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Licenziamento cambio appalto: quando si applica?

Un lavoratore viene licenziato a seguito di un cambio appalto, poiché la nuova azienda non lo riassume. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24920/2025, chiarisce un punto fondamentale: se il mancato riassorbimento riguarda un solo dipendente, non si applica la complessa procedura del licenziamento collettivo. Il caso va invece trattato come un licenziamento individuale, valutando la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo. La Corte accoglie il ricorso dell’azienda, annullando la decisione precedente e rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione secondo i principi del licenziamento individuale.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Cambio Appalto: Quando Diventa Individuale?

Il licenziamento in caso di cambio appalto rappresenta una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, ponendo complesse sfide interpretative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento cruciale, stabilendo un principio di notevole importanza pratica: se la nuova azienda appaltatrice non riassume un solo lavoratore, la vicenda non rientra nella disciplina del licenziamento collettivo, ma deve essere gestita come un licenziamento individuale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, impiegato come operaio presso una società di gestioni e servizi, viene licenziato a causa della cessazione del contratto d’appalto che la sua azienda aveva con una grande società committente. A seguito del cambio appalto, una nuova impresa subentra nella gestione dei servizi.

La nuova società appaltatrice procede alla riassunzione di quasi tutto il personale precedentemente impiegato, ad eccezione del lavoratore in questione. Di conseguenza, la sua azienda originaria procede al licenziamento per cessazione dell’appalto. Il lavoratore impugna il licenziamento, sostenendo che l’azienda avrebbe dovuto seguire la procedura per il licenziamento collettivo prevista dalla Legge n. 223/1991, dato che tutti i dipendenti dell’appalto erano stati licenziati.

La Corte d’Appello, in seconda istanza, dà ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento per mancato rispetto della procedura collettiva e condannando la società al pagamento di una cospicua indennità risarcitoria.

La Disciplina del Licenziamento Cambio Appalto in Cassazione

La società datrice di lavoro non si arrende e presenta ricorso in Cassazione. Il punto centrale della sua difesa, accolto dalla Suprema Corte, riguarda l’applicabilità della disciplina del licenziamento collettivo.

La legge (art. 7, co. 4 bis, d.l. n. 248/2007) prevede un’eccezione all’obbligo della procedura di licenziamento collettivo nei cambi di appalto. Questa eccezione si applica a condizione che i lavoratori vengano riassunti dalla nuova azienda subentrante a parità di condizioni, in virtù delle cosiddette “clausole sociali” previste dai contratti collettivi. La Corte d’Appello aveva ritenuto che, poiché il lavoratore non era stato riassunto, l’eccezione non potesse operare, rendendo così obbligatoria la procedura collettiva.

La Cassazione, tuttavia, ribalta questa interpretazione con un ragionamento differente. Sottolinea che la disciplina del licenziamento collettivo è pensata per gestire situazioni che coinvolgono un numero minimo di lavoratori (almeno cinque). Quando la controversia si riduce alla mancata riassunzione di un singolo dipendente, la vicenda perde la sua natura “collettiva”.

Da Collettivo a Individuale: il Principio Decisivo

Il fulcro della decisione sta qui: la res controversa, ovvero l’oggetto del contendere, si riduce a un unico rapporto di lavoro. Pertanto, la “garanzia collettiva” che giustifica l’applicazione della complessa procedura della Legge 223/1991 viene meno. La questione deve essere ricondotta nell’alveo del licenziamento individuale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte motiva la sua decisione affermando che l’eccezione prevista per il cambio appalto mira a tutelare la stabilità occupazionale attraverso la riassunzione. Se questa riassunzione avviene per la quasi totalità dei lavoratori e solo uno ne rimane escluso, il licenziamento di quest’ultimo non può attivare la procedura collettiva. La sua situazione deve essere valutata secondo le regole del licenziamento individuale, ovvero verificando se sussiste un giustificato motivo oggettivo, come previsto dalla Legge n. 604/1966. L’onere della prova di tale motivo ricade interamente sul datore di lavoro. Accogliendo il ricorso dell’azienda, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello, rinviando la causa a quest’ultima, in diversa composizione, affinché riesamini il caso applicando i principi del licenziamento individuale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza stabilisce un confine netto con importanti implicazioni pratiche per aziende e lavoratori:

1. Per le Aziende: Se in un cambio appalto la nuova impresa non riassume un numero di lavoratori inferiore a cinque, l’azienda uscente può procedere con licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, senza dover attivare la procedura di licenziamento collettivo.
2. Per i Lavoratori: Un lavoratore non riassunto in un contesto simile non potrà più invocare vizi formali legati alla procedura collettiva. La sua tutela si sposterà sulla verifica della legittimità del motivo oggettivo addotto dall’azienda per il suo specifico licenziamento.

In sintesi, la Corte di Cassazione ha ricondotto la tutela alla sua dimensione corretta: collettiva quando il problema è collettivo, individuale quando riguarda un singolo rapporto di lavoro.

In un cambio appalto, il licenziamento dei dipendenti è sempre considerato collettivo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se il contenzioso riguarda la mancata riassunzione di un numero di lavoratori inferiore a cinque (nel caso di specie, uno solo), la vicenda non rientra nella disciplina del licenziamento collettivo ma va trattata come licenziamento individuale.

Cosa succede se la nuova azienda appaltatrice decide di non riassumere un solo lavoratore?
In questo caso, il licenziamento intimato dall’azienda uscente a quel singolo lavoratore viene considerato un licenziamento individuale. Non è necessario seguire la procedura prevista dalla Legge n. 223/1991 per i licenziamenti collettivi.

Quale legge si applica per valutare la legittimità del licenziamento del singolo lavoratore non riassunto?
Si applica la disciplina del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 604/1966. Il giudice dovrà quindi verificare se esisteva una reale e concreta ragione economica o organizzativa che giustificasse la risoluzione di quello specifico rapporto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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