Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6136 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 6136 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 13331-2024 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 395/2024 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/03/2024 R.G.N. 487/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
LICENZIAMENTI DIMISSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 13331/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
PU
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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME per delega avvocato
COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 25 marzo 2024, la Corte d’Appello di Bari confermava la decisione resa dal Tribunale di Foggia e rigettava la domanda proposta da NOME NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE nel cui ambito il primo fino al maggio 2013 aveva rivestito il ruolo di direttore delle sede di Foggia, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli in relazione ai procedimenti avviati a suo carico sia dalla Procura Regionale della Corte dei Conti in relazione a presunte irregolarità gestionali sia dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia e a seguito della riapertura del procedimento disciplinare, sospeso per la complessità dell’accertamento dei fatti contestati ai sensi dell’ar t. 55 ter d.lgs. n. 165/2001, disposta una volta ricevute le sentenze emesse dalla Corte dei Conti -Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, a motivo dell’aver le sentenze contabili acclarato in maniera definitiva ed irretrattabile l’imputabilità al Tarantino delle condotte illecite a lui contestate, essere impedita nell’ ambito del giudizio ad essa Corte rimesso qualsivoglia ulteriore e diversa valutazione delle condotte medesime, producendo effetti di giudicato riflesso nel giudizio in questione per avere questo ad oggetto la verifica della legittimità della massima sanzione espulsiva irrogata al Tarantino in conseguenza di addebiti disciplinari a suo carico scaturiti da una segnalazione della Procura Regionale della
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Corte dei conti ed afferenti a suoi profili fi responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale, come desumibile dal tenore della missiva di contestazione disciplinare del 27.11.2014 e ribadito dall’ACI nella comunicazione di riapertura del procedimento disciplinare in cui dava testualmente atto della sentenza emesse dalla Corte dei Conti in sede di appello e dell’idoneità degli elementi da esse desumibili a consentire la ripresa dell’azione disciplinare e non ulteriori e differenti profili, quali la gravità della condotta sul piano disciplinare e/o la sua idoneità ad incidere sul vincolo fiduciario, neppure fatti oggetto di gravame.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso l’ ACI.
Il Procuratore generale ha depositato la propria requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 bis d.lgs. n. 165/2001, lamenta la non conformità a diritto della statuizione della Corte territoriale volta ad escludere la decadenza dell’Ente datore dall’ azione disciplinare dovendo individuarsi il dies a quo per la decorrenza dei termini per l’esercizio dell’azione disciplinare nella data nella quale l’ufficio ha acquisito notizia dell’infrazione, nella specie da farsi risalire, non al 27.11.2014, quando l ‘ACI decide di aprire il procedimento disciplinare, bensì al 9.7.2013, allorché l’ispettore centrale ACI e direttore pro tempore dell’A.C. Foggia, NOME COGNOME, responsabile quindi della struttura di adibizione del ricorrente, comunicava alla Direzione Centrale Servizi Ispettivi la notizia degli illeciti a carico del medesimo.
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Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 ter, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, il ricorrente addebita alla Corte territoriale il non aver ritenuto riconducibile all’ipotesi di cui all’invocata norma -per la quale il procedimento disciplinare definito con l’irrogazione di una sanzione può essere riaperto per modificare il provvedimento laddove il procedimento penale relativo ai medesimi fatti oggetto dell’azione disciplinare si sia concluso con una sentenza di assoluzione con le formule perché il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale o il dipendente non lo ha commesso -la situazione determinatasi nella specie per cui il procedimento penale è stato definito con provvedimento di archiviazione emesso dal GIP per infondatezza della notizia di reato e, a fronte del silenzio della norma sul punto, solleva questione di legittimità costituzionale della stessa per contrasto con l’art. 3 Cost. sollecitando questa Corte a rimetterla alla Corte costituzionale.
Il primo motivo si rivela inammissibile risolvendosi la censura sollevata nella mera confutazione della qualificazione dalla Corte territoriale attribuita alla missiva del 9.7.2013 inviata dal COGNOME (al contempo ispettore centrale ACI e direttore pro tempore dell’A.C. Foggia) alla Direzione Centrale Servizi Ispettivi dell’ACI quale mera notizia dei presunti illeciti imputabili al ricorrente, per essere la censura incentrata sulla valorizzazione del ruolo provvisoriamente rivestito dal COGNOME con riguardo a ll’ufficio di Foggia rispetto a quello di ispettore centrale dell’ACI tenuto a rimettere l’indagine all’ufficio di appartenenza e prescindendo la censura stessa dal dar conto della ricorrenza nella specie dei requisiti fissati dalla giurisprudenza di questa Corte circa l’individuazione del dies a quo secondo cui ‘ il termine perentorio di conclusione del procedimento disciplinare previsto dall’art. 55 -bis, comma 4, d.lgs. n.
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165/2001, ratione temporis applicabile, decorre dall’acquisizione della notizia dell’infrazione, da individuarsi all’esito di tutti quegli accertamenti che, secondo una valutazione di ragionevolezza da compiersi ex ante , avrebbero potuto apportare elementi utili alla contestazione della condotta addebitata o di quelle connesse, nel pieno rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza della sanzione ‘ (cfr. Cass. n. 14896/2024).
Di contro, infondato risulta il secondo motivo per risultare la situazione invocata estranea alla formulazione letterale della norma, la cui congruità costituzionale non può essere in questa sede neppure delibata per l’irrilevanza nella fattispecie della sollevata questione di legittimità costituzionale, giustificandosi l’irrogazione della sanzione sulla base degli accertati illeciti di carattere amministrativocontabile, la cui rilevanza ai fini disciplinari ben può prescindere dalla qualificazione degli stessi sul piano penalistico come inidonei ad integrare fattispecie di reato; Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.