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Lettore di scambio: no alla conversione del contratto

Una lettrice universitaria ha richiesto la conversione dei suoi contratti a termine in un unico rapporto a tempo indeterminato, sostenendo di essere una “collaboratrice esperta linguistica” soggetta al diritto privato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la figura del “lettore di scambio” rientra nell’ambito dell’impiego pubblico. Di conseguenza, non si applicano le norme privatistiche che sanzionano l’abuso dei contratti a termine con la conversione del rapporto.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lettore di Scambio: la Cassazione nega la Conversione del Contratto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9686 del 2024, ha affrontato un tema cruciale nel mondo del lavoro universitario: la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro del lettore di scambio e la possibilità di convertirlo in un contratto a tempo indeterminato. Questa decisione chiarisce la distinzione fondamentale tra impiego pubblico e privato all’interno degli atenei, con importanti conseguenze per i lavoratori.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di una lavoratrice che, per anni, aveva prestato servizio presso un’importante Università Statale sulla base di una serie di contratti a tempo determinato. La ricorrente sosteneva che il suo ruolo fosse, di fatto, quello di “collaboratore esperto linguistico”, una figura regolata dal diritto privato. Su questa base, chiedeva al giudice di accertare l’illegittima apposizione del termine ai contratti e, di conseguenza, di disporre la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato, oltre al risarcimento del danno.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, tuttavia, avevano respinto le sue richieste. I giudici di merito avevano qualificato il rapporto non come collaborazione linguistica di diritto privato, ma come quello di lettore di scambio, una figura professionale inserita nell’alveo dell’impiego pubblico. Questa diversa qualificazione si è rivelata decisiva per l’esito della controversia.

La qualificazione del rapporto del lettore di scambio

La difesa della lavoratrice si basava sull’idea che la successione di contratti a termine costituisse un abuso, sanzionabile secondo la normativa nazionale (D.Lgs. 368/2001) e comunitaria (Direttiva 99/70/CE). Queste norme, però, si applicano ai rapporti di lavoro di natura privatistica.

La Corte d’Appello aveva invece stabilito che il servizio prestato dalla ricorrente rientrava nella categoria del lettore di scambio, un rapporto di impiego pubblico. Questa qualificazione esclude l’applicazione della disciplina sulla conversione dei contratti, che rappresenta una tutela tipica del settore privato. Secondo i giudici, la natura pubblicistica del rapporto rendeva infondate le pretese basate sulla violazione delle norme sui contratti a termine.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso della lavoratrice. I motivi della decisione sono chiari e si fondano sulla corretta qualificazione del rapporto di lavoro.

In primo luogo, la Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo basato sulla violazione dei principi comunitari di non discriminazione. Ha stabilito che la Corte territoriale aveva correttamente identificato la tipologia di servizio prestato come quello di lettore di scambio, sancendo la natura pubblicistica del rapporto. Questa qualificazione, non contestata efficacemente dalla ricorrente, è sufficiente a escludere l’applicabilità della disciplina privatistica sulla conversione dei contratti a termine.

In secondo luogo, gli Ermellini hanno dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso. La ricorrente non era riuscita a dimostrare che i suoi contratti successivi fossero riferibili a un ruolo diverso, quello di “collaboratore esperto linguistico”, soggetto al diritto privato. L’accertamento della Corte d’Appello, secondo cui il rapporto era sempre proseguito come lettore di scambio, è rimasto quindi valido.

Infine, un ulteriore motivo è stato ritenuto inammissibile perché si riferiva a un obiter dictum della corte territoriale, ovvero un’argomentazione non essenziale per la decisione e quindi non idonea a essere oggetto di impugnazione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la distinzione tra impiego pubblico e privato è dirimente per determinare le tutele applicabili in caso di successione di contratti a termine. La figura del lettore di scambio, essendo inquadrata nell’ambito pubblicistico, sfugge alle regole sulla conversione automatica del contratto in caso di abuso, previste per il settore privato. La decisione sottolinea l’importanza di una corretta qualificazione del rapporto di lavoro fin dall’inizio, poiché da essa dipendono diritti e tutele del lavoratore. Per chi opera in questo ruolo, la sentenza chiarisce che le eventuali contestazioni sulla legittimità dei contratti a termine devono essere fondate su basi giuridiche diverse da quelle applicabili ai lavoratori del settore privato.

Un contratto come “lettore di scambio” può essere convertito in un rapporto a tempo indeterminato secondo le norme del settore privato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il rapporto di lavoro del “lettore di scambio” ha natura pubblicistica. Pertanto, non si applica la disciplina privatistica (come il D.Lgs. 368/2001) che prevede la conversione del contratto come sanzione per l’abuso di contratti a termine.

Qual è la differenza fondamentale tra “lettore di scambio” e “collaboratore esperto linguistico” ai fini della causa?
La differenza è cruciale: il “lettore di scambio” è inquadrato in un rapporto di impiego pubblico, mentre il “collaboratore esperto linguistico” è assunto con un contratto di diritto privato. Solo a quest’ultimo si applicano le tutele contro l’abuso dei contratti a termine, inclusa la conversione in un rapporto a tempo indeterminato.

Perché il controricorso dell’Università è stato dichiarato inammissibile?
Il controricorso è stato ritenuto inammissibile per un difetto di procura. Il mandato all’avvocato era stato conferito dal Rettore, mentre, secondo la giurisprudenza citata (Cass. SU n. 24876/2017), avrebbe dovuto essere conferito dal Consiglio di Amministrazione dell’Università.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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