Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18544 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18544 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2092 -2021 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1500/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/07/2020 R.G.N. 3701/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da NOME avverso la sentenza del tribunale di Frosinone che respingeva la domanda con cui egli impugnava, insieme ad altri lavoratori,
Oggetto
R.G.N. 2092NUMERO_DOCUMENTO2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
CC
la collocazione in Cigs ed il successivo licenziamento collettivo intimato loro da RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con due motivi ai quali ha resistito la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi de ll’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il motivo è inammissibile non essendo più deducibile per cassazione tale genere di vizio (l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione). Il vizio di motivazione può essere censurato in cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 1 32, comma 2, n. 4 c.p.c. solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione ed errata applicazione delle norme di diritto atteso che l’istruttoria svolta avrebbe dimostrato in modo inequivocabile che lo stabilimento di Atessa, di Anagni, di Frosinone e Cernusco sul Naviglio costituivano un’unica società con delle filiali, come si verifica per qualsiasi grande azienda.
Il motivo è inammissibile perché non individua le norme violate, non censura interpretazioni di diritto e solleva questioni di fatto; l’unica norma che viene indicata nel corpo del ricorso è l’articolo 5 del d.lgs. 223/1991 relativo ai criteri
di scelta del personale da licenziare perché la società RAGIONE_SOCIALE nelle lettere inviate ai lavoratori non avrebbe rispettato tale norma di legge ed avrebbe indicato in modo del tutto insufficiente e quindi illegittimo il criterio di scelta dei lavoratori.
Senonché anche tale censura è del pari inammissibile perché in ogni caso generica, di fatto e priva di autosufficienza, né deduce quando sarebbe stata sollevata nelle fasi precedenti la medesima questione. Posto che la Corte d’appello ha affermato, in primo luogo, che era stata pienamente dimostrata dalla sentenza di primo grado la infungibilità dei lavoratori oggetto della procedura e che le argomentazioni su cui essa si fondava non erano state oggetto di alcuna specifica censura in fase d’appello e che comunque non era ravvisabile alcuna violazione dei criteri di scelta e delle modalità della loro applicazione atteso che secondo i consolidati insegnamenti della giurisprudenza ‘qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad una unità produttiva le esigenze di cui all’articolo 5, comma 1 della legge 223 del 1991 riferite al complesso aziendale possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare purché il datore indichi nella comunicazione ex articolo 4 comma 3 della legge 223 citata sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare le effettiva necessità dei programmati esuberi (Ordinanza numero 22.178 del 12/9/2018).
Nel caso di specie risultava chiaramente evidenziato, secondo l’accertamento effettuato dai giudici di merito, che nella lettera di apertura della procedura la limitazione alla sede di Anagni era motivata dalla contrazione del mercato dei tubi c.d. Housing e dalla decisione della casa madre di spostare in
America la produzione di tali tubi che veniva effettuata presso lo stabilimento di Anagni.
Tali circostanze, oltre che compiutamente evidenziate nella comunicazione di avvio della procedura di mobilità, erano state anche dimostrate all’esito dell ‘ espletata istruttoria.
E’ evidente quindi che tali specifici accertamenti, non solo non sono stati puntualmente censurati in ricorso, ma non sono neppure suscettibili di essere rivisitati in sede di legittimità, tanto meno in forza delle generiche doglianze sollevate contro di esse, venendo pure qui in rilievo una fattispecie di c.d. doppia conforme.
3.- In definitiva il ricorso è privo di fondamento e deve essere quindi respinto. Seguono le spese processuali a carico del soccombente secondo l’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell’art. 13 co mma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comm a 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 23.4.2024