Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9437 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9437 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8101-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (RAGIONE_SOCIALE), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 46/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/01/2022 R.G.N. 2484/2021;
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/02/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede pronunciata in sede di opposizione ex art. 1, comma 57, della legge n. 92 del 2012, ha accolto la domanda di annullamento del licenziamento intimato da RAGIONE_SOCIALE con lettera del 3.4.2019 a NOME COGNOME, addetto al servizio raccolta rifiuti, avendo ritenuto insussistente la condotta addebitata di appropriazione di carburante (destinato ai mezzi aziendali) per uso personale.
La Corte rilevava che le concordi emergenze (documentali e orali) non avevano consentito di dimostrare l’appropriazione di carburante e l’uso per finalità estranee al servizio e agli interessi aziendali bensì, esclusivamente, il rifornimento di un mezzo diverso da quello assegnato nel turno di servizio (e abbinato ad una sua propria carta carburante), violazione della disciplina aziendale sull’uso delle carte che non appariva di gravità tale da legittimare il provvedimento espulsivo, a fronte, peraltro, della prassi di consentire -da parte del caposquadra -la modifica di assegnazione dei mezzi (e delle card carburante) per esigenze di rimodulazione e concreta organizzazione del servizio.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a due motivi. Il lavoratore resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente denunzia violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, omesso di esaminare tre episodi (rifornimento durante alcuni giorni di ferie o fuori dall’orario di lavoro, 6 marzo, 12 marzo e 25 agosto 2017) non contestati, e dunque da ritenersi pacifici, che senz’altro potevano sorreggere il provvedimento espulsivo.
Con il secondo motivo di ricorso la società denunzia omesso esame di un fatto decisivo (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale trascurato il doc. 27 in quanto di provenienza ignota (a differenza del giudice della fase sommaria, che lo ha ritenuto veritiero) nonché la condotta tenuta nei giorni di ferie o fuori l’orario di lavoro.
I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.
Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della produzione della sentenza del Tribunale penale che ha accertato la perpetrazione di un reato per alcuni episodi (tra quelli contestati in via disciplinare al lavoratore). Invero, il deposito della sentenza penale prodotta da parte ricorrente unitamente alla memoria non è ammesso, perché in violazione del tassativo disposto dell’art. 372 cod.proc.civ., il quale consente il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo solo laddove riguardino «la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso».
Nel merito, la dedotta violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad
altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (Cass., Sez. U, n. 11892/2016, Cass. Sez.U. n. 20867 del 2020), evenienza non ricorrente nel caso di specie.
6. Con riguardo all’archetipo normativo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ., va, poi, ribadito al riguardo l’orientamento consolidato espresso dalle Sezioni Unite secondo cui, all’esito della riformulazione della disposizione normativa, i n relazione all’apprezzamento delle risultanze processuali rileva solo l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, e che abbia carattere decisivo. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante nel giudizio di legittimità (si rimanda alla motivazione di Cass. S.U. 27 dicembre 2019 n. 34476, che richiama Cass. S.U. 7 aprile 2014 n. 8053; Cass. S.U. 18 aprile 2018 n. 9558; Cass. S.U. 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass. S.U. 22 febbraio 2023 n. 5556).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha valutati i fatti di cui alla lettera di contestazione disciplinare e ne ha ritenuto provati alcuni ma nella esclusiva ottica di configurare una eventuale violazione della disciplina aziendale sull’uso delle
carte di rifornimento dei mezzi, escludendo, peraltro, che le emergenze probatorie dimostrassero altresì l’appropriazione di carburante per uso personale.
I motivi non hanno, pertanto, pregio perché la pretesa violazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ., pure invocata impropriamente in relazione agli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. (per tutte v. Cass. n. 13960 del 2014), nella sostanza si traduce in una contestazione della ricostruzione della vicenda storica quale operata dalla Corte territoriale, preclusa dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ. (come riformulato dall’art. 54, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134).
In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: ” Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso “. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente
impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2024.