SENTENZA TRIBUNALE DI VENEZIA N. 685 2025 – N. R.G. 00001147 2025 DEPOSITO MINUTA 01 08 2025 PUBBLICAZIONE 31 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI VENEZIA
Il Giudice del Lavoro dott.ssa NOME COGNOME alla udienza del 31/07/2025 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
con motivazione contestuale
ex art. 429 c.p.c. e 127 bis c.p.c.
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1147/2025 RG avente ad oggetto: ‘ Impugnazione licenziamento con domanda di reintegrazione -licenziamento disciplinare -omessa contestazione ex art. 7 STL ‘
TRA
– rappresentato e difeso dagli Avvocati COGNOME
COGNOME e COGNOME NOME ed elettivamente domiciliati come in ricorso,
– ricorrente
E
in persona del legale rappresentate pro tempore -contumace
-resistente
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso depositato in data 03/06/2025 il ricorrente, come sopra in epigrafe indicato, ha convenuto in giudizio la convenuta chiedendo « NEL MERITO A. In via principale Accertare e dichiarare la nullità del licenziamento datato 29.11.2024 intimato al sig. e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. n. 23/2015, condannare in persona del legale rappresentante pro tempore, a reintegrare il sig. nel posto di lavoro e nelle mansioni, condannando altresì la suddetta società a pagare al lavoratore un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno
del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre a rivalutazione monetaria e interessi da conteggiarsi, questi ultimi, dal giorno della domanda, al saggio di cui al comma 4 dell’art. 1284 c.c. ovvero al tasso di interesse comune, con condanna altresì al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. B. In via subordinata Nella denegata e non creduta ipotesi in cui non venisse concessa la tutela di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 23/2015, accertare e dichiarare, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 23/2015, che con riguardo al licenziamento del sig. datato 29.11.2024 non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo e, per l’effetto, condannare il datore di lavoro in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore del lavoratore dell’inden nità di cui agli articoli 3, co. 1, e 9 del D.lgs. n. 23/20215 come corretti da Corte Cost. con sentenza 26 settembre – 8 novembre 2018 n. 194 – e quindi di importo pari ad almeno una mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR per ogni anno di servizio con un minimo di tre oltre ad euro 191,61 – ovvero la diversa somma anche maggiore ritenuta giusta e/o equa – a titolo di indennità di mancato preavviso, oltre in ogni caso a rivalutazione monetaria e interessi da conteggiarsi, questi ultimi, dal giorno della domanda, al saggio di cui al comma 4 dell’art. 1284 c.c. ovvero al tasso di interesse comune. C. In via ulteriormente subordinata Nella denegata e non creduta ipotesi in cui il Giudice del Lavoro adito non ritenesse applicabili le tutele richieste dal sig. ed individuate ai punti che precedono, accertata e dichiarata l’illegittimità/invalidità del licenziamento intimato al sig.
con missiva datata 29.11.2024 ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 23/2015, e per l’effetto, condannare in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’odierno ricorrente dell’indennità prevista dalla citata norma (in combinato disposto con l’art. 9 del medesimo D.Lgs), così come corretta a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con sentenza n. 24 giugno – 16 luglio 2020, n. 150, – e quindi di importo pari ad almeno una mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR -oltre ad euro 191,61 – ovvero la diversa somma anche maggiore ritenuta giusta e/o equa – a titolo di indennità di mancato preavviso,
oltre in ogni caso a rivalutazione monetaria ed interessi dal dì del dovuto al saldo effettivo, da calcolarsi questi ultimi ai sensi del comma 4, art. 1284 c.c. dalla proposizione della domanda giudiziale ovvero, in subordine, al tasso legale comune. D. In via di ulteriore subordine Qualora il Giudice del Lavoro adito ritenesse di applicare al caso che ci occupa la disciplina del recesso ante tempus nel contratto di lavoro a tempo determinato, accertare e dichiarare la nullità/l’illegittimità/l’invalidità/l’inefficacia del licenziamento intimato al sig.
con missiva del 29.11.2024 e, per l’effetto, condannare
in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’odierno ricorrente, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito dal momento del licenziamento alla scadenza dell’apprendistato prevista per il 31.8.2028, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi, da calcolarsi questi ultimi ai sensi del comma 4, art. 1284 c.c. dalla proposizione della domanda giudiziale ovvero, in subordine, al tasso legale comune. E. In ogni caso Accertare e dichiarare che nel caso che ci occupa, per tutte le ragioni esposte nella parte narrativa del presente atto, l’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR come parametro di riferimento richiamato dal D. Lgs. n. 23/2015 è pari ad euro 1.249,50 o alla diversa somma, anche maggiore, che sarà ritenuta giusta e/o equa; F. In ogni caso: Accertata la lesione della dignità umana del lavoratore e l’ingiusta privazione dell’occasione di formazione professionale costituita dal contratto di lavoro in apprendistato, condannare a pagare al sig. la somma di euro 5.000,00, ovvero la diversa somma anche maggiore ritenuta giusta e/o equa, oltre a interessi e rivalutazione monetaria maturati e maturandi dal giorno della domanda fino al giorno dell’effettivo pagamento. Il tutto con rifusione dei compensi e delle spese del presente procedimento, maggiorati del 30% in forza dell’art. 4, comma 1 bis, DM 55/2014 per la presenza nel testo del ricorso di collegamenti ipertestuali con i documenti allegati, da liquidarsi in favore degli scriventi procuratori che si dichiarano a tal fine anticipatari avendo anticipato le spese e non riscosso gli onorari. Con
pur regolarmente raggiunta da notifica non si è costituita e ne è stata dichiarata la contumacia.
La causa è stata istruita sulla scorta della documentazione prodotta da parte ricorrente.
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Il ricorrente espone di essere stato assunto in data 31/8/2023 con decorrenza 1/9/2023 da come apprendista per il conseguimento della qualifica di Elettrotecnico con inquadramento al Livello 5° del CCNL Artigiano Metalmeccanici (doc. 3); che il contratto prevedeva come termine del periodo di apprendistato il 31/8/2028, luogo di lavoro la sede di Fossò (VE), INDIRIZZO una retribuzione oraria di euro 5,83810 lordi per 13 mensilità, un orario di lavoro a tempo pieno di 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00; di essere stato licenziato in data 29/11/2024 per asseriti gravi inadempimenti relativi a fatti che sarebbero accaduti il 28/11/2024 e mai oggetto di contestazione d’addebito ai sensi dell’art. 7 St. Lav. E per scarso rendimento con qualificazione del licenziamento come intimato per giustificato motivo oggettivo; di aver impugnato il recesso via pec in data 9/12/2024 e via raccomandata a.r. in data 10/12/2024; con comunicazione a mezzo pec del 18/12/ 2024 a firma dell’Avv. NOME COGNOME riscontrava l’impugnazione del licenziamento confermando la natura sanzionatoria dello stesso in quanto dovuto ad un asserito ‘gravissimo comportamento posto in essere dal dipendente’; con tale comunicazione venivano poi allegate ulteriori circostanze mai oggetto di previa contestazione d’addebito ai sensi dell’art. 7 St. Lav. (doc. 8) accusando il lavoratore d’aver detto al proprio tutore , prendo pochi soldi così vado piano’ , contesta che contestata integralmente. Con Con
Lamenta la nullità del licenziamento per carenza della procedura disciplinare, ed in via gradata come da conclusioni rassegnate.
Orbene, con la lettera datata 29/11/2024 la società resistente ha comminato al ricorrente il licenziamento nei seguenti termini «Nonostante i vari richiami sia verbali che scritti, il dipendente continua a mantenere un comportamento scorretto nei confronti dell’azienda e manca di rispetto ai suoi responsabili-tutor. La sua produzione giornaliera è di 1/3 rispetto alla media. Oggi 28-11-2024 per puro caso il suo tutor NOME
si è accorto che assemblava i trasformatori in modo errato. Il Signor sapeva che il lavoro che stava facendo non andava bene, e quando è stato ripreso si è messo a ridere, c’è da specificare che questo errore una volta finito il trasformatore elettrico non si vede, e per questo motivo siamo costretti ora a smontare tutti i trasformatori e controllare come sono stati fatti (lavoro di tante settimane-mesi). Il peggio è che i trasformatori cosi costruiti si bruceranno e non caricheranno le batterie con tutte le conseguenze che possono essere molto gravi (prende fuoco il carica batterie con una catena di conseguenze anche inimmaginabili). Inoltre la per questo avrà una ricaduta commerciale perdendo clienti e buon nome costruito nell’arco di 35 anni. Per tutti questi motivi la ritiene di non potersi più fidare del dipendente e ritiene chiuso il rapporto di lavoro iniziato il 01-09-2023 con contratto di apprendista elettrotecnico, ai sensi dell’art.3 legge 604/1966, poiché la situazione costituisce giustificato motivo oggettivo di recesso del rapporto inerente l’attività lavorativa. Il rapporto si intende estinto a partire dal 29-11-2024 senza preavviso come previsto dal contratto collettivo di 6 giorni».
E’ evidente che il licenziamento non è comminato per un giustificato motivo oggettivo, il quale attiene a «ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa» ma per colpe imputate al lavoratore ovvero per un giustificato motivo soggettivo consistente in «un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro» o per giusta causa consistente in «una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto».
Posto che il licenziamento è stato comminato in tronco lo stesso va qualificato come licenziamento per giusta causa.
Come è noto il licenziamento per colpa è riconducibile alla categoria del licenziamento disciplinare e deve essere comminato a seguito della procedura prevista dall’art. 7 L. 300/1970: contestazione precisa e tempestiva del fatto o dei fatti addebitati al lavoratore e almeno 5 giorni al lavoratore per rendere le giustificazioni.
Nel caso in esame è evidente che il procedimento disciplinare è stato integralmente omesso.
Orbene, «in tema di licenziamento disciplinare, il radicale difetto di contestazione dell’infrazione determina l’inesistenza dell’intero procedimento, e non solo l’inosservanza delle norme che lo disciplinano, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, di cui al comma 4 dell’art. 18 della l. n. 300 del 1970, come modificato dalla l. n. 92 del 2012, richiamata dal comma 6 del predetto articolo per il caso di difetto assoluto di giustificazione del provvedimento espulsivo, tale dovendosi ritenere un licenziamento disciplinare adottato senza alcuna contestazione di addebito. (Cass. Sez. L., 24/02/2020, n. 4879, in senso conforme Cass. Sez. L – , Sentenza n. 25745 del 14/12/2016). Si rimanda alla giurisprudenza citata per l’ampia e articolata e condivisibile motivazione, mentre non si condividono le conclusioni del Tribunale di Roma citata in ricorso poiché appunto l’omissione della procedura non comporta la nullità del licenziamento ma rende il licenziamento privo di fatto contestato e quindi ingiustificato.
E’ pacifico che il contratto di apprendistato deve essere considerato come contratto a tempo indeterminato (art. 41 d.lgs. 81/2025) e che ad esso trovano applicazione le regole anche procedimentali relative al licenziamento nel contratto a tempo indeterminato (vd: Cass. Sez. L., 03/02/2020, n. 2365 secondo la quale « le garanzie procedimentali previste dall’art. 7 della l. n. 300 del 1970 si applicano a tutti i casi in cui il datore di lavoro voglia recedere dal rapporto per ragioni “ontologicamente” disciplinari, a garanzia del diritto di difesa e di tutela dell’onore, decoro, immagine, anche professionali del lavoratore» ove nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto superflua l’applicazione delle garanzie procedimentali all’apprendistato, benché il recesso datoriale fosse motivato da “numerose lamentele” dei clienti e, dunque, da comportamento negligente e, comunque, in senso lato, colpevole dell’apprendista, ed ancora «Il contratto di apprendistato, anche nel regime normativo di cui alla l. n. 25 del 1955, si configura come rapporto di lavoro a tempo indeterminato a struttura bifasica, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale
scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge l’elemento specializzante costituito dallo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale), mentre, la seconda, soltanto residuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c., vede la trasformazione del rapporto in tipico rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, in caso di licenziamento intervenuto nel corso del periodo di formazione, è inapplicabile la disciplina relativa al licenziamento “ante tempus” nel rapporto di lavoro a tempo determinato»).
Considerato che secondo quanto riferito dal ricorrente trattasi di impresa con meno di 15 dipedenti e che in tal caso a norma dell’art. 9 d.lgs. 23/2025, così come risultante dalla dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentrenza 118/2025 «1. Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l’ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall’articolo 3, comma 1, dall’articolo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato (…)» e che l’art. 3, co. 1, così come risultante dalla dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 194/2928 « 1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale (…), in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità».
Dunque c onsiderati i criteri di cui all’art. 8 legge 604/1966 ed in particolare al numero dei dipendenti occupati (13 quindi di poco inferiori alla soglia), alle dimensioni dell’impresa (fatturato 2023 di € 3.169.174,00), all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro (2 anni), al comportamento e alle condizioni delle parti ( il ricorrente, mero apprendista e quindi lavoratore in formazione, è rimasto improvvisamente senza lavoro e la società lo ha licenziamento omettendo radicalmente di contestargli precisamente i fatti e di consentirgli di giustificarsi, anche tenuto conto che l’onere della prova del
licenziamento grava sulla datrice di lavoro vd art. 5 legge 604/1966), il licenziamento andrà annullato pur con la sola conseguenza della condanna della società resistente al pagamento di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR pari ad € 1.249,50= (non essendosi costituita la società resistente non ha allegato elementi di segno opposto in grado di elidere tale indicazione), oltre gli accessori ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c.
Rigetta l’ulteriore richiesta di risarcimento dei danni posto che « il carattere ingiurioso del licenziamento, che, in quanto lesivo della dignità del lavoratore, legittima un autonomo risarcimento del danno, non si identifica con la sua illegittimità, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso» (ex plurimis Cass. Sez. L., 10/06/2024, n. 16064) e che nel caso in esame non sono allegate modalità indebite di comunicazione del licenziamento.
Deve, dunque, concludersi come in dispositivo anche in ordine alle spese di lite che seguono la soccombenza e vengono liquidate – come in dispositivo – avuto riguardo ai valori medi previsti dal DM 55/2014 e DM 147/2022 (quest’ultimo applicabile ex art. 6 alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore ovvero il 23/10/2022), per le controversie di lavoro scaglione € 5200 -26.000, ridotto ex art. 4, comma 1, penultimo e ultimo periodo, DM cit., tenuto conto del valore effettivo della controversia che si attesta verso il valore medio dello scaglione, che non è stata svolta attività istruttoria, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (medie), dei contrasti giurisprudenziali (come emerge dalla difesa di parte ricorrente).
Il ricorrente ha dichiarato di essere esente dal contributo unificato.
P.Q.M.
Il giudice definitivamente pronunciando così provvede:
Accertata l’illegittimità del licenziamento oggetto di causa, dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna la datrice di lavoro al pagamento in favore del ricorrente di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 12 mensilità
dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (pari ad € 1249,50) oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c.;
Rigetta l’ulteriore richiesta di risracimento;
Condanna la resistente alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente che liquida in € 3.000 + 30% (ex comma 1 bis dell’art. 1 DM 55/2014, introdotto dall’art. 1, lett. b) DM 37/2018) per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA, come per legge, con distrazione in favore dei procuratori del ricorrente dichiaratisi anticipatari.
Venezia, all’udienza del 31/07/2025
Il Giudice Dott.ssa NOME COGNOME