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Licenziamento collettivo: limiti scelta dipendenti

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito l’illegittimità di un licenziamento collettivo in cui l’azienda aveva limitato la platea dei lavoratori da licenziare a una sola unità produttiva, usando come giustificazione la “comoda raggiungibilità” di altre sedi. La Corte ha stabilito che tale criterio è soggettivo e non valido. La scelta deve includere tutti i lavoratori con professionalità fungibili nell’intero complesso aziendale, a meno che non sussistano ragioni tecniche e organizzative oggettive, chiaramente specificate.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento collettivo: la scelta dei lavoratori non può basarsi sulla residenza

Quando un’azienda avvia una procedura di licenziamento collettivo, deve seguire regole precise per individuare i dipendenti da licenziare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la platea dei lavoratori interessati non può essere limitata a una singola unità produttiva sulla base di criteri soggettivi come la “comoda raggiungibilità” di altre sedi. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I fatti del caso

Una società operante nel settore socio-sanitario, gestore di diverse residenze per anziani (RSA) sul territorio nazionale, avviava una procedura di licenziamento collettivo. La società decideva di limitare la scelta dei lavoratori da licenziare esclusivamente al personale di una specifica RSA, giustificando tale scelta con la presunta difficoltà per questi dipendenti di raggiungere agevolmente altre sedi operative, anche quella più vicina, distante circa 30 km.

Un lavoratore licenziato impugnava il provvedimento. La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento. Secondo i giudici di secondo grado, il criterio della “agevole e comoda raggiungibilità” non era oggettivo, ma dipendeva dalle libere scelte del lavoratore (come il luogo di residenza o il mezzo di trasporto). Inoltre, le professionalità dei lavoratori della RSA coinvolta (operatori sociosanitari, infermieri, fisioterapisti) erano pacificamente fungibili con quelle di altri dipendenti impiegati in altre sedi. La società, quindi, ricorreva in Cassazione.

I limiti al licenziamento collettivo e la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno riaffermato i principi consolidati in materia di licenziamento collettivo, chiarendo in modo inequivocabile i paletti che il datore di lavoro deve rispettare.

La regola generale, stabilita dalla Legge 223/1991, è che l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire con riferimento all’intero “complesso aziendale”. È possibile limitare la platea dei licenziandi a un singolo reparto, settore o sede territoriale, ma solo a due condizioni:

1. Esigenze oggettive: Devono esistere specifiche e oggettive esigenze tecnico-produttive e organizzative che giustifichino tale limitazione.
2. Comunicazione trasparente: Tali ragioni devono essere esposte in modo dettagliato e puntuale nella comunicazione di avvio della procedura inviata alle organizzazioni sindacali, per consentire loro una verifica effettiva della necessità dei licenziamenti e della correttezza della scelta.

Il criterio della professionalità fungibile nel licenziamento collettivo

Un punto cruciale sottolineato dalla Corte è che la limitazione della platea non è legittima se i lavoratori del reparto da sopprimere svolgono mansioni fungibili con quelle di altri dipendenti in altre sedi. In altre parole, se un infermiere della sede X può svolgere lo stesso lavoro di un infermiere della sede Y, l’azienda deve includere entrambi nella platea di selezione, applicando poi i criteri di legge (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive).

Nel caso specifico, il criterio basato sulla residenza e sulla presunta difficoltà di spostamento è stato giudicato inidoneo perché soggettivo e non legato a reali esigenze organizzative oggettive. La Corte ha specificato che la potenziale preferenza di un lavoratore a trasferirsi piuttosto che perdere il posto di lavoro non può essere esclusa a priori dal datore di lavoro.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando una giurisprudenza ormai consolidata. Il datore di lavoro ha l’onere di provare che la limitazione della platea è giustificata da ragioni oggettive. La mera distanza geografica tra le sedi o i costi aggiuntivi derivanti da un trasferimento di personale non sono, di per sé, ragioni sufficienti per escludere dalla comparazione lavoratori con professionalità equivalenti. La legge, infatti, mira a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, e spetta al lavoratore, non all’azienda, valutare la convenienza di un trasferimento rispetto alla perdita del lavoro.

La motivazione adottata dall’azienda, basata sulla “agevole e comoda raggiungibilità”, è stata considerata “ampiamente valutativa” e non obiettivamente misurabile. Pertanto, la scelta di limitare la selezione al personale di una sola RSA è risultata arbitraria e, di conseguenza, il licenziamento intimato è stato dichiarato illegittimo.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei lavoratori coinvolti in procedure di licenziamento collettivo. Stabilisce chiaramente che il datore di lavoro non può restringere arbitrariamente il campo di scelta dei dipendenti da licenziare. Qualsiasi limitazione della platea all’intero complesso aziendale deve essere ancorata a ragioni tecnico-produttive oggettive, verificabili e non discriminatorie, che devono essere comunicate in modo trasparente ai sindacati. Criteri basati su valutazioni soggettive, come la comodità degli spostamenti legata alla residenza del dipendente, sono illegittimi e rendono nullo il licenziamento.

È possibile limitare la scelta dei lavoratori in un licenziamento collettivo solo a un reparto o una sede?
Sì, è possibile, ma solo se tale limitazione è giustificata da ragioni tecniche, produttive e organizzative oggettive e specifiche, che devono essere chiaramente indicate nella comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali. Non è possibile se i lavoratori di quel reparto hanno professionalità fungibili con colleghi di altre sedi.

La vicinanza della residenza del lavoratore al luogo di lavoro è un criterio valido per limitare la platea del licenziamento collettivo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un criterio basato sulla “agevole e comoda raggiungibilità” delle sedi di lavoro, legato alla residenza, non è un’esigenza aziendale oggettiva, ma dipende da valutazioni e scelte personali del lavoratore. Pertanto, non è un criterio legittimo per limitare la platea dei licenziandi.

L’azienda può evitare di confrontare lavoratori con mansioni simili ma dislocati in sedi diverse per via dei costi di trasferimento?
No. La Corte ha chiarito che i potenziali costi aggiuntivi derivanti da un trasferimento di personale o la dislocazione territoriale delle sedi non sono, di per sé, motivi validi per escludere dalla comparazione lavoratori con professionalità equivalenti. La legge dà priorità alla mitigazione dell’impatto sociale, e un lavoratore potrebbe preferire un trasferimento alla perdita del posto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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