Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24920 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24920 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
26680/2024 r.g., proposto
da
NOME COGNOME elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente -ricorrente incidentale
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 382/2024 pubblicata in data 13/06/2024, n.r.g. 695/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24/06/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME aveva lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE quale operaio inquadrato nel II livello CCNL multiservizi, con orario di 36 ore settimanali, dal 04/07/2019 al 30/09/2022, quando era stato licenziato per cessazione del contratto di appalto.
OGGETTO:
licenziamento per riduzione
di personale – cessazione di
appalto
–
disciplina
applicabile – condizioni –
limiti
Deduceva che insieme a lui erano stati licenziati tutti gli altri operai impiegati nell’appalto a suo tempo affidato da RAGIONE_SOCIALE nell’area del Comune di Milano.
Lamentava che non era stata espletata la procedura del licenziamento per riduzione di personale di cui alla legge n. 223/1991; che comunque non sussisteva il motivo addotto; che la nuova appaltatrice –RAGIONE_SOCIALE -non lo aveva assunto, opponendo che egli fosse stato allontanato dal cantiere per volere della committente RAGIONE_SOCIALE. Precisava al riguardo che, diversamente, si trovava in congedo parentale su sua domanda dal 21/06/2022 al 30/09/2022.
Adìva pertanto il Tribunale di Milano per ottenere la declaratoria di nullità e/o illegittimità del licenziamento, la condanna di RAGIONE_SOCIALE alla reintegrazione nel posto di lavoro e a pagargli l’indennità risarcitoria fino all’effettiva reintegraz ione, o, in subordine, la condanna della società al pagamento dell’indennità risarcitoria in misura non inferiore a sei me nsilità.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale riteneva che, a fronte della richiesta di RAGIONE_SOCIALE di allontanare il ricorrente dall’appalto, era stato illegittimo il suo inserimento da parte di RAGIONE_SOCIALE nell’elenco dei lavoratori destinati a pa ssare alle dipendenze dell’appaltatrice subentrante, la quale si era rifiutata di assumerlo proprio in ragione della richiesta di allontanamento proveniente da RAGIONE_SOCIALE. In conclusione riteneva che il licenziamento non potesse dirsi giustificato dal motivo oggettivo addotto e quindi, ai sensi dell’art. 3, co. 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiara va risolto il rapporto di lavoro e condannava la società a pagare al ricorrente otto mensilità di retribuzione.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello in parziale accoglimento del gravame interposto dal lavoratore, dichiarava illegittimo il licenziamento del 30/09/2022 ai sensi dell’art. 10 d.lgs. n. 23/2015, dichiarava estinto il rapporto di lavoro alla predetta data, condannava la società a pagare al lavoratore l’indennità risarcitoria pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del t.f.r.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
la censura di ultrapetizione è fondata, poiché il Tribunale ha dichiarato illegittimo il licenziamento sulla base di un asserito vizio -l’illegittimo inserimento del lavoratore nell’elenco dei dipendenti che la nuova appaltatrice avrebbe dovuto assumere -non fatto valere dal lavoratore e comunque smentito dalle concordi allegazioni delle parti, secondo cui RAGIONE_SOCIALE aveva alla fine prestato il suo consenso a ll’adibizione del lavoratore al magazzino;
il Tribunale è altresì incorso nel vizio di omessa pronunzia, perché non ha deciso la questione del vizio denunziato dal lavoratore, relativa all’omessa procedura ex lege n. 223/1991, che invece rappresenta la causa petendi ;
la domanda relativa a tale vizio è fondata;
il subentro della nuova appaltatrice è stato preceduto dalla procedura prevista dall’art. 4 CCNL multiservizi, all’esito della quale con accordo del 28/09/2022 era stato previsto che i dipendenti licenziati da RAGIONE_SOCIALE sarebbero stati assunti da RAGIONE_SOCIALE
è pacifico che i dipendenti licenziati da RAGIONE_SOCIALE sono stati in numero superiore a cinque e che i licenziamenti sono tutti intervenuti a settembre 2022;
è altrettanto pacifico che il lavoratore, pur avendone fatto richiesta, non è stato riassunto da RAGIONE_SOCIALE;
alla luce di tali fatti, la tesi del lavoratore è fondata, poiché RAGIONE_SOCIALE era tenuta ad espletare la procedura di cui all’art. 24 L. n. 223/1991, in quanto tutti i licenziamenti, nell’arco di 120 giorni, erano riconducibili alla medesima riduzione di personale, conseguente alla cessazione dell’appalto di servizi a suo tempo affidato da RAGIONE_SOCIALE;
non può trovare applicazione l’art. 7, co. 4 bis, d.l. n. 248/2007, conv. in L. n. 31/2008, poiché tale norma esclude in via eccezionale l’applicazione della legge n. 223/1991 alla vicenda relativa al subentro nell’appalto di servizi a condizione che i dipendenti dell’impresa uscente siano riassunti da quella subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore, quale situazione fattuale che offre sufficiente garanzia ai lavoratori (Cass. n. 22121/2016; Cass. n. 20772/2018);
nel caso di specie, invece, l’appellante non è stato riassunto, sicché l’eccezione normativa non può operare e torna applicabile la regola generale della procedura di licenziamento per riduzione di personale prevista dall’art. 24 L. n. 223/1991;
non può essere accolta la tesi della società, secondo cui ai fini dell’eccezione sarebbe sufficiente l’esistenza della c.d. clausola sociale, ossia l’astratto diritto dei dipendenti dell’impresa uscente ad essere assunti da quella subentrante, poiché il dettato normativo è chiaro nel pretendere l’avvenuta assunzione in concreto a parità di condizioni economiche e normative;
neppure rileva il fatto che l’appellante sia stato l’unico a non essere stato riassunto, poiché l’art. 7, co. 4 bis, cit. non distingue a seconda del numero dei lavoratori non assunti dall’impresa subentrante;
né l’inadempimento di quest’ultima può ridondare a danno del lavoratore, facendo venir meno per lui le tutele apprestate dall’ordinamento; sarà RAGIONE_SOCIALE semmai a poter agire nei confronti dell’impresa subentrante per far valere eventuali profili di responsabilità risarcitoria;
tuttavia le conseguenze della mancata osservanza della procedura prevista dall’art. 24 L. n. 223/1991 non sono quelle invocate dall’appellante;
il recesso datoriale non può ritenersi nullo, ma solo illegittimo, con conseguente tutela indennitaria ex art. 3, co. 1, d.lgs. n. 23/2015;
ciò si ricava in primo luogo dall’art. 10 d.lgs. n. 23 cit., che prevede l’applicazione del regime sanzionatorio della nullità ex art. 2 d.lgs. cit. solo nel caso di ‘ licenziamento collettivo … intimato senza l’osservanza della forma scritta ‘, mentre poi dispone che ‘in caso di violazione delle procedure … o dei criteri di scelta … si applica il regime di cui all’art. 3, coma 1’;
l’omesso espletamento della procedura si traduce da un lato nella violazione degli obblighi di comunicazione e di esame congiunto con le organizzazioni sindacali, e dall’altro nella violazione dei criteri di scelta e quindi si applica la tutela indennitaria, trattandosi di fattispecie -radicale omissione della procedura di licenziamento collettivo –
equivalente quanto agli effetti a quelle espressamente previste dall’art. 10 cit.;
lo stesso regime peraltro vale per i dipendenti assunti prima del 07/03/2025, per i quali l’art. 5, co. 3, L. n. 223/1991 prevede che si applica la tutela reintegratoria ‘piena’ soltanto nel caso di licenziamento ‘ intimato senza l’osservanza della forma scritta ‘, mentre per tutti gli altri vizi si ha la sola illegittimità del licenziamento;
argomenti convergenti in tal senso derivano anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 22/2024, secondo cui le ipotesi di nullità virtuale sono rimesse all’individuazione dell’interprete ai sensi dell’art. 1418 c.c.;
tale ultima norma prevede che il contrasto con norma imperativa determini la nullità ‘ salvo che la legge disponga diversamente ‘;
in tal caso è proprio l’art. 10 d.lgs. n. 23 cit. la ‘legge’ che dispone diversamente, poiché sottrae la violazione dell’art. 24 L. n. 223/1991 al regime della tutela reintegratoria, prevedendo solo quella indennitaria, sicché si tratta di violazione di una norma imperativa che non determina la nullità, ma la sola illegittimità del licenziamento.
4.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso ed a sua volta ha proposto ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- In via preliminare va evidenziato che è necessario esaminare dapprima il ricorso incidentale, sia pure condizionato, in quanto pone una questione di carattere pregiudiziale rispetto al ricorso principale. In tal senso questa Corte ha già affermato che il ricorso incidentale condizionato, proposto dalla parte su questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente fase di merito, può essere esaminato e deciso con priorità, senza tenere conto della sua subordinazione all’accoglimento del ricorso principale, quando sia fondato su una ragione più liquida che consenta di modificare l’ordine delle questioni da trattare, in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di
economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost. (Cass. n. 967172018; in senso analogo v. Cass. ord. n. 14039/2021 e Cass. ord. n. 2805/2022).
RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO
3.- Con un unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la società ricorrente incidentale lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 24, co. 1, L. n. 223/1991 e 7, co. 4 bis, d.l. n. 248/2007, conv. in L. n. 31/2008 per avere la Corte territoriale ritenuto che sussistessero in concreto i requisiti numerici per l’applicazione del regime gen erale del licenziamento collettivo, senza considerare che soltanto l’appellante non era stato riassunto, mentre tutti gli altri sì.
Il motivo è fondato.
L’art. 7, co. 4 bis, d.l. n. 248/2007, conv. in L. n. 31/2008, dispone: ‘ Nelle more della completa attuazione della normativa in materia di tutela dei lavoratori impiegati in imprese che svolgono attività di servizi in appalto e al fine di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative ‘ .
La Corte territoriale ha accertato -in fatto (v. sentenza impugnata, p. 9, penultimo cpv.) -che l’unico dipendente di RAGIONE_SOCIALE addetto all’appalto (a suo tempo affidato da RAGIONE_SOCIALE) e non riassunto da RAGIONE_SOCIALE era stato l’odierno ric orrente principale.
Orbene, se si sposa l’interpretazione data dai Giudici d’appello all’art. 7, co. 4 bis, d.l. n. 248/2007 cit., nondimeno deve evidenziarsi che la prospettiva ‘collettiva’ fa da sfondo anche a tale norma. Ossia l’eccezione ivi prevista alla generale disciplina del licenziamento collettivo postula pur sempre che anche la riassunzione presso l’impresa subentrante sia avvenuta in termini ‘collettivi’. Ne deriva che a contrario -quell’eccezione deve ritenersi
insussistente, con conseguente riespansione della disciplina generale del licenziamento collettivo, soltanto nel caso in cui la riassunzione sia mancata almeno per cinque dipendenti. Solo a tale condizione, infatti, viene meno quella ‘ garanzia collettiva ‘ per i dipendenti dell’impresa uscente (di cui vi è cenno nei precedenti di legittimità citati dalla Corte territoriale), altrimenti idonea a giustificare l’esclusione del regime generale del licenziamento collettivo.
Questa Corte ha già affermato che in caso di licenziamento per cessazione dell’appalto, l’esclusione dell’applicazione della procedura di cui all’art. 24 della legge n. 223/1991, espressamente prevista dall’art. 7, co. 4 bis, del d.l. n. 348/2007 (introdotto dalla legge di conversione n. 31/2008), presuppone la necessaria riassunzione del lavoratore nell’azienda subentrante, a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, o a seguito di accordi collettivi con le predette organizzazioni (Cass. n. 20772/2018). Ma in quel caso la sentenza di merito -confermata in sede di legittimità -aveva ritenuto applicabile la disciplina di cui alla legge n. 223/1991 (e quindi insussistente l’eccezione prevista dall’art. 7 co. 4 bis, cit.) perché, verificatosi il subentro nell’appalto dei servizi di manutenzione degli immobili di una Provincia ed il licenziamento dei lavoratori addetti, la società subentrante aveva proposto ai dipendenti la stipulazione di un contratto a tempo parziale e non a tempo pieno come quello precedente. Quindi era mancata la ‘riassunzione collettiva’ alle medesime condizioni di quelle precedenti (per analoga conclusione v. Cass. n. 22121/2016) ed era proprio in ragione di questa vicenda pur sempre ‘collettiva’ che questa Corte ha ritenuto conforme a diritto l’affermata applicabilità della disciplina del licenziamento per riduzione di personale di cui alla legge n. 223/1991, con esclusione dell’eccezione prevista dall’art. 7, co. 4 bis, cit.
Laddove il dipendente non riassunto dall’impresa subentrante sia invece uno soltanto -come nel caso di specie -viene meno in radice la possibilità di riespansione della disciplina del licenziamento collettivo, perché la res controversa si riduce ad un solo rapporto di lavoro, mentre quella disciplina presuppone pur sempre che la vicenda sottoposta al sindacato giurisdizionale sia costituita da almeno cinque licenziamenti. In tal caso si tratterà allora di
un licenziamento individuale, sottoposto al sindacato giurisdizionale in relazione al giustificato motivo (oggettivo) addotto, da svolgere ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966 .
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio per l’esame di tale domanda, che pure era stata avanzata dal lavoratore in primo grado.
RICORSO PRINCIPALE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per insanabile illogicità e contraddittorietà della motivazione per avere la Corte territoriale equiparato l’omissione della procedura alla violazione procedurale e alla violazione dei criteri di scelta.
Il motivo è infondato.
Il percorso logico-giuridico della decisione è chiaramente evincibile laddove la Corte territoriale ha affermato tale equiparazione sul piano degli effetti. In relazione a tale profilo ha ritenuto, sul piano delle conseguenze, di poter applicare il medesim o regime sanzionatorio, previsto dall’art. 10 d.lgs. n. 23 cit. In questo ragionamento non sussiste, dunque, alcuna insanabile illogicità o contraddittorietà.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 4 e 24 L. n. 223/1991, 2 e 10 d.lgs. n. 23/2015, 1418, co. 1, c.c. e 14 disp.prel.c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile il regime sanzionatorio di cui all’art. 10 d.lgs. n. 23 cit. anche all’i potesi di totale omissione della procedura prevista per i licenziamenti collettivi.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del ricorso incidentale : il Giudice di rinvio dovrà condurre il suo sindacato ai sensi dell’art. 3 L. n. 604/1966 e non della legge n. 223/1991.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione in relazione al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso principale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data