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Licenziamento giusta causa: merce in borsa è grave

La Corte di Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa di una dipendente di un supermercato che aveva nascosto merce per un valore di circa 20 euro nella propria borsa personale. Anche se la lavoratrice ha pagato la merce dopo essere stata scoperta, i giudici hanno ritenuto che la sua condotta avesse irrimediabilmente compromesso il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. La Suprema Corte ha chiarito che, ai fini disciplinari, l’intenzione di sottrarre i beni è sufficiente a giustificare il licenziamento, rendendo irrilevante sia la mancata consumazione del reato, sia il pagamento successivo.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per giusta causa: nascondere merce in borsa rompe la fiducia

Il licenziamento per giusta causa rappresenta la sanzione più severa nel diritto del lavoro, applicabile quando il comportamento del dipendente è talmente grave da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia con l’azienda. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio in un caso emblematico, riguardante una dipendente di un supermercato sorpresa a nascondere merce nella propria borsa. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni.

I fatti: il caso della dipendente del supermercato

Una lavoratrice, addetta alla vendita in un supermercato, è stata licenziata dopo che le è stato contestato di aver messo in una borsa personale merce per un valore di poco più di 20 euro. Dopo aver passato l’uscita con il badge, la dipendente è stata sottoposta a un’ispezione. Solo a quel punto, essendo sprovvista di denaro, ha chiesto un prestito a una collega e ha pagato la merce. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ritenuto legittimo il licenziamento, sottolineando che la condotta appropriativa si era già consumata al momento del controllo, rendendo irrilevante il pagamento successivo.

La difesa della lavoratrice e i motivi del ricorso

La lavoratrice ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su tre motivi principali:
1. Errata applicazione della legge: Sosteneva che il suo comportamento non costituisse appropriazione indebita, né a livello penale né disciplinare, in quanto era stata fermata all’interno del punto vendita e non si era ancora allontanata. A suo avviso, mancava sia l’intenzione (dolo), sia la consumazione del reato.
2. Omesso esame di fatti decisivi: Lamentava che i giudici di merito non avessero considerato adeguatamente le circostanze del pagamento e la sua presunta condizione psicofisica (stati d’ansia, attacchi di panico), che avrebbero potuto escludere la volontarietà del gesto.
3. Violazione delle norme sulla prova: Riteneva che la mancata ammissione di prove testimoniali e di una consulenza tecnica le avesse impedito di difendersi adeguatamente.

L’analisi della Corte di Cassazione sul licenziamento per giusta causa

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento e offrendo chiarimenti cruciali sulla valutazione della condotta del dipendente.

La nozione “atecnica” di appropriazione nel Contratto Collettivo

Il primo motivo è stato respinto. I giudici hanno spiegato che la nozione di “appropriazione nel luogo di lavoro” prevista dal contratto collettivo di categoria non va interpretata in senso strettamente penalistico. L’obiettivo della norma disciplinare è sanzionare i comportamenti che violano l’affidamento che il datore di lavoro ripone nel dipendente, specialmente in contesti come i supermercati, dove la merce è esposta alla pubblica fede. Il semplice fatto di aver nascosto la merce in una borsa personale, unito alla circostanza di essere stata trovata senza i mezzi per pagarla, è stato considerato un insieme di elementi inequivocabili che dimostravano l’intenzione di sottrarre i beni. Questo basta a integrare un comportamento che giustifica il licenziamento per giusta causa, poiché mina alla base la correttezza richiesta a chi opera in quel contesto.

L’inammissibilità degli altri motivi

Anche il secondo e il terzo motivo sono stati giudicati inammissibili. Per il secondo motivo, la Corte ha applicato il principio della “doppia conforme”: poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la decisione basandosi sulla stessa ricostruzione dei fatti, non era possibile riesaminare tali fatti in Cassazione. Per il terzo motivo, i giudici hanno osservato che la lavoratrice, dietro la denuncia di violazioni procedurali, stava in realtà tentando di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.

Le motivazioni

La Corte ha stabilito che la valutazione della condotta del lavoratore ai fini disciplinari deve essere svincolata dalla configurabilità di un reato in senso tecnico. Ciò che rileva è la violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà e, soprattutto, la lesione del rapporto fiduciario. L’atto di occultare la merce in una borsa personale, in un contesto di self-service, è stato interpretato come un comportamento inequivocabilmente finalizzato alla sottrazione, sufficiente a rompere la fiducia del datore di lavoro. Il pagamento avvenuto solo dopo l’ispezione non sana la precedente condotta, che al momento del controllo si era già manifestata in tutta la sua gravità disciplinare.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale nel diritto del lavoro: l’elemento fiduciario è il pilastro del rapporto. Un licenziamento per giusta causa può essere legittimo anche per condotte che non integrano un reato perfetto, se queste sono tali da dimostrare una grave mancanza di correttezza e lealtà. Per i lavoratori, è un monito sull’importanza di mantenere un comportamento irreprensibile; per i datori di lavoro, è una conferma che la tutela del vincolo fiduciario è un elemento essenziale che la giurisprudenza continua a proteggere con rigore.

È necessario che il furto sia completato per giustificare un licenziamento per giusta causa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, ai fini disciplinari è sufficiente che la condotta del dipendente manifesti chiaramente l’intenzione di sottrarre i beni, anche se il reato non viene consumato. L’atto di nascondere la merce è di per sé sufficiente a rompere il rapporto di fiducia.

Pagare la merce dopo essere stati scoperti può evitare il licenziamento?
No. Il pagamento successivo alla scoperta dell’illecito è considerato irrilevante. La violazione disciplinare e la lesione del rapporto di fiducia si sono già verificate al momento in cui è stata manifestata l’intenzione di sottrarre la merce, e il pagamento tardivo non può sanare la gravità del comportamento tenuto.

Cosa si intende per nozione ‘atecnica’ di appropriazione in un contratto collettivo?
Significa che la previsione disciplinare del contratto collettivo non si riferisce strettamente alla fattispecie penale di ‘appropriazione indebita’, ma a un concetto più ampio di condotta scorretta che viola la fiducia del datore di lavoro. L’obiettivo è sanzionare la slealtà del dipendente, a prescindere dalla qualificazione giuridico-penale del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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