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Licenziamento giusta causa: email offensiva e sanzione

La Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento per giusta causa di una dipendente di un’azienda di lusso, addetta alle pubbliche relazioni. La lavoratrice aveva inviato per errore a una giornalista una email contenente commenti offensivi destinata a un suo superiore. La Corte ha ritenuto che tale condotta, data la delicatezza del ruolo ricoperto, fosse idonea a ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro e a danneggiare l’immagine e gli interessi aziendali, giustificando la massima sanzione espulsiva.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per giusta causa: quando un’email offensiva costa il posto

Il licenziamento per giusta causa rappresenta la più grave sanzione espulsiva nel diritto del lavoro, attivata quando la condotta del dipendente lede in modo irreparabile il rapporto di fiducia con l’azienda. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico: il licenziamento di una dipendente per aver inviato, per errore, una email con contenuti offensivi a una giornalista con cui l’azienda collaborava. La decisione offre spunti cruciali sulla gravità della condotta e sulla proporzionalità della sanzione in relazione al ruolo ricoperto dal lavoratore.

I Fatti di Causa

Una dipendente con il ruolo di External Relation Officer presso una nota società del settore lusso inviava una email, destinata alla propria responsabile, contenente valutazioni offensive nei confronti di una giornalista di un’importante rivista online specializzata. Per errore, la lavoratrice includeva tra i destinatari “per conoscenza” anche la giornalista stessa.

Venuta a conoscenza del fatto, l’azienda avviava un procedimento disciplinare che si concludeva con il licenziamento per giusta causa. La motivazione era chiara: la condotta della dipendente era stata ritenuta gravemente lesiva dell’immagine e degli interessi commerciali dell’impresa, minando un rapporto professionale strategico. La lavoratrice impugnava il licenziamento, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello confermavano la legittimità del recesso datoriale.

I Motivi del Ricorso e l’analisi sul licenziamento per giusta causa

La dipendente ricorreva in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui:

* Carenza di specificità della contestazione: La lettera di contestazione non avrebbe specificato l’intenzionalità della condotta né il danno effettivo.
* Violazione del principio di immutabilità: La lettera di licenziamento avrebbe introdotto fatti nuovi rispetto alla contestazione iniziale.
* Mancata affissione del codice disciplinare: L’azienda non avrebbe provato di aver reso pubblico il codice, necessario per sanzionare la condotta.
* Sproporzione della sanzione: Il licenziamento sarebbe stato eccessivo rispetto alla previsione del CCNL.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, ritenendo il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha stabilito che la condotta della lavoratrice era di per sé sufficiente a giustificare il licenziamento per giusta causa. Il ragionamento dei giudici si è basato su alcuni punti cardine:

1. Gravità della Condotta e Ruolo Ricoperto: La Corte ha sottolineato che la gravità del comportamento deve essere valutata anche in relazione alla posizione ricoperta. Essendo la dipendente responsabile delle relazioni esterne, le era richiesta una particolare cautela e attenzione. Il suo errore non era una semplice negligenza, ma un’azione idonea a pregiudicare l’immagine e gli interessi aziendali, compromettendo una collaborazione strategica nel settore di riferimento.

2. Irrilevanza della Mancata Affissione del Codice Disciplinare: I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’obbligo di affissione del codice disciplinare non si applica per quei comportamenti che violano i doveri fondamentali del rapporto di lavoro, come la lealtà e la correttezza, o che costituiscono illeciti penalmente rilevanti. L’invio di una mail offensiva rientra in questa categoria, in quanto contrario ai principi generali di buona fede.

3. Specificità e Immutabilità della Contestazione: La contestazione è stata ritenuta sufficientemente specifica, poiché descriveva in dettaglio il fatto materiale (l’invio della mail). Inoltre, la lettera di licenziamento non ha introdotto fatti nuovi, ma si è limitata a replicare alle giustificazioni fornite dalla lavoratrice, qualificando giuridicamente la gravità del fatto già contestato.

4. Proporzionalità della Sanzione: La Corte ha confermato che il giudice di merito può valutare la gravità della condotta anche in modo più severo rispetto alle previsioni del contratto collettivo. In questo caso, il comportamento della dipendente è stato ritenuto talmente grave da rompere in modo definitivo il rapporto fiduciario, rendendo proporzionata la sanzione espulsiva.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la valutazione della giusta causa di licenziamento non può prescindere dal contesto e dal ruolo professionale del dipendente. Un comportamento, anche se frutto di un errore, può essere considerato di gravità tale da giustificare la massima sanzione se è idoneo a ledere gli interessi strategici e l’immagine dell’azienda. La decisione serve da monito sull’importanza della professionalità e della cautela nelle comunicazioni, specialmente per chi opera in ruoli a contatto con l’esterno, dove un passo falso può avere conseguenze irreparabili non solo per la propria carriera, ma per l’intera organizzazione.

Un’email offensiva inviata per errore può costituire giusta causa di licenziamento?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se la condotta è idonea a ledere gravemente l’immagine e gli interessi aziendali e a compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia, può giustificare il licenziamento, soprattutto se il dipendente ricopre un ruolo che richiede particolare cautela nelle comunicazioni esterne.

È sempre necessaria l’affissione del codice disciplinare per poter licenziare un dipendente?
No, non è necessaria per comportamenti che violano i doveri fondamentali di correttezza e buona fede o che costituiscono illeciti. L’invio di una comunicazione offensiva che danneggia l’azienda rientra tra queste condotte, sanzionabili a prescindere dalla previsione specifica nel codice disciplinare.

Il datore di lavoro può modificare i fatti contestati nella lettera di licenziamento?
No, vige il principio di immutabilità della contestazione. Tuttavia, il datore di lavoro può, nella lettera di licenziamento, rispondere alle giustificazioni del lavoratore e qualificare giuridicamente la gravità del fatto già contestato, senza che ciò costituisca l’introduzione di elementi nuovi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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