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Licenziamento collettivo: limiti geografici e scelta

Una società ha effettuato un licenziamento collettivo considerando solo i dipendenti di una sede specifica. I tribunali hanno dichiarato il licenziamento illegittimo, poiché l’azienda non ha giustificato la mancata inclusione di personale con professionalità simili di altre sedi. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che nel licenziamento collettivo, la platea dei lavoratori non può essere limitata geograficamente senza valide e oggettive ragioni tecnico-produttive, confermando la reintegra del lavoratore.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento collettivo: quando la scelta dei lavoratori non può essere limitata a una sola sede

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4962/2024, torna su un tema cruciale in materia di diritto del lavoro: i criteri di individuazione dei lavoratori in una procedura di licenziamento collettivo. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’azienda non può limitare arbitrariamente la platea dei dipendenti da comparare alla sola sede interessata dalla riorganizzazione, ma deve estendere la valutazione a tutto il personale con mansioni fungibili, a meno che non sussistano ragioni oggettive e specifiche. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso

Una società operante nel settore tecnologico avviava una procedura di licenziamento collettivo che coinvolgeva esclusivamente il personale di una delle sue sedi operative. Un lavoratore, licenziato nell’ambito di tale procedura, impugnava il provvedimento sostenendone l’illegittimità. A suo avviso, l’azienda aveva erroneamente ristretto la base di confronto ai soli dipendenti di quella specifica unità produttiva, ignorando la presenza di altre figure professionali con competenze del tutto comparabili e fungibili in altre sedi della stessa società, non toccate dalla procedura.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento e ordinando la reintegra nel posto di lavoro. I giudici di merito accertavano che le professionalità presenti nella sede soppressa erano del tutto simili a quelle di altre sedi e che le motivazioni addotte dall’azienda per limitare la scelta erano generiche e insufficienti. La società, non condividendo le decisioni, proponeva ricorso in Cassazione.

Il perimetro aziendale nel licenziamento collettivo

Il punto centrale della controversia riguarda l’applicazione dei criteri di scelta (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive e organizzative) previsti dalla Legge n. 223/1991. Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, questi criteri devono essere applicati su una platea di lavoratori il più ampia possibile, comprendente tutti i dipendenti che svolgono mansioni fungibili nell’intero complesso aziendale.

La limitazione a una specifica unità produttiva è ammessa solo in via eccezionale, quando l’azienda dimostri la sussistenza di specifiche e oggettive esigenze tecnico-produttive che rendano non comparabili i lavoratori di sedi diverse. L’onere di provare tali esigenze ricade interamente sul datore di lavoro.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando integralmente le sentenze dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno innanzitutto richiamato numerosi precedenti conformi, anche relativi alla medesima vicenda aziendale, sottolineando la necessità di assicurare un’interpretazione uniforme della legge.

Nel merito, la Corte ha stabilito che la motivazione addotta dall’azienda nella comunicazione di avvio della procedura, basata sulla mera dislocazione geografica del personale, era del tutto standardizzata e non giustificava la limitazione della platea. Era emerso, infatti, che le professionalità erano comparabili e che il passaggio da un settore produttivo a un altro non richiedeva una formazione particolarmente complessa.

La Cassazione ha chiarito che l’eventuale aggravio di costi per il trasferimento di personale da altre sedi non è una ragione sufficiente per derogare alla regola generale della comparazione su scala nazionale. La legge, infatti, mira a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, e ciò impone una valutazione che abbracci l’intera organizzazione aziendale.

Infine, è stato confermato che la violazione dei criteri di scelta, derivante da un’illegittima restrizione della platea dei lavoratori, costituisce un vizio sostanziale e non meramente formale. Di conseguenza, la sanzione applicabile è la tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, e non la mera tutela risarcitoria.

Conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma per la tutela dei lavoratori coinvolti in procedure di riduzione del personale. Per i datori di lavoro, il messaggio è chiaro: in un licenziamento collettivo, la scelta di limitare la competizione tra i dipendenti a una singola sede o reparto deve essere supportata da ragioni tecniche e organizzative solide, specifiche e dimostrabili. Motivazioni generiche o basate sulla mera convenienza economica non sono sufficienti a giustificare una deroga al principio della più ampia comparazione possibile, con il rischio, in caso contrario, di vedersi annullare i licenziamenti e condannare alla reintegrazione dei dipendenti.

È possibile limitare la scelta dei lavoratori da licenziare a una sola sede aziendale in un licenziamento collettivo?
No, di regola la platea dei lavoratori da considerare per la scelta deve comprendere l’intero complesso aziendale. Una limitazione a una singola sede è possibile solo in via eccezionale e se giustificata da specifiche e oggettive esigenze tecnico-produttive che devono essere provate dal datore di lavoro.

Quali ragioni giustificano una limitazione geografica della platea dei lavoratori in un licenziamento collettivo?
La sentenza chiarisce che ragioni generiche, come la mera dislocazione geografica o l’aggravio di costi per eventuali trasferimenti, non sono sufficienti. Le ragioni devono essere oggettive, specifiche e coerenti con il progetto di riorganizzazione, dimostrando ad esempio una reale infungibilità delle mansioni tra i lavoratori di sedi diverse.

Qual è la sanzione se un’azienda viola i criteri di scelta limitando illegittimamente la platea dei lavoratori?
La violazione dei criteri di scelta attraverso un’illegittima restrizione della platea dei lavoratori è considerata un vizio sostanziale. La conseguenza, come confermato dalla Corte, è l’applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18, comma 4, della Legge n. 300/1970, che comporta l’ordine per il datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e di risarcirgli il danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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