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Licenziamento disciplinare: quando è illegittimo?

Un apprendista viene licenziato per scarso rendimento senza aver ricevuto una formale contestazione degli addebiti. Il Tribunale di Venezia ha dichiarato il licenziamento disciplinare illegittimo per violazione delle garanzie procedurali. Tuttavia, data la dimensione ridotta dell’azienda (meno di 15 dipendenti), ha condannato il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria di 12 mensilità, escludendo la reintegrazione nel posto di lavoro.

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Pubblicato il 29 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Disciplinare Senza Contestazione: Illegittimo

Il licenziamento disciplinare rappresenta la sanzione più grave che un datore di lavoro possa infliggere a un dipendente, ma il suo esercizio è vincolato a rigide garanzie procedurali a tutela del lavoratore. Una recente sentenza del Tribunale di Venezia ha ribadito un principio fondamentale: l’omissione totale della contestazione di addebito rende il licenziamento illegittimo. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni della decisione e le conseguenze per le parti.

I Fatti del Caso: L’apprendista e il Recesso Immediato

Un giovane lavoratore, assunto con contratto di apprendistato per la qualifica di elettrotecnico, è stato licenziato con effetto immediato. Nella lettera di recesso, l’azienda datrice di lavoro addebitava al dipendente un comportamento scorretto, mancanza di rispetto verso i superiori e una produzione giornaliera notevolmente inferiore alla media. L’episodio scatenante sarebbe stato l’assemblaggio errato di alcuni trasformatori, un errore che, secondo l’azienda, avrebbe potuto causare gravi danni e perdite commerciali.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo la sua nullità per la totale assenza della procedura disciplinare prevista dalla legge, in particolare per la mancata contestazione formale e preventiva degli addebiti che non gli ha permesso di esercitare il proprio diritto di difesa.

L’Assenza di Procedura nel Licenziamento Disciplinare

Il cuore della questione giuridica risiede nell’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970). Questa norma stabilisce che il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare senza aver prima contestato per iscritto l’addebito al lavoratore e senza averlo sentito a sua difesa, qualora egli ne faccia richiesta. Al dipendente devono essere concessi almeno cinque giorni per presentare le proprie giustificazioni.

Nel caso in esame, il Giudice ha rilevato che questa procedura era stata “integralmente omessa”. L’azienda aveva comunicato il licenziamento senza alcuna comunicazione preventiva, qualificandolo come recesso per “giustificato motivo oggettivo” ma basandolo, in realtà, su colpe e inadempimenti del lavoratore. Il Tribunale ha correttamente riqualificato l’atto come licenziamento disciplinare per giusta causa, dato che è stato comminato “in tronco”, ovvero con effetto immediato e senza preavviso.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il Giudice del Lavoro ha accolto il ricorso del lavoratore, dichiarando l’illegittimità del licenziamento. La motivazione si fonda su un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui il difetto radicale di contestazione determina l’inesistenza dell’intero procedimento disciplinare, rendendo il licenziamento privo di giustificazione.

Tuttavia, il Tribunale non ha disposto la reintegrazione del lavoratore. La decisione dipende da un altro fattore cruciale: la dimensione dell’azienda. Poiché l’impresa occupava meno di 15 dipendenti, si applica il regime sanzionatorio previsto dal D.Lgs. 23/2015 (Jobs Act) per le piccole imprese. In questi casi, la tutela per il lavoratore è di natura economica e non reale.

Di conseguenza, il Tribunale ha condannato la società a pagare al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria. La richiesta di risarcimento per danni alla dignità è stata invece respinta, poiché non sono state provate modalità offensive o ingiuriose nella comunicazione del recesso.

Conclusioni: L’Importanza delle Garanzie Procedurali

La sentenza del Tribunale di Venezia riafferma con forza un principio cardine del diritto del lavoro: nessuna sanzione disciplinare, tantomeno il licenziamento, può essere legittimamente irrogata senza rispettare il diritto di difesa del lavoratore. L’omissione della contestazione di addebito costituisce un vizio insanabile che rende il recesso illegittimo. Questo caso evidenzia anche le diverse tutele previste dall’ordinamento a seconda delle dimensioni aziendali: mentre nelle grandi imprese un vizio procedurale può portare alla reintegrazione, nelle piccole imprese la conseguenza è, di norma, una compensazione economica. Per i datori di lavoro, la lezione è chiara: la fretta o la superficialità nella gestione dei procedimenti disciplinari possono avere conseguenze economiche significative.

Un licenziamento disciplinare può essere valido se il datore di lavoro non contesta formalmente le accuse al dipendente?
No, la sentenza chiarisce che l’omissione totale della contestazione di addebito rende il licenziamento disciplinare illegittimo, in quanto viola il diritto di difesa del lavoratore sancito dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori.

Se un licenziamento è illegittimo, il lavoratore ha sempre diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro?
No. Come dimostra questo caso, per i lavoratori assunti da aziende con meno di 15 dipendenti, la tutela prevista dal D.Lgs. 23/2015 per il licenziamento illegittimo non è la reintegrazione, ma il pagamento di un’indennità economica risarcitoria.

Le regole sul licenziamento disciplinare si applicano anche ai contratti di apprendistato?
Sì, la sentenza conferma che il contratto di apprendistato è un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a cui si applicano pienamente le garanzie procedurali previste per i licenziamenti disciplinari, inclusa la necessità della contestazione preventiva degli addebiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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