore di lavoro ex art. 2697 c.c. provare la sussistenza della ragione posta a fondamento del recesso, occorre precisare che la stessa convenuta ammette che il ricorrente era stato assunto per fare da interprete e mediatore nel centro di accoglienza tra migranti provenienti dal Bangladesh e dal Pakistan. Sostiene che a causa di una flessione significativa dell’arrivo di tali nazionalità la prestazione del arebbe divenuta superflua.
Dagli atti on risulta tale calo, che il datore di lavoro chiede di dimostrare con un prospetto redatto a mano privo di firma e di data certa e di ignota provenienza, peraltro non confermato da alcun dato ufficiale e tempestivamente contestato da parte ricorrente alla prima udienza.
Al contrario, confrontando la fattura relativa ai fondi corrisposti dalla del mese di giugno 2023 con quella di ottobre 2024 risulta che le presenze sono rimaste pressoché costanti, passando da 4.144 a 4.097, flessione
che da un lato non si ha prova abbia riguardato le nazionalità per le quali il ricorrente era stato asseritamente assunto e dall’altro non giustifica per la sua lievità il licenziamento impugnato. D’altro canto, che la prestazione del non fosse divenuta del tutto superflua si desume anche dalla di riduzione dell’orario di lavoro che costituisce una modalità di reimpiego che andava offerta prima del recesso e non come avvenuto nel caso di specie dopo l’impugnazione stragiudiziale di esso, dovendo il licenziamento essere utilizzato come extrema ratio a fronte dell’impossibilità di impiegare la prestazione dell’interessato (Cass. 12244/2023 sull’assolvimento dell’obbligo di repechage con la proposta di riduzione dell’orario di lavoro). Da ultimo va rilevato che il era stato assunto come interprete per le lingue , , , e inglese, sicché la sua prestazione lavorativa ben t che per rapportarsi con migranti di nazionalità diverse da quella bengalese e pakistana. La stessa teste riferisce che c’era solo lui come mediatore fisso, mentre una d rna forniva mediazione per francese e dialetti africani, lingue del tutto diverse da quelle per cui il ricorrente era stato assunto.
Ne deriva che il licenziamento impugnato deve ritenersi illegittimo per carenza di giustificato motivo oggettivo.
Quanto alla sussistenza di motivo ritorsivo dovuto alla lunga assenza per malattia, in tale caso la prova grava ex art. 2697 c.c. sul lavoratore che adduce a sostegno di tale assunto la pretestuosità della contestazione dell’assenza del 1 maggio, rilevando che l’assenza per malattia si era protratta fino al 30 aprile e che il 1 maggio era giorno festivo, sicché correttamente egli si era presentato al lavoro in data 2 maggio.
Orbene, a prescindere dalla legittimità o meno della sanzione del biasimo scritto irrogata dopo la suddetta contestazione, non vi sono invero elementi per ritenere che il recesso sia stato conseguenza di una ritorsione per il lungo periodo di malattia goduto dal e non invece frutto della sia pure lieve flessione degli ingressi e dunq vità lavorativa del ricorrente come riscontrata in atti (si nota che dalla stessa allegazione attorea emerge una riduzione dell’impegno lavorativo sin dal settembre 2023, quanto l’attività lavorativa venne ridotta da 7 giorni a settimana a 5 giorni a settimana), che, benché inidonea a giustificare il recesso anche per assenza dell’adempimento dell’obbligo di repechage , in ogni caso ha costituito il motivo per cui il convenuto si è determinato a procedere al licenziamento, dovendo escludersi che vi sia stato l’intento ritorsivo allegato in ricorso o che in ogni caso esso abbia avuto un ruolo esclusivo e determinante in tale decisione.
Non avendo assolto il ricorrente l’onere probatorio su di lui gravante ex art. 2697 c.c. si ritiene che non possa essere riconosciuta la tutela reintegratoria piena.
3. Delle conseguenze dell’illegittimità del licenziamento: individuazione della normativa applicabile. Trattandosi di dipendente assunto dopo il marzo 2015, la tutela applicabile alla luce delle dimensioni aziendali pacifiche è quella prevista
dal combinato disposto dell’art. 3 e dell’art. 9 legge 23/2015.
Considerata la durata del rapporto di lavoro (inferiore all’anno), il numero di dipendenti occupato (inferiore a 10), le condizioni delle parti (il ricorrente ha dichiarato in udienza di avere reperito nuova occupazione con prospettiva di stabilizzazione), si ritiene che l’indennità risarcitoria spettante in mancanza di riassunzione vada determinata nella misura di 3 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, per un importo pari a Euro 12.051,79, considerata una retribuzione totale lorda risultante dalle buste paga di Euro 3.443,37 e dovendo aggiungere ad essa i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità che risultano in godimento.
4. Dei compensi per lavoro straordinario. Il ricorrente risulta assunto con contratto full time per 40 ore settimanali. Adduce di aver prestato attività per 11 ore al giorno, precisando che per un primo periodo l’attività veniva svolta su sei giorni a settimana, nel periodo successivo l’attività era stata estesa a 7 giorni a settimana per venire da ultimo ridotta a 5 giorni a settimana.
Nel riferire l’orario di lavoro svolto i testimoni escussi non sono stati del tutto univoci in quanto alcuni hanno riferito che l’orario di lavoro del ricorrente iniziava alle 8:00/8:30 (teste che però ha lavorato presso la struttura solo per una settimana a giug 3, Saiful, , dunque anche prima di quanto allegato in ricorso, mentre altri hanno affermato che il arrivava sul posto di lavoro tra le 9:00 e le 9:45 (teste , , . È, altresì, risultat a c la nzo e cena presso la struttura dedicando circa 30 minuti alla colazione e una pausa di 1 ora e 30 minuti per il pranzo (teste : ‘arrivavo per le 9:30 e facevo colazione con il si i orare per le 10 fino alle 13 poi si pranzava e finito il davo via verso le 14,30-15. Se andavo il pomeriggio, arrivavo alle 15 e lavoravamo fino alle 18,3019’; ‘si fermava per la pausa pranzo per riprendere dopo le 1414,30’; ‘fino al pranzo verso le 13, poi finiva pranzo verso le 1414,3 ando la cena dopo le 19 per poi lasciare la sede dell’attività lavorativa (teste Saiful che riferisce che il ricorrente lasciava la struttura intorno alle 19/20; che lo vedeva andare via alle 20 o anche dopo; che afferma c orrente faceva cena alle 19:30, come conferm e dal teste e dalla teste che riferisce che vedeva lle 18:30 fino 19:30; che conferma l’orario di lavoro fino alle 20:00; che
riferisc lle 19:00 si faceva cena).
Dalla lettura complessiva di tali deposizioni si deve, dunque, ritenere provato che l’orario di lavoro iniziava alle 9:00, essendoci contrasto sull’attività svolta prima di questo orario ed essendo ammesso l’inizio del lavoro soltanto alle 9:00 da parte dello stesso lavoratore, e si concludeva alle 19:00, non essendo provata la prestazione lavorativa in modo costante dopo tale orario. Nelle 10 ore intercorrenti tra le 9:00 e le 19:00 vanno considerate due ore di pausa per i pasti (30 minuti circa per la colazione e 1 ora e 30 minuti per il
pranzo), sicché l’orario di lavoro giornaliero da ritenersi provato era pari a 8 ore. Al riguardo, si evidenzia che la teste afferma che non erano tutti i giorni gli stessi orari ma più o meno i, sicché deve ritenersi vi fosse una certa variabilità nell’ambito della quale può ritenersi provata la prestazione lavorativa in maniera sufficiente soltanto per il lasso temporale indicato. D’altro canto, la variabilità degli orari si desume anche dalle deposizioni degli altri testimoni che spesso non indicano un orario fisso di inizio e fine del lavoro ma una fascia oraria come si evince dagli stralci delle deposizioni sopra riportati.
A nulla rileva che il teste abbia visto il parlare al telefono durante l’orario di la ggiando nel tando in macchina, in quanto è plausibile che per le mansioni di mediatore il utilizzasse il telefono per questioni lavorative.
Allo stesso modo, non può ritenersi che le ore di straordinario risultate provate mediante l’istruttoria giudiziale dovessero essere esplicitamente autorizzate, dal momento che i testimoni hanno riferito di un impegno orario costante per tutto il periodo che non poteva non essere a conoscenza del datore di lavoro e da questi anche implicitamente autorizzato per le mansioni assegnate al
Pertanto, nel primo periodo (1-11.6.2023) in cui la prestazione lavorativa si svolgeva su sei giorni lavorativi (come confermato dal teste presente in quel periodo), la prestazione di lavoro era pari a 48 ore set li con 8 ore di lavoro straordinario settimanale per un periodo di una settimana e mezzo per un totale di 12 ore di lavoro straordinario svolte nel periodo. Corrobora tale assunto la contestazione per l’assenza del giorno 1 maggio: a fronte della giustificazione di parte ricorrente che dopo il periodo di malattia sino al 30 aprile non si era presentato al lavoro il 1 maggio in quanto giorno festivo, il datore di lavoro replica che il giorno di riposo era previsto di domenica confermando, dunque, lo svolgimento dell’attività lavorativa dal lunedì al sabato. D’altro canto, dallo stesso contratto di assunzione si evince che la prestazione lavorativa veniva svolta su sei giorni settimanali dal lunedì al sabato.
A tale proposito, si osserva che, benché la teste abbia riferito che il sabato il ricorrente svolgeva attività soltanto la m vero tutti i testi escussi hanno parlato di un orario di lavoro costante di mattina e di pomeriggio in tutte le giornate.
Nel secondo periodo (12.6.2023-3.9.2023) il ricorrente adduce di avere prestato attività lavorativa anche la domenica per sette giorni a settimana. L’assunto viene riscontrato da un lato dalle affermazioni dei testimoni che riferiscono tutti di una presenza costante sul posto di lavoro, dall’altro dalla circostanza che l’impegno nella gestione dei flussi migratori è presumibilmente aumentato nel periodo estivo considerato il maggiore afflusso di immigrati che di solito si riscontra sul territorio nazionale in tale stagione. D’altro canto, in alcune buste paga del periodo indicato viene riconosciuto anche il compenso
per lavoro straordinario festivo. Ne deriva che deve ritenersi sufficientemente provato che in tale periodo il ha svolto 56 ore di lavoro settimanale (8 ore di lavoro al giorno su i a settimana), pari a 40 ore di lavoro ordinario e 16 ore di lavoro straordinario per un periodo di 12 settimane per un totale di 192 ore di lavoro straordinario.
Nell’ultimo periodo, lo stesso ricorrente ammette nell’atto introduttivo che il lavoro venne concentrato in 5 giorni settimanali, sicché visto l’orario di lavoro di 8 ore al giorno risulta rispettato l’orario ordinario di 40 ore settimanali. Dunque per tale lasso temporale non vi è prova sufficiente dello svolgimento di lavoro straordinario e i compensi a tale titolo corrisposti in tali mensilità dovranno essere imputati alle ore di lavoro straordinario svolte in precedenza.
In particolare, nelle buste paga versate in atti risultano remunerate le seguenti ore di straordinario nelle varie mensilità: giugno 32 ore, luglio 20 ore, agosto 27 ore, settembre 20 ore, ottobre 20 ore, novembre 25 ore, per un totale remunerato di 144 ore, sicché residuano da remunerare 60 ore di lavoro straordinario (204-144) secondo la tariffa oraria di Euro 20,02 maggiorata del 30% (come risulta dai conteggi di parte ricorrente) per un totale orario lordo di Euro 26,00 con sussistenza, dunque, di un credito pari a Euro 1.560,00.
Su tali somme saranno poi dovuti rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal dovuto al saldo.
5. Delle conclusioni anche in ordine al riparto delle spese di lite. Per tutto quanto esposto il ricorso va accolto per le ragioni e nei limiti sopra esposti.
Il parziale accoglimento del ricorso fa ritenere sussistenti i presupposti per compensare per metà tra le parti le spese di lite ponendo a carico del resistente la residua metà per il principio di soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Ancona in composizione monocratica, in persona della dott.ssa NOME COGNOME quale giudice del lavoro, definitivamente pronunciando in contraddittorio tra le parti, così provvede, ogni altra domanda, istanza ed eccezione disattesa:
1) In parziale accoglimento del ricorso, dichiara illegittimo il licenziamento irrogato da nei confronti di con effetto l’effetto condann corrispondere a un’inde e quantifica in Euro 12.051,79, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dal recesso al saldo;
2) Condanna altresì a corrispondere a un compen o straordinario di oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dal dovuto al saldo;
3) Pone definitivamente a carico di entrambe le parti per la metà ciascuno le spese per interprete liquidate con separato decreto in data 2.4.2025;
4) Compensa per metà tra le parti le spese di lite e condanna
a rifondere a
la residua metà,
2.700,00 pe ale, oltre rimborso forfetario,
IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Ancona, il 4.7.2025 all’esito dello scambio di note scritte ex art. 127 ter c.p.c. con termine sino al 12.6.2025.
IL GIUDICE
(dr.ssa NOME COGNOME
(Atto sottoscritto digitalmente)