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Licenziamento agenzia investigativa: quando è legale?

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento basato sulle prove raccolte da un’agenzia investigativa. Il caso riguarda un tecnico che falsificava i rapporti di lavoro. La Corte ha stabilito che i cosiddetti “controlli difensivi” sono ammessi per proteggere il patrimonio aziendale da illeciti, distinguendoli dalla vigilanza sulla prestazione lavorativa. Anche l’uso dei dati inseriti dal lavoratore stesso su un tablet aziendale è stato ritenuto valido, in quanto strumento dell’illecito e non di controllo a distanza.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento con agenzia investigativa: la Cassazione ne conferma la legittimità

Il confine tra il diritto del datore di lavoro di proteggere la propria azienda e il diritto del lavoratore alla privacy è spesso sottile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla legittimità del licenziamento con agenzia investigativa, stabilendo quando e come le prove raccolte da investigatori privati possano essere utilizzate per giustificare un licenziamento per giusta causa. Il caso analizzato riguarda un tecnico accusato di aver falsificato i dati relativi ai suoi interventi e di aver utilizzato i beni aziendali per scopi personali.

I fatti del caso

Un tecnico specializzato, assunto da una società energetica per interventi di manutenzione sulla rete del gas, è stato licenziato per giusta causa. Le contestazioni disciplinari mosse dall’azienda erano gravi: il dipendente avrebbe falsamente attestato la sua presenza in servizio, indicato orari di intervento non veritieri, utilizzato l’auto aziendale per scopi personali e si sarebbe intrattenuto in locali pubblici durante l’orario di lavoro.

Per accertare questi comportamenti, l’azienda si era avvalsa di un’agenzia investigativa privata e aveva confrontato i risultati delle indagini con i dati che lo stesso lavoratore inseriva nel sistema informativo aziendale tramite un tablet in dotazione. Ritenendo le prove schiaccianti, la società ha proceduto con il licenziamento. Il lavoratore ha impugnato il provvedimento, sostenendo l’illegittimità dei controlli effettuati e la sproporzione della sanzione.

La questione giuridica: i controlli difensivi e l’uso di strumenti aziendali

Il cuore della controversia legale ruotava attorno a due punti principali:
1. La legittimità del ricorso a un’agenzia investigativa: il lavoratore sosteneva che tale controllo violasse le norme dello Statuto dei Lavoratori, che vietano la vigilanza sull’attività lavorativa.
2. L’utilizzabilità dei dati estratti dal tablet aziendale: secondo la difesa del dipendente, l’uso di questi dati configurava un controllo a distanza non autorizzato.

Entrambi i gradi di giudizio di merito avevano dato ragione all’azienda, spingendo il lavoratore a ricorrere in Cassazione.

Le motivazioni della Suprema Corte sul licenziamento con agenzia investigativa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la piena legittimità del licenziamento e fornendo importanti principi di diritto.

Legittimità dell’Agenzia Investigativa

La Suprema Corte ha ribadito un orientamento consolidato: il divieto di controlli sull’attività lavorativa non impedisce al datore di lavoro di effettuare i cosiddetti “controlli difensivi”. Questi controlli non sono finalizzati a verificare come il dipendente svolge le sue mansioni, ma a tutelare il patrimonio aziendale (materiale e immateriale) da comportamenti illeciti e fraudolenti. Nel caso di specie, l’indagine mirava a verificare sospetti di attività fraudolente che danneggiavano l’azienda. Pertanto, il ricorso a investigatori privati per accertare tali condotte, anche al di fuori dei locali aziendali, è stato ritenuto pienamente legittimo.

Utilizzo dei Dati dell’iPad Aziendale

Anche sull’uso del tablet, la Cassazione ha respinto le argomentazioni del ricorrente. I giudici hanno chiarito che il dispositivo non era uno strumento di controllo a distanza della prestazione, ma un mezzo di lavoro che il dipendente utilizzava per comunicare all’azienda i dati relativi alla sua attività. La condotta illecita non consisteva nel modo in cui lavorava, ma nell’aver inserito dati falsi. In questo contesto, il tablet diventava lo strumento attraverso cui l’illecito veniva commesso. I dati, forniti dallo stesso lavoratore, non erano l’esito di un controllo a distanza, ma elementi da confrontare con le prove raccolte dall’agenzia investigativa.

Irrilevanza della Mancata Affissione del Codice Disciplinare

Infine, la Corte ha giudicato irrilevante la lamentela sulla mancata affissione del codice disciplinare. Quando un comportamento è contrario non solo alle regole aziendali ma anche al “minimo etico” o a norme penali, la sua illiceità è immediatamente percepibile da chiunque (quisque de populo). Di conseguenza, non è necessaria una specifica previsione nel codice aziendale affinché tale condotta possa essere sanzionata, anche con il licenziamento.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida principi fondamentali in materia di diritto del lavoro. Per i datori di lavoro, emerge la conferma che è possibile difendere il patrimonio aziendale da condotte illecite dei dipendenti attraverso controlli mirati, anche tramite agenzie investigative, purché tali controlli non si traducano in una vigilanza costante e indiscriminata sulla prestazione lavorativa. Per i lavoratori, la decisione sottolinea che gli strumenti di lavoro forniti dall’azienda devono essere utilizzati correttamente e che la falsificazione di dati costituisce una grave violazione del rapporto fiduciario, idonea a giustificare il licenziamento per giusta causa. La sentenza chiarisce che la tutela della privacy del lavoratore non può mai essere uno scudo per coprire attività fraudolente ai danni dell’azienda.

È legale per un datore di lavoro assumere un’agenzia investigativa per controllare un dipendente?
Sì, è legale a condizione che il controllo non riguardi la normale esecuzione della prestazione lavorativa, ma sia finalizzato a verificare il sospetto di comportamenti illeciti che possono danneggiare il patrimonio aziendale (c.d. “controlli difensivi”).

I dati provenienti da un tablet o smartphone aziendale possono essere usati per un licenziamento?
Sì, se lo strumento è utilizzato dal dipendente per svolgere il proprio lavoro e i dati contestati sono quelli inseriti dal lavoratore stesso. In questo caso, il dispositivo non è considerato uno strumento di controllo a distanza, ma il mezzo con cui viene commesso l’illecito (es. inserimento di dati falsi).

Il licenziamento è valido anche se l’azienda non ha affisso il codice disciplinare?
Sì, il licenziamento è valido se la condotta del lavoratore è talmente grave da violare il cosiddetto “minimo etico” o norme di rilevanza penale. In questi casi, la consapevolezza dell’illiceità del comportamento è considerata immediata e non necessita di essere specificata nel codice disciplinare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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