Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24745 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24745 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
22460/2021 r.g., proposto da
COGNOME NOME , elett. dom.to in INDIRIZZO, presso AVV_NOTAIO , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila n. 434/2021 pubblicata in data 01/07/2021, n.r.g. 93/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 26/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME era stato dipendente di RAGIONE_SOCIALE dal 02/0871982, posizione retributiva B-LV 125, con il ruolo di specialista -consulente di impresa e sede di lavoro in Avezzano.
Con lettera del 09/10/2017 era stato licenziato per giusta causa, a seguito della contestazione disciplinare comunicata in data 24/08/2017, con
OGGETTO: licenziamento disciplinare -valutazione della condotta riservata al giudice di merito
cui gli era stato addebitato di aver ritardato il pagamento a RAGIONE_SOCIALE, interamente partecipata da RAGIONE_SOCIALE, di alcuni ordini di acquisto di materiale da lui effettuati tramite il portale RAGIONE_SOCIALEl/Office per il complessivo importo di euro 1.554,14.
Adìva il Tribunale di Avezzano per ottenere l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento per insussistenza della giusta causa ai sensi degli artt. 2119 c.c., 54, co. 6, lett. a), c), k), e 80, lett. e), ccnl 14/04/2011.
2.Costituitosi il contraddittorio, espletata l’istruttoria, all’esito della fase c.d. sommaria il Tribunale accoglieva l’impugnazione.
L’opposizione della società vaniva accolta con la sentenza conclusiva della fase a cognizione piena e l’impugnazione del licenziamento era rigettata .
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il reclamo interposto dallo COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
alla luce delle risultanze documentali e testimoniali, è accertato che RAGIONE_SOCIALE, nel luglio 2017, riscontrava che con riguardo a n. 13 ordini RAGIONE_SOCIALEl/Office effettuati nel periodo fra l’08/10/2015 e il 25/11/2016 non erano stati eseguiti i relativi pagamenti;
la società in data 10/07/2017 chiedeva di inviare la copia dei relativi pagamenti al responsabile commerciale impresa, sig. COGNOME, il quale a sua volta nello stesso giorno reindirizzava tale richiesta al dipendente con qualifica di SCI (specialista consulente impresa) COGNOME NOME, il cui username risultava associato a n. 12 delle n. 13 operazioni in questione;
lo COGNOME rispondeva inviando al COGNOME copia di n. 12 bollettini relativi agli ordini in questione tutti recanti la data 11/07/2017;
in data 20/07/2017 lo COGNOME veniva convocato dal fraud management dell’azienda, al fine di acquisire informazioni, ed egli stesso dichiarava di aver eseguito personalmente i n. 12 ordini di acquisto RAGIONE_SOCIALEl/Office, di aver incassato dai vari clienti i corrispettivi, di non aver proceduto al contestuale versamento degli importi a RAGIONE_SOCIALEl a mezzo bollettino di c/c, di aver inserito solo gli estremi del codice di pagamento del
bollettino forzando in tal modo il sistema, di aver personalmente compilato i bollettini di conto corrente e di aver effettuato le relative operazioni solo in data 11/07/2017 a seguito di esplicita richiesta del COGNOME;
in quell’occasione lo COGNOME ammetteva che fra i vari clienti interessati agli acquisti vi era la RAGIONE_SOCIALE, di cui egli era socio, e che la società aveva compiuto n. 5 dei n. 12 acquisti in contestazione;
lo COGNOME non ha rispettato la procedura aziendale prevista dal Manuale RAGIONE_SOCIALEl/Office prodotti e servizi, depositato da RAGIONE_SOCIALE;
l’assunto del mero ritardo nel versamento dei corrispettivi pur ricevuti dai clienti è insostenibile, considerato il notevole lasso di tempo intercorso fra le operazioni contestate ed i versamenti dell’11/07/2017, pari a circa venti mesi dal primo degli ordini contestati, e considerato che il versamento è stato eseguito solo dopo che gli era stato chiesto di fornire le relative attestazioni;
neppure è sostenibile che abbia accantonato il denaro incassato dai clienti in apposito armadio blindato, posto che di tale operazione non vi è alcun riscontro documentale e considerato che l’importo poi pagato di euro 1.544,14 risulta prelevato dal libretto nominativo della sig.ra COGNOME NOME, madre dello COGNOME, e non dall’armadio blindato;
nessuno dei testimoni escussi ha saputo riferire di aver visto lo COGNOME riporre il denaro nell’armadietto blindato, nonostante l’operazione ripetuta per ciascuna delle dodici operazioni di acquisto;
deve dunque condividersi la deduzione del Tribunale, secondo cui lo COGNOME, una volta incassato il denaro dai clienti, lo trattenne in modo indebito, senza versarlo alla datrice di lavoro e senza custodirlo nell’armadietto blindato aziendale;
nessun riscontro probatorio ha avuto poi l’invocata prassi di versare con ritardo i corrispettivi degli acquisti RAGIONE_SOCIALEl/Office e giustamente inattendibile è stato giudicato il teste NOME COGNOME, sia perché lo stesso testimone è stato licenziato da RAGIONE_SOCIALE a seguito di una contestazione disciplinare analoga a quello dello COGNOME, sia per la palese contraddittorietà delle sue dichiarazioni;
in ogni caso la deposizione del teste COGNOME è smentita da quanto riferito da tutti gli altri testimoni escussi al riguardo, che hanno negato l’esistenza di una prassi in tal senso;
i fatti così accertati integrano una giusta causa di licenziamento, considerata la gravità del comportamento dello COGNOME sia sotto il profilo soggettivo, considerato il suo ruolo per il quale la società si sarebbe attesa una particolare correttezza, sia sotto il profilo oggettivo, trattandosi di un modus operandi durato un lungo periodo, di circa un anno;
peraltro l’art. 54, co. 6, ccnl prevede il licenziamento senza preavviso per l’illecito uso, manomissione o distrazione di somme spettanti alla società o ad essa affidate (lett. a), per violazioni dolose che possano arrecare forte pregiudizio alla società (lett. c), per fatti o atti dolosi compiuti in connessione col rapporto di lavoro molto gravi.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte territoriale presunto la condotta di trattenimento indebito del danaro sulla base di elementi privi dei caratteri della gravità, della precisione e della concordanza.
Il motivo è inammissibile.
La Corte territoriale ha utilizzato gli elementi istruttori non come indizi, bensì come prova del fatto che di quel denaro lo COGNOME si fosse appropriato. Ciò risulta chiaro da quel punto della motivazione, in cui i giudici del reclamo hanno evidenziato che, per effettuare il pagamento del dovuto a luglio 2017, lo COGNOME prelevò danaro non dall’armadietto blindato aziendale (nel quale, secondo la sua tesi difensiva, avrebbe custodito le banconote consegnategli dalla cliente), bensì dal libretto nominativo di risparmio intestato alla di lui madre.
Per il resto la censura è inammissibile, perché sollecita a questa Corte una diversa valutazione di altre risultanze istruttorie, attività interdetta in sede di legittimità in quanto riservata al giudice del merito.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione degli artt. 2727, 2729 c.c. e 18 L. n. 300/1970 per avere la Corte territoriale ritenuto che egli avesse perseguito l’intento di trattenere quelle somme ‘in modo indebito’.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con quella parte cruciale della motivazione della sentenza impugnata sopra ricordata circa le modalità poi seguite per effettuare il pagamento del dovuto.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. In particolare addebita alla Corte territoriale di non aver considerato che in ben trentaquattro anni di servizio non era stato mai attinto da alcun provvedimento disciplinare né coinvolto in procedimenti di tale natura.
Il motivo è inammissibile, perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 360, penult. co., c.p.c.).
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in