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Licenziamento giusta causa: furto extralavorativo

Un lavoratore è stato licenziato per giusta causa dopo essere stato arrestato in flagranza per il tentato furto di 200 litri di gasolio ai danni della società committente del suo datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, dichiarando inammissibile il ricorso del dipendente. L’ordinanza sottolinea che un atto così grave, sebbene compiuto in ambito extralavorativo, è sufficiente a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario, giustificando il recesso immediato dal rapporto di lavoro, a prescindere dalle previsioni specifiche del contratto collettivo.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per Giusta Causa: Il Furto ai Danni del Committente Rompe la Fiducia

Il licenziamento per giusta causa rappresenta la più grave sanzione nel diritto del lavoro, attivata quando un dipendente commette una violazione talmente seria da rompere in modo irreparabile il vincolo di fiducia con l’azienda. Ma cosa succede se il fatto illecito viene commesso al di fuori dell’orario di lavoro e ai danni di un soggetto terzo, come un cliente o un committente? Con l’ordinanza n. 14043/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la gravità del gesto e il suo impatto sul rapporto fiduciario prevalgono su tutto.

I Fatti del Caso

Un dipendente di una società specializzata nella manutenzione ferroviaria è stato licenziato senza preavviso dopo essere stato arrestato in flagranza di reato. L’accusa era di aver tentato di rubare circa 200 litri di gasolio da una cisterna situata in un’area di proprietà della società committente, per la quale il suo datore di lavoro operava in appalto.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, ma sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste, confermando la legittimità del provvedimento espulsivo. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con il lavoratore che ha sollevato diversi motivi di ricorso, tra cui la presunta sproporzione della sanzione e l’errata applicazione del contratto collettivo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ponendo fine alla vicenda e confermando in via definitiva la validità del licenziamento. I giudici hanno ritenuto che le censure del lavoratore fossero infondate e mirassero a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una “doppia conforme”, ovvero due sentenze di merito con la stessa conclusione.

Le Motivazioni della Sentenza

L’ordinanza offre spunti di riflessione cruciali sulla nozione di giusta causa e sui limiti del potere disciplinare del datore di lavoro.

Il Furto Extralavorativo e il Licenziamento per Giusta Causa

Il punto centrale della decisione è che un comportamento illecito, anche se tenuto al di fuori del contesto lavorativo, può avere riflessi diretti sul rapporto di lavoro. Il furto commesso ai danni della società committente è stato considerato un atto di gravità eccezionale. Non si trattava di un semplice reato commesso da un cittadino, ma di un’azione che minava direttamente gli interessi economici e l’immagine del datore di lavoro, la cui attività dipendeva dal rapporto contrattuale con la vittima del furto. Questo comportamento ha irrimediabilmente compromesso il vincolo fiduciario, elemento essenziale di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

La Valenza Esemplificativa delle Sanzioni nel CCNL

Un altro motivo di ricorso del lavoratore si basava sul fatto che il furto non fosse esplicitamente elencato tra le ipotesi di licenziamento nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato. La Corte ha respinto questa argomentazione, ribadendo un principio consolidato: le previsioni dei contratti collettivi in materia di sanzioni disciplinari hanno natura meramente esemplificativa e non tassativa.

Ciò significa che il giudice non è vincolato a quel catalogo di infrazioni. Egli ha il potere e il dovere di valutare autonomamente la gravità della condotta del lavoratore in relazione alla nozione legale di giusta causa, definita dall’art. 2119 del Codice Civile. Pertanto, anche se un comportamento non è previsto dal CCNL, può comunque essere così grave da giustificare il licenziamento.

L’Uso dei Precedenti Penali nella Valutazione

I giudici di merito avevano tenuto conto dei precedenti penali del lavoratore. La Cassazione ha chiarito che tali precedenti non sono stati utilizzati per integrare una nuova contestazione disciplinare, cosa che sarebbe stata illegittima. Sono stati invece considerati come elementi utili a ricostruire il quadro complessivo della gravità del fatto contestato, senza sostituirsi alla valutazione del datore di lavoro.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 14043/2024 conferma che la valutazione della giusta causa di licenziamento deve essere condotta caso per caso, tenendo conto di tutte le circostanze concrete. La lesione del vincolo fiduciario è l’elemento cardine, e questa può verificarsi anche a seguito di condotte extralavorative, specialmente quando queste danneggiano indirettamente il datore di lavoro colpendo un suo partner commerciale. La decisione riafferma l’autonomia del giudice nel qualificare la gravità di un’infrazione, superando le mere elencazioni esemplificative dei contratti collettivi.

Un furto commesso al di fuori dell’orario di lavoro può giustificare un licenziamento per giusta causa?
Sì, secondo questa ordinanza, un comportamento illecito tenuto in ambito extralavorativo può giustificare un licenziamento per giusta causa se è così grave da ledere irreparabilmente il vincolo di fiducia con il datore di lavoro. Il furto ai danni di un’importante società committente rientra in questa categoria.

Le cause di licenziamento previste dal contratto collettivo (CCNL) sono le uniche valide?
No, le previsioni dei contratti collettivi sono considerate esemplificative e non vincolanti. Il giudice ha il potere di valutare autonomamente se una determinata condotta, anche se non esplicitamente menzionata nel CCNL, sia sufficientemente grave da integrare una giusta causa di licenziamento ai sensi dell’art. 2119 c.c.

I precedenti penali di un lavoratore possono essere usati per giustificare un licenziamento?
Non possono costituire l’oggetto di una nuova contestazione disciplinare. Tuttavia, come chiarito dalla Corte, possono essere considerati dal giudice come elementi rilevanti per valutare la gravità complessiva del fatto addebitato e posto a base del licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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