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Licenziamento disciplinare: valido il secondo recesso?

Un autista di autobus, dopo un primo licenziamento disciplinare per varie infrazioni, ne subisce un secondo per minacce ai vertici aziendali. La Corte di Cassazione ha stabilito che il secondo licenziamento è valido perché basato su una ragione diversa e successiva, non costituendo una ‘contestazione a catena’. La Corte ha quindi respinto i ricorsi di entrambe le parti, confermando la legittimità del secondo recesso e l’illegittimità del primo.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Doppio Licenziamento Disciplinare: Quando è Legittimo il Secondo Recesso?

Il licenziamento disciplinare rappresenta uno degli epiloghi più complessi del rapporto di lavoro. Ma cosa accade quando un dipendente ne subisce due in rapida successione? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1376/2025, si è pronunciata su un caso emblematico, chiarendo i confini di legittimità di un secondo licenziamento intimato mentre è ancora in discussione il primo. La decisione offre spunti cruciali sull’autonomia delle procedure disciplinari e sul principio che vieta le cosiddette ‘contestazioni a catena’.

I Fatti del Caso: Un Autista e Due Licenziamenti

La vicenda riguarda un autista di autobus, dipendente di un’azienda di trasporti dal 1996. Nel giro di un mese, il lavoratore riceve due distinti provvedimenti di licenziamento.

Il primo licenziamento, datato 12 giugno 2018, scaturisce dalla contestazione di condotte quali sistematiche interruzioni non autorizzate del servizio per fermarsi al bar, fumare e utilizzare il cellulare durante la guida, mettendo a rischio la sicurezza dei passeggeri.

Il secondo licenziamento, del 12 luglio 2018, è invece motivato da un episodio avvenuto il 17 maggio 2018: il lavoratore avrebbe inveito pubblicamente contro i vertici aziendali, rivolgendo loro gravi offese e minacce di morte.

Il Percorso Giudiziario e la decisione sul licenziamento disciplinare

Il caso ha seguito un iter giudiziario complesso. Il Tribunale di primo grado aveva ritenuto illegittimo il primo licenziamento, condannando l’azienda a un risarcimento, e inefficace il secondo, poiché il rapporto di lavoro era già considerato estinto.

La Corte d’Appello ha ribaltato parzialmente questa decisione: ha annullato il primo licenziamento, ordinando la reintegra del lavoratore, ma ha considerato pienamente valido ed efficace il secondo licenziamento per giusta causa. Secondo i giudici d’appello, le condotte del primo licenziamento erano meritevoli solo di una sanzione conservativa, mentre le offese e le minacce del secondo integravano una grave insubordinazione, tale da giustificare il recesso immediato.

La Posizione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione è stata chiamata a risolvere i dubbi sollevati da entrambe le parti. Il lavoratore sosteneva l’invalidità del secondo licenziamento, in quanto basato su fatti già noti all’azienda al momento del primo. L’azienda, d’altro canto, insisteva sulla gravità delle condotte che avevano portato al primo recesso.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, confermando la sentenza d’appello. La ratio decidendi si fonda su principi chiari:

1. Autonomia dei Procedimenti Disciplinari: I giudici hanno stabilito che i due licenziamenti erano basati su fatti e ragioni diverse e autonome. Il primo riguardava negligenze nel servizio; il secondo, un grave atto di insubordinazione (minacce e offese). Quest’ultimo, sebbene avvenuto prima della comunicazione del primo licenziamento, era cronologicamente successivo alle condotte del primo e sganciato da esse. Anzi, era emerso proprio in relazione alla ricezione delle comunicazioni relative alla prima procedura disciplinare.

2. Inammissibilità del ‘Licenziamento a Catena’: La Corte ha ribadito il principio secondo cui un datore di lavoro non può utilizzare fatti già noti per intimare licenziamenti successivi in modo strumentale. Tuttavia, ha precisato che è ammissibile un secondo licenziamento se si fonda su una ragione diversa, sopravvenuta o comunque non conosciuta in precedenza. In questo caso, il secondo fatto (le minacce) costituiva una ragione nuova e distinta.

3. Valutazione della Proporzionalità: Riguardo al primo licenziamento, la Cassazione ha confermato la valutazione della Corte d’Appello. La mancanza di una prova concreta sulla ‘sistematicità’ delle infrazioni ha correttamente portato i giudici a inquadrare la condotta come un illecito meritevole di una sanzione conservativa, non espulsiva. Per il secondo licenziamento, la valutazione della gravità delle minacce e della loro idoneità a configurare una giusta causa è stata ritenuta un giudizio di fatto, correttamente motivato e non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione traccia una linea netta sulla gestione dei procedimenti disciplinari multipli. La decisione sottolinea che un secondo licenziamento è legittimo a condizione che si fondi su un ‘motivo diverso’, autonomo e non strumentalmente collegato al primo. Per i datori di lavoro, ciò significa che ogni nuova e grave infrazione può dare origine a un autonomo procedimento disciplinare, anche se un altro è già in corso. Per i lavoratori, la sentenza chiarisce che la pendenza di un’impugnativa contro un licenziamento non crea una ‘zona franca’ in cui ulteriori mancanze non possano essere sanzionate, anche con la massima severità, se la loro gravità lo giustifica.

È possibile licenziare un dipendente una seconda volta se la prima procedura di licenziamento è già stata avviata?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è ammissibile purché il nuovo licenziamento si fondi su una ragione o un motivo diverso, sopravvenuto o comunque non conosciuto in precedenza dal datore di lavoro. L’efficacia del secondo licenziamento resta condizionata all’eventuale declaratoria di illegittimità del primo.

Quali sono le condizioni per cui un secondo licenziamento disciplinare è considerato valido?
Un secondo licenziamento è valido se i fatti su cui si basa sono cronologicamente successivi e sganciati da quelli della prima contestazione, costituendo così una procedura autonoma. Non deve trattarsi di una ‘contestazione a catena’ strumentale, ma di una reazione a una nuova e distinta infrazione disciplinare.

Perché in questo caso il primo licenziamento è stato annullato mentre il secondo è stato confermato?
Il primo licenziamento è stato annullato perché le condotte contestate (fermate non autorizzate, uso del cellulare) non sono state provate nella loro ‘sistematicità’ e sono state quindi ritenute meritevoli di una sanzione conservativa, non espulsiva. Il secondo licenziamento è stato invece confermato perché basato su un fatto diverso e molto grave (minacce di morte e offese ai vertici aziendali), considerato dalla Corte come giusta causa di recesso immediato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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