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Licenziamento collettivo e subappalto: i limiti

Un’azienda di ristorazione esternalizza un servizio tramite subappalto, procedendo a un licenziamento collettivo. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento, chiarendo che le deroghe previste per il “cambio appalto” non si estendono al “subappalto”, che rappresenta una libera scelta imprenditoriale e non una successione nel contratto principale. Di conseguenza, l’azienda avrebbe dovuto seguire l’intera procedura prevista dalla legge per il licenziamento collettivo.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Collettivo in caso di Subappalto: La Cassazione chiarisce le differenze con il Cambio Appalto

L’esternalizzazione di un servizio è una scelta strategica comune per molte aziende. Tuttavia, quando questa operazione comporta la cessazione di rapporti di lavoro, sorgono questioni complesse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di licenziamento collettivo seguito all’affidamento di un servizio in subappalto, tracciando una linea netta tra questa fattispecie e quella del cambio appalto. La decisione sottolinea come non sia possibile applicare le deroghe previste per il cambio appalto al subappalto, con importanti conseguenze per i datori di lavoro.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore della ristorazione collettiva decideva di esternalizzare il servizio di trasporto pasti per un presidio ospedaliero. L’operazione veniva realizzata tramite un contratto di subappalto con un’altra azienda. A seguito di questa scelta, la società appaltatrice avviava una procedura di licenziamento collettivo che coinvolgeva i lavoratori addetti al servizio esternalizzato. Uno di questi lavoratori veniva licenziato e, contestualmente, assunto dalla società subappaltatrice. Il lavoratore impugnava il licenziamento, ritenendolo illegittimo.
La Corte d’Appello dava ragione al lavoratore, condannando la società di ristorazione. Quest’ultima, non accettando la decisione, ricorreva in Cassazione.

La Questione Giuridica: Distinzione tra Subappalto e Cambio Appalto

Il nodo centrale della controversia era stabilire se le norme che prevedono una disciplina speciale per i licenziamenti in caso di “cambio appalto” potessero essere applicate anche al “subappalto”. La società ricorrente sosteneva che, poiché i lavoratori erano stati riassunti dalla nuova azienda, non si dovesse applicare la complessa procedura prevista dalla Legge 223/1991 per il licenziamento collettivo. Inoltre, cercava di inquadrare l’operazione come una cessione di ramo d’azienda o una cessione del contratto, ipotesi che avrebbero portato a conseguenze legali diverse.

La Decisione della Corte di Cassazione sul licenziamento collettivo

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza d’appello e l’illegittimità del licenziamento. I giudici hanno chiarito i confini tra le diverse figure giuridiche, fornendo principi fondamentali per la gestione di operazioni di esternalizzazione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione giuridica netta. In primo luogo, il subappalto e il cambio appalto non sono la stessa cosa. Il “cambio appalto” si verifica quando un committente sostituisce l’impresa appaltatrice con una nuova. Il “subappalto”, invece, è una scelta unilaterale dell’appaltatore, che decide di affidare a terzi una parte del proprio lavoro, mantenendo in essere il contratto originario con il committente. In questo secondo caso, non vi è alcuna cessazione del contratto d’appalto principale. Pertanto, la deroga alla procedura di licenziamento collettivo, prevista dalla legge solo per il cambio appalto, non può essere estesa per analogia al subappalto.

In secondo luogo, la Corte ha escluso che si trattasse di una “cessione di ramo d’azienda” ai sensi dell’art. 2112 c.c. Per aversi tale fattispecie, è necessario che l’entità trasferita sia un complesso di beni e persone già dotato di autonomia organizzativa e funzionale prima della cessione. Nel caso di specie, l’azienda aveva trasferito solo alcuni mezzi e il personale addetto al trasporto, ma non l’intera struttura organizzativa (soggetti preposti all’organizzazione, gestione dei turni, ecc.). Mancava quindi quel “quid preesistente” che caratterizza il ramo d’azienda.

Infine, è stata rigettata anche l’ipotesi di cessione del contratto di lavoro, poiché richiede il consenso del lavoratore ceduto, che in questo caso non era mai stato richiesto né prestato. Anzi, il rapporto di lavoro era stato interrotto con un licenziamento prima della nuova assunzione.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio cruciale: l’esternalizzazione di un servizio tramite subappalto, anche se seguita dalla riassunzione del personale da parte del subappaltatore, non esonera l’appaltatore originario dal rispettare integralmente la procedura prevista per il licenziamento collettivo, se ne ricorrono i presupposti numerici. La scelta di subappaltare è una decisione imprenditoriale i cui rischi e costi, inclusi quelli derivanti dalla gestione delle eccedenze di personale, restano a carico del datore di lavoro che la compie. Le aziende devono quindi prestare massima attenzione a non confondere istituti giuridici diversi, poiché le conseguenze in termini di tutele per i lavoratori e di sanzioni per l’impresa possono essere molto significative.

La procedura per il licenziamento collettivo si applica in caso di esternalizzazione di un servizio tramite subappalto?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, se l’esternalizzazione tramite subappalto comporta una riduzione di personale che integra i requisiti numerici della Legge 223/1991, il datore di lavoro originario è tenuto ad applicare la procedura per il licenziamento collettivo. Le deroghe previste per il cambio appalto non sono applicabili.

Qual è la differenza fondamentale tra “cambio appalto” e “subappalto” secondo la Corte?
Il “cambio appalto” implica la cessazione del contratto originario e la successione di un nuovo appaltatore scelto dal committente. Il “subappalto”, invece, è una decisione autonoma dell’appaltatore che, mantenendo il suo contratto con il committente, affida a un terzo una parte del lavoro. Non c’è successione nel contratto principale.

Quando un’esternalizzazione di servizio può essere considerata una “cessione di ramo d’azienda”?
Un’esternalizzazione si qualifica come cessione di ramo d’azienda solo quando l’oggetto del trasferimento è un’entità economica organizzata, autonoma e preesistente, che conserva la propria identità dopo la cessione. La mera cessione di mezzi strumentali e personale, senza la struttura organizzativa che li rende un’entità autonoma, non è sufficiente a integrare questa fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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