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Licenziamento cambio appalto: obbligo di repêchage

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1382/2025, ha stabilito che in caso di licenziamento per cambio appalto, l’azienda uscente conserva l’obbligo di repêchage anche se il lavoratore viene immediatamente riassunto dalla nuova azienda appaltatrice. La riassunzione è una tutela aggiuntiva e non sostituisce gli obblighi del precedente datore di lavoro, il cui recesso è soggetto alle regole del licenziamento individuale e non a quelle del licenziamento collettivo.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento Cambio Appalto: la Cassazione conferma l’Obbligo di Repêchage

Il licenziamento in caso di cambio appalto è una tematica complessa che genera spesso dubbi sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1382/2025) ha fornito un chiarimento cruciale: anche se il lavoratore viene immediatamente riassunto dalla nuova azienda appaltatrice, il datore di lavoro uscente non è esonerato dall’obbligo di repêchage. Analizziamo questa importante decisione.

Il caso: licenziamento e immediata riassunzione

I fatti riguardano un lavoratore licenziato da una società di servizi a seguito della perdita di un appalto presso un aeroporto. Conformemente a quanto previsto dal contratto collettivo, il lavoratore è stato subito riassunto dalla nuova società subentrante, mantenendo le medesime condizioni contrattuali.

Nonostante la continuità lavorativa, il dipendente ha impugnato il licenziamento, sostenendo che l’azienda uscente avesse violato l’obbligo di repêchage, ovvero il dovere di verificare la possibilità di ricollocarlo in altre posizioni all’interno della propria organizzazione aziendale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, pur riducendo l’entità del risarcimento in secondo grado proprio in virtù della rapida riassunzione.

La questione giuridica e la decisione della Cassazione sul licenziamento per cambio appalto

La società uscente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due punti:
1. Il licenziamento, coinvolgendo più lavoratori, doveva essere considerato collettivo e non individuale, escludendo così l’obbligo di repêchage.
2. La riassunzione da parte del nuovo appaltatore garantiva già la tutela del posto di lavoro, rendendo superflua e ingiustificata un’ulteriore tutela nei confronti del vecchio datore di lavoro.

La Suprema Corte ha rigettato completamente il ricorso, stabilendo principi chiari e fondamentali in materia.

La tutela della riassunzione è aggiuntiva, non sostitutiva

Il punto centrale della decisione è che la tutela offerta dalle clausole sociali dei contratti collettivi, che prevedono il passaggio dei dipendenti al nuovo appaltatore, è una garanzia aggiuntiva per il lavoratore. Essa non elimina né sostituisce le tutele previste dalla legge nei confronti del datore di lavoro che recede dal contratto. In altre parole, il licenziamento intimato dall’azienda uscente rimane un atto autonomo che deve rispettare tutte le normative vigenti, compreso l’obbligo di repêchage.

Inapplicabilità della disciplina dei licenziamenti collettivi

La Corte ha inoltre specificato che, per espressa previsione normativa (art. 7, comma 4-bis, D.L. n. 248/2007), i licenziamenti che avvengono in contesti di cambio appalto con riassunzione del personale non sono soggetti alla complessa procedura dei licenziamenti collettivi (Legge n. 223/1991). Di conseguenza, a tali recessi si applica la disciplina del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, che include, appunto, il fondamentale obbligo di verificare la possibilità di ricollocazione del dipendente.

Le motivazioni della Corte

La Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che la scelta del lavoratore di accettare una nuova occupazione presso l’azienda subentrante non può essere interpretata come una rinuncia implicita a far valere l’illegittimità del licenziamento subito. La continuità occupazionale garantita dal cambio appalto ha lo scopo di rafforzare la posizione del lavoratore, non di indebolirla privandolo del diritto di contestare un recesso ingiustificato. L’obbligo di repêchage risponde a un principio di correttezza e buona fede che il datore di lavoro deve sempre osservare prima di privare un dipendente del suo posto di lavoro. Escludere tale obbligo creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento, lasciando il lavoratore privo di una tutela fondamentale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per datori di lavoro e lavoratori

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Per i datori di lavoro, il messaggio è chiaro: in caso di perdita di un appalto, prima di procedere al licenziamento dei dipendenti addetti, è indispensabile e obbligatorio effettuare una seria e concreta verifica sulla possibilità di ricollocarli in altre funzioni aziendali. La mera esistenza di una clausola sociale che ne garantisce la riassunzione da parte del nuovo appaltatore non è sufficiente a legittimare il recesso.
Per i lavoratori, la sentenza conferma il diritto di impugnare il licenziamento per violazione dell’obbligo di repêchage, anche se hanno trovato immediata ricollocazione presso la nuova azienda. La continuità lavorativa non sana l’eventuale illegittimità del licenziamento originario.

In un cambio appalto, se il lavoratore viene riassunto dalla nuova azienda, l’azienda uscente è comunque obbligata a verificare la possibilità di repêchage?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la riassunzione da parte del nuovo appaltatore costituisce una tutela aggiuntiva per il lavoratore e non esonera il datore di lavoro uscente dall’obbligo di verificare la possibilità di una ricollocazione interna prima di procedere al licenziamento.

Il licenziamento di più lavoratori in un cambio appalto va considerato un licenziamento collettivo?
No. La sentenza chiarisce che una specifica norma (art. 7, comma 4-bis, del D.L. 248/2007) esclude l’applicazione della disciplina sui licenziamenti collettivi in questi casi, riconducendo la fattispecie nell’ambito del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo.

Un lavoratore che accetta l’assunzione presso il nuovo appaltatore rinuncia al diritto di impugnare il licenziamento ricevuto dal precedente datore di lavoro?
No. Secondo la Corte, l’accettazione di un nuovo rapporto di lavoro non costituisce di per sé una rinuncia a impugnare il precedente licenziamento. La volontà di rinunciare a un proprio diritto deve essere manifestata in modo chiaro ed esplicito, e non può essere desunta implicitamente dalla semplice accettazione di un nuovo impiego.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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