Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34736 Anno 2019
Civile Sent. Sez. L Num. 34736 Anno 2019
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2019
SENTENZA
sul ricorso 23533-2018 proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende; da : in ROMA , NOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME 2019 3133 INDIRIZZO avvocato
avverso la sentenza n. 751/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 24/01/2018 R.G.N. 839/2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2019 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME pubblica NOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; per udito l’Avvocato NOME COGNOME
udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega verbale Avvocato NOME COGNOME. verbale
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Salerno rigettava il ricorso proposto da NOME COGNOME per la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato al predetto dalla s.p.a. RAGIONE_SOCIALE, il 12.12.2011, per giusta causa derivante da negligenza nello svolgimento delle funzioni di direttore commerciale della società, per avere il COGNOME dissimulato la inconsistenza dei risultati prodotti, disattendendo le direttive aziendali tese ad intensificare l’attività commerciale e la ricerca di nuovi clienti intrattenendo rapporti con una ditta concorrente, non realizzando l’obiettivo del budget e non giustificando alcune assenze. Tali condotte avevano determinato il venir meno del rapporto fiduciario con i vertici aziendali giustificativo del recesso.
2. Era rigettata anche la domanda riconvenzionale della società di natura risarcitoria.
3. La Corte d’appello di Salerno riteneva la fondatezza del gravame principale del COGNOME limitatamente alla regolazione delle spese di lite, rilevando, quanto alle ulteriori doglianze sulla immutabilità dell contestazione disciplinare, che la contestazione riguardava gli stessi fatti posti a fondamento del licenziamento e che il diritto di difesa era stato rispettato quanto alla contestata negligenza conclamata, diversamente apprezzata.
3. Neanche poteva ritenersi presente la dedotta genericità e mancanza di tempestività della contestazione, quanto a rimo profilo ‘ l p dovendo ritenersi che la contestazione disciplinare del 17.10.2011 enunciasse in modo analitico in otto punti le mancanze tenute nelle attività commerciali ed operative e, quanto al secondo profilo, che non vi fosse carenza motivazionale nel testo della sentenza appellata, la quale aveva evidenziato come le mancanze rilevate già nel 2010 non erano dimostrative del ritardo della sanzione, quanto della
necessità di rimarcare che altre condotte anche omissive, già compiute nel 2010, si aggiungevano a quelle contestate per l’anno 2011, a prescindere dal carattere relativo del requisito de quo, compatibile con la complessità della struttura organizzativa e con la necessità di spazio temporale sufficiente per l’accertamento e valutazione dei fatti ascritti al dipendente.
4. La negligente conduzione dell’attività operativa era stata tale da integrare una lesione irrimediabile del rapporto di fiducia, non ricorrendo neanche alcuna eccedenza di proporzionalità nella misura espulsiva adottata rispetto alla contestazione elevata, indice di disaffezione verso gli interessi aziendali, caratterizzata da condotta di distrazione di energie del dirigente, indirizzate verso interessi privat ed ultronei rispetto all’attività aziendale, senza alcuna giustificazione delle omissioni e mancanze riscontrate, sostanziatesi anche nel tentativo, posto in essere dal dirigente, di dissimulare l’assoluta inconsistenza di risuldtprodotti. condotta – caratterizzata da GLYPH La assoluta mancanza di report nei primi mesi del 2011 e di attività di programmazione sin dal 2010, da sconti praticati sulle tariffe nei contratti con i padroncini, con una perdita di bilancio di centomila euro, dalle frequentazioni avute in Civitavecchia per finalità non aziendali, con esiti negativi di attività non compiuta e rinvenimento in computer di file relativi ad operatori in concorrenza con l’RAGIONE_SOCIALE – era, secondo la Corte, tale da giustificare la fondatezza della misura adottata, proporzionata alla gravità, molteplicità e reiterazione delle condotte tenute, anche senza preavviso come previsto dall’art. 32 CCNL di riferimento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. La soccombenza reciproca nell’economia del processo svoltosi in primo grado conduceva alla riforma del capo sulle spese della sentenza di primo grado, nel senso della statuizione di compensazione delle stesse.
6. Di tale decisione domanda la cassazione il COGNOME, affidando l’impugnazione a due motivi, illustrati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste, con controricorso, la società.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. GLYPH inarmente, affrontata la Va, GLYPH GLYPH GLYPH stione prelim GLYPHque dedotta GLYPH dell’inammissibilità del controricorso, che il ricorrente collega all mancata notifica dello stesso, desunta dalla mancanza degli adempimenti necessari per determinare la ritualità della notifica dell’atto, non ricevuto dal destinatario per essere risultata la casella PEC dello stesso piena.
1.1. Al riguardo deve osservarsi che non esiste per gli avvocati che procedano alle notificazioni ai sensi della legge 53/94 alcuna normativa che disciplini l’ipotesi della mancata ricezione, imputabile al destinatario, dell’atto notificato a mezzo pec, mancata ricezione che, nel caso che ne occupa, è dovuta alla saturazione della casella di posta del ricorrente.
1.2. L’art. 3 bis, comma 3, della legge 21 gennaio 1994 n. 53, che disciplina la facoltà di notificazione di atti civili, amministrati stragiudiziali per gli avvocati (e procuratori legali), prevede che “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68”. 1.3. Null’altro prevede la norma, a differenza di quanto, al contrario, dispone l’art. 16, comma 6, del d.l. 18.10.2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17.12.2012 n 221 – che contiene le disposizioni in materia di comunicazioni e notifiche telematiche di
cancelleria – secondo cui “Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.”
1.4. Più specificatamente il D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 20 (recante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal Codice dell’Amministrazione Digitale – D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”), disciplina i “requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno”, imponendo a costui una serie di obblighi finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di PEC e, quindi, la regolare ricezione dei messaggi di posta elettronica.
1.5. La mancata consegna è imputabile al destinatario nel caso in cui costui, venendo meno agli obblighi previsti dal D.M. n. 44 del 2011, art. 20, non si doti dei necessari strumenti informatici, ovvero non ne verifichi l’efficienza. Nel caso che la trasmissione via PEC non vada a buon fine per causa imputabile al destinatario, trova applicazione il D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 6, secondo cui le notificazioni e le comunicazioni “sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”. Peraltro, nonostante la mancata ricezione della comunicazione per causa a lui imputabile, il destinatario è comunque nella condizione di prendere cognizione degli estremi della comunicazione medesima, in quanto il sistema invia un avviso al portale dei servizi telematici, di modo che il difensore destinatario, accedendovi, viene informato dell’avvenuto deposito.
Ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 16, comma 4, infatti, “nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata (…) viene pubblica nel portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34, un apposito avviso di avvenu comunicazione o notificazione dell’atto nella cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario, contenente i soli elementi identificativ procedimento e delle parti e loro patrocinatori”. La notifica depositata in cancelleria è in tal modo a disposizione dell’avvocato.
1.6. In conclusione, soltanto per la notifica a mezzo cancelleria vi una garanzia presidiata da una misura organizzativa, ossia uno strumento che ripercorre la norma consentendo il depositato in cancelleria dell’atto non ricevuto dal destinatario per causa allo stesso imputabile e la previsione normativa che regola tali notificazioni d cancelleria non è estensibile ad ipotesi, quale quella qui scrutinata non assistita da analoga garanzia, verificandosi diversamente una conseguenza punitiva e sanzionatoria che non trova alcun appiglio normativo.
1.7. Tuttavia, la peculiarità dell’ipotesi che conduce all’impossibil di ritenere la notifica come effettuata, può essere eccessivamente penalizzante per il notificante sul quale ricadrebbero le in toto conseguenze del negligente comportamento del destinatario delle notifica, ciò che dovrebbe indurre a ritenere utilmente richiamabile nella fattispecie considerata i principi espressi da ultimo da Cass. s u. 17.5.2016 n. 14594, cui sono conformi, tra le altre, Cass. 31.7.2017 n. 19059, Cass. 11.5.2018 n. 11485). Il principio affermato è quello alla cui stregua, in caso di notifica di a processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gl
effetti collegati alla richiesta originaria (con rilevanza del term iniziale di attivazione del procedimento), deve riattivare il process notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., sa circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
1.8 Alla stregua di quanto rilevabile dalla relata di notifica controricorso dell’Automar s.p.a., eseguita ai sensi della legge n. 53 del 1994, risulta un avviso di mancata consegna quale conseguenza della saturazione (indicazione “casella piena”) della casella elettronica del destinatario, avv. NOME COGNOME sicchè, alla luce delle svol considerazioni, il controricorso va dichiarato inammissibile, non potendo ritenersi, in virtù delle considerazioni svolte, che il notific fosse esonerato dall’effettuare ulteriore tentativo di notificazione,.
2. Con il primo motivo, il COGNOME denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 34 c.c.n.l. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c rilevando che dal contenuto della norma contrattuale si desuma che nell’esame della legittimità del licenziamento intimato al ricorrente il giudice d’appello non avrebbe dovuto arrestarsi alla verifica della non arbitrarietà, ma avrebbe dovuto estendere la sua valutazione alla “giustificazione” del licenziamento.
3. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. sostenendo che la Corte d’appello abbia fatto malgoverno della disposizione di legge rubricata, non avendo la stessa diversi livelli applicazione in relazione alla tipologia del lavoratore licenziando e non esistendo un affievolimento del canone di verifica della recedibilità i tronco correlato alla tipologia di lavoratore.
4. L’art. 34 del CCNL dei Dirigenti delle imprese di autotrasporto, invocato dal COGNOME, prevede che “1. Nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la parte recedente deve darne comunicazione per iscritto all’altra parte. 2. Nel caso di risoluzione ad iniziativa dell’azienda, quest’ultima è tenuta specificarne contestualmente la motivazione, in difetto di che il licenziamento sarà ritenuto senz’altro ingiustificato. 3. Il dirigen ove non ritenga giustificata la motivazione addotta dall’azienda, potrà ricorrere al Collegio arbitrale di cui all’art. 29”.
4.1. La formulazione di tale norma lascia intendere che la stessa si riferisce alle modalità di risoluzione del rapporto, laddove la critica ricorrente si incentra non sulla mancata osservanza da parte dell’azienda dell’obbligo di contestualità della motivazione in sede d recesso, quanto sulla necessità di accertare la “giustificazione” (giustificatezza) dello stesso in sede di accertamento giudiziale delle ragioni addotte a sostegno del recesso.
4.2. Quanto detto vale a prescindere dall’ulteriore rilievo che il vi di violazione di legge (cui è parificato quello di violazione di norma CCNL) consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, ciò che non risulta invece costitui l’oggetto della doglianza per come formulata in rubrica.
4.3. Il motivo è poi inconferente, avendo la sentenza ritenuto addirittura che fosse sussistente la giusta causa di recesso in relazione a tutte le omissioni e comportamenti negligenti addebitati al dirigente, il che consente di ritenere superato il rilievo del ricorre che si riferisce ad ipotesi di minore rilevanza del disvalore espresso dal comportamento addebitato al dirigente, nella specie ritenuto
invece integrativo di una giusta causa idonea a superare ogni tema di indagine sollecitato con il motivo.
4.4. Alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, la nozione di giustificatezza del licenziamento dei dirigenti, pe riconnettere alla mancanza di essa il diritto del dipendente licenziato ad un’indennità si discosta, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo, da quella di giustificato motivo di cui alla L. 15 luglio 19 n. 604, art. 3. Sul piano soggettivo, tale asimmetria trova la sua ragion d’essere nel rapporto fiduciario che lega in maniera più o meno penetrante al datore di lavoro il dirigente in ragione delle mansioni a lui affidate per la realizzazione degli obiettivi aziendali, per cui an la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o un’importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro o u comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura di tale rapporto fiduciari quindi giustificare il licenziamento sul piano delle, discipli contrattuale dello stesso ed, a tal fine, è sufficiente una valutazio globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza di poteri attribu al dirigente. (cfr. Cass. 17.3.2014 n. 6110). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.5. La giusta causa, che esonera il datore di lavoro dall’obbligo di concedere il preavviso o di pagare l’indennità sostitutiva, non coincide con la giustificatezza, che esonera il datore di lavoro soltant dall’obbligo di pagare l’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva, in quanto la giusta causa consiste in un fatt che, valutato in concreto, determina una tale lesione del rapporto fiduciario da non consentire neppure la prosecuzione temporanea del
rapporto (cfr. Cass. 10.4.2012 n. 5671): nella specie, la ritenuta sussistenza di comportamenti integranti giusta causa rende priva di rilevanza la doglianza del ricorrente.
4.6. In conclusione, al di là dell’evidenziata inconferenza del motivo, le affermazioni della Corte territoriale sono in linea con i princ sanciti dalla S. C. su richiamati.
5. La critica espressa nel secondo motivo si fonda su una insussistente dequotazione dell’istituto della giusta causa, che non trova riscontro nelle motivazioni poste a sostegno del decisum, le quali evidenziano, al contrario, un gravissimo inadempimento che giustifica la sanzione adottata, proporzionata alla gravità, molteplicit e reiterazione delle condotte tenute, anche senza preavviso come previsto dall’art. 32 c.c.n.l. (così pag. 10-11 della senten impugnata).
5.1. Ogni ulteriore rilievo in ordine all’asserita insussistenza di dive livelli di applicazione dell’art. 2119 c. c. in relazione alla tipolog lavoratore licenziando va confutato alla stregua delle argomentazioni spese per disattendere il primo motivo;.
6. In conclusione, deve pervenirsi al rigetto del ricorso.
7. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate in dispositivo limitatamente a quell riferite alla GLYPH ione effettuata dal GLYPH te, in GLYPH discuss GLYPH GLYPH icorren contror conseguenza della rilevata inammissibilità del controricorso.
8. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115 del 2002.
RG 23533/2018
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 20 esborsi, euro 1500,00 per compensi professionali, oltre access legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie nella misura del
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà a della sussistenza dei presupposti processuali per il versamen parte del ricorrente dell’ulteriore importo pigexticite a titolo di unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma ibis, del citato D.P.R., ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 10 ottobre 2019
Il Consigliere estensore