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Licenziamento collettivo: la scelta dei lavoratori

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1824/2024, ha confermato l’illegittimità di un licenziamento collettivo in cui un’azienda aveva ingiustificatamente limitato la platea dei lavoratori da licenziare a una sola sede. La Corte ha stabilito che, in presenza di professionalità fungibili tra diverse sedi, l’azienda è tenuta a estendere la comparazione a tutto il personale con mansioni simili, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica. La violazione di questo principio non è un vizio formale, ma sostanziale, e comporta la tutela reintegratoria per il lavoratore. Il ricorso dell’azienda è stato quindi rigettato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Collettivo: La Scelta dei Lavoratori Non Può Ignorare le Altre Sedi Aziendali

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 1824 del 2024, torna a fare chiarezza su un punto cruciale del licenziamento collettivo: come definire correttamente la platea dei lavoratori tra cui scegliere chi licenziare. La decisione ribadisce un principio fondamentale: un’azienda non può limitare la scelta dei dipendenti alla sola sede interessata dalla riorganizzazione se esistono professionalità simili e fungibili in altre unità produttive, anche se geograficamente distanti.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore tecnologico, nell’ambito di una procedura di riduzione del personale, decideva di licenziare alcuni dipendenti della sua sede de L’Aquila. La motivazione addotta si concentrava esclusivamente sulla situazione di quella specifica unità produttiva. Un lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo che l’azienda avesse illegittimamente ristretto il campo di selezione, ignorando la presenza di altri dipendenti con mansioni e professionalità del tutto comparabili impiegati in altre sedi sul territorio nazionale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento e ordinando la sua reintegrazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società ricorreva in Cassazione, sollevando diverse obiezioni, tra cui l’errata applicazione delle norme sul licenziamento collettivo. Sosteneva, in sintesi, che non fosse esigibile una comparazione tra dipendenti di sedi diverse e distanti tra loro, data la complessità e i costi legati a eventuali trasferimenti. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti e condannando l’azienda al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda su un orientamento ormai consolidato, volto a garantire che le ristrutturazioni aziendali abbiano il minor impatto sociale possibile.

Le Motivazioni della Sentenza sul licenziamento collettivo

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno smontato le tesi aziendali. La Corte ha chiarito che la limitazione della platea dei dipendenti alla sola sede di L’Aquila era ingiustificata. L’istruttoria aveva dimostrato che:

1. Fungibilità delle Professionalità: Nella sede interessata erano presenti professionalità del tutto comparabili a quelle di altre sedi. I lavoratori licenziati, operanti nel settore delle telecomunicazioni, avrebbero potuto essere impiegati in altri settori (spazio, difesa, automotive) senza necessità di una formazione complessa o eccessivamente onerosa.
2. Comunicazione Standardizzata: La comunicazione di avvio della procedura era stata generica e standardizzata, basata unicamente sulla dislocazione geografica del personale, senza un’analisi approfondita delle reali esigenze tecnico-produttive e delle competenze specifiche.
3. Irrilevanza dei Costi di Trasferimento: La legge impone di valutare l’intera organizzazione aziendale per minimizzare l’impatto sociale. L’eventuale aggravio di costi per trasferire un lavoratore in un’altra sede non è una ragione sufficiente per escludere a priori la comparazione su scala nazionale.

La Corte ha specificato che la violazione dei criteri di scelta, quando si traduce in un’errata definizione della platea, non è un mero vizio formale. Si tratta, al contrario, di una violazione sostanziale che incide direttamente sulla legittimità del recesso e che, secondo la normativa applicabile, giustifica l’applicazione della tutela reintegratoria.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un monito chiaro ai datori di lavoro: una procedura di licenziamento collettivo deve essere gestita con rigore e trasparenza, partendo da un’analisi che abbracci l’intera realtà aziendale. Non è possibile creare compartimenti stagni basati su criteri puramente geografici se le mansioni e le professionalità sono intercambiabili tra le diverse unità. La corretta individuazione della platea dei lavoratori è il primo, imprescindibile passo per garantire la legittimità della procedura e il rispetto dei diritti dei lavoratori. Le aziende devono quindi effettuare una mappatura completa delle competenze interne prima di decidere quali e quanti dipendenti includere nel perimetro della selezione, pena l’illegittimità dei licenziamenti e l’obbligo di reintegrare i lavoratori.

In un licenziamento collettivo, un’azienda può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare a una sola sede geografica?
No, non può farlo se esistono professionalità comparabili e fungibili in altre sedi dell’azienda. La Corte ha stabilito che la comparazione deve avvenire su tutto il complesso aziendale per individuare i lavoratori con mansioni intercambiabili, al fine di ridurre l’impatto sociale della procedura.

Quale sanzione si applica se l’azienda viola i criteri di scelta definendo erroneamente la platea dei lavoratori?
La violazione dei criteri di scelta, come la limitazione ingiustificata della platea a una sola sede, è considerata una violazione di natura sostanziale. Per tale violazione, la legge prevede l’applicazione della tutela reintegratoria, ossia l’obbligo per l’azienda di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e di corrispondergli un risarcimento.

L’eventuale costo per il trasferimento di un lavoratore in un’altra sede è una ragione valida per escluderlo dalla comparazione?
No. La Corte ha ribadito che l’esigenza legale di assicurare il minor impatto sociale possibile prevale sulle considerazioni puramente economiche legate ai costi di trasferimento. Pertanto, l’azienda non può usare questo argomento per limitare la platea dei lavoratori da includere nella selezione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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