Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4062 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4062 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7503-2024 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1426/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 11/12/2023 R.G.N. 1191/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO
Oggetto
LICENZIAMENTI
DIMISSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.7503/2024
COGNOME
Rep.
Ud.08/01/2025
CC
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che, con sentenza dell’11 dicembre 2023, la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione resa dal Tribunale di Vibo Valentia e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Parghelia, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato ai sensi dell’art. 25 bis CCNL Enti Locali del 6.7.1995 e successive modifiche a seguito della riapertura del procedimento disciplinare conseguente alla conclusione del processo penale, in relazione al quale era stata a suo tempo disposta la sospensione dell’azione disciplinare, definito con la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Salerno di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti, riapertura dovuta alla contestazione dei fatti di cui ai capi di imputazione di cui risultava accertata la penale responsabilità dell’istante;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione relativa alla tardività della contestazione per essere, all’epoca dell’apertura del procedimento, 8.2.2007, questo regolato esclusivamente dagli artt. 22 e ss. del CCNL 22.1.2004, applicabile ratione temporis e puntualmente osservato il termine di 20 giorni ivi previsto, infondata, per il medesimo motivo del rispetto del termine per la riapertura del procedimento disciplinare previsto in 180 giorni dalla contrattazione collettiva applicabile ratione temporis, l’eccezione relativa alla tardività della ripresa del procedimento disciplinare, sussistente la responsabilità dell’istante per i fatti di cui ai capi di imputazione al medesimo ascritti, idonea ad integrare, per la gravità degli stessi ed in considerazione degli incarichi rivestiti dall’istante all’interno dell’amministrazione comunale, una giusta causa di recesso;
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che per la cassazione di tale decisione ricorre lo COGNOME, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il Comune di Parghelia;
CONSIDERATO
che, con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 CCNL 22.1.2004 e 129, comma 3 bis, d.lgs. n. 271/1989, imputa alla Corte territoriale l’erroneità del convincimento circa la ritenuta inidoneità dell’i nformativa ex art. 129 d.lgs. n. 271/1989 fatta pervenire al Comune di Parghelia dall’Ufficio Requirente in data 10.11.2006 a integrare gli estremi dell’intervenuta conoscenza dei fatti di rilievo disciplinare da parte del Comune datore ed a porsi quale dies a quo per il computo dei termini di inoltro della relativa contestazione al ricorrente;
che il motivo si rivela inammissibile, risolvendosi la censura sollevata dal ricorrente nella mera confutazione della valutazione cui la Corte territoriale, nel discrezionale apprezzamento del materiale istruttorio, è pervenuta circa l’idoneità del documento inviato dall’Ufficio della Procura di Salerno al Comune di Parghelia a dare piena contezza dei fatti ascritti al ricorrente e della loro rilevanza disciplinare, valutazione del resto plausibilmente fondata sulla peculiarità della documentazione ricevut a, trattandosi, non dell’ordinanza applicativa a carico del ricorrente della misura cautelare coercitiva, corredata del riferimento ai fatti ascritti, ma della mera comunicazione dell’avvenuta sottoposizione del ricorrente alla misura cautelare in carcere, recante la mera indicazione delle norme violate;
che il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
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La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 gennaio