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Lavoro volontario: quando è impiego subordinato

Un’Azienda Sanitaria Pubblica ricorre in Cassazione contro il riconoscimento del rapporto di lavoro volontario di una dottoressa come impiego subordinato. La Corte rigetta il ricorso, confermando che la presunzione di onerosità del lavoro non è superata dalla mera speranza di un vantaggio futuro e che l’ente, essendo pubblico economico, non rientra nella normativa sul volontariato puro.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Volontario: Quando Si Trasforma in un Rapporto di Lavoro Subordinato?

Il confine tra una prestazione gratuita e un vero e proprio rapporto di lavoro può essere sottile, specialmente nel settore pubblico. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un caso emblematico, offrendo chiarimenti cruciali sul tema del lavoro volontario e sulla sua possibile qualificazione come impiego subordinato, con tutte le conseguenze in termini di retribuzione. L’analisi della Corte si concentra sulla presunzione di onerosità che caratterizza il lavoro e sui limiti entro cui un ente pubblico può beneficiare di prestazioni volontarie.

I Fatti del Caso

Una dottoressa specialista in oftalmologia aveva prestato la sua attività per oltre quattro anni presso il reparto di un complesso ospedaliero, gestito da un’Azienda Sanitaria Locale (ASL). Formalmente, la sua collaborazione era inquadrata come attività volontaria. Tuttavia, la professionista ha successivamente adito le vie legali per ottenere il riconoscimento della natura subordinata del rapporto e, di conseguenza, il pagamento delle retribuzioni maturate.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla dottoressa, condannando l’ASL al pagamento. L’ente sanitario ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che non si potesse costituire un rapporto di pubblico impiego in assenza di un concorso pubblico e che la prestazione era genuinamente volontaria, basata su una semplice autorizzazione a frequentare il reparto.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ASL, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno stabilito che, sulla base delle concrete modalità di svolgimento della prestazione, il rapporto andava qualificato come lavoro subordinato. La decisione si fonda su principi consolidati del diritto del lavoro, applicati al contesto specifico del pubblico impiego.

Le Motivazioni: Presunzione di Onerosità e Impiego di Fatto nel Lavoro Volontario

La motivazione della Corte si articola su tre punti fondamentali. In primo luogo, viene ribadito il principio della presunzione di onerosità di ogni rapporto di lavoro. Spetta a chi contesta tale natura, in questo caso l’ASL, fornire la prova rigorosa della gratuità della prestazione. Questa prova non può limitarsi a un accordo formale, ma deve basarsi su circostanze oggettive e soggettive che giustifichino in modo certo la causa gratuita. La semplice speranza del lavoratore di ottenere un vantaggio futuro non pecuniario, come l’acquisizione di esperienza, non è sufficiente a vincere questa presunzione.

In secondo luogo, la Corte chiarisce che il riconoscimento non mira a costituire un rapporto di impiego pubblico a tempo indeterminato, che sarebbe illegittimo senza concorso. Piuttosto, si riconosce un rapporto di impiego di fatto ai sensi dell’art. 2126 del Codice Civile. Questa norma tutela il lavoratore garantendogli la retribuzione per il lavoro effettivamente prestato, anche se il contratto di assunzione è nullo. La tutela retributiva, quindi, prescinde dalla validità del vincolo contrattuale.

L’Inapplicabilità della Legge sul Volontariato alle ASL

Infine, la Cassazione ha escluso l’applicabilità della legge quadro sul volontariato (L. n. 266/1991) al caso di specie. La legge richiede un’attività esercitata in forma organizzata. Inoltre, e in modo dirimente, un’ASL è qualificata come ente pubblico economico, tenuto a operare secondo criteri di efficienza ed economicità, con un vincolo di bilancio. Non può quindi essere assimilata a un’organizzazione senza fini di lucro, destinataria tipica delle prestazioni di volontariato puro.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle configurate come enti pubblici economici, non possono utilizzare lo schema del lavoro volontario per eludere l’obbligo retributivo quando le modalità della prestazione sono di fatto assimilabili a un lavoro subordinato. Per i lavoratori, la sentenza rafforza la tutela del diritto alla retribuzione, confermando che la presunzione di onerosità è un baluardo difficile da superare, anche di fronte a un’apparente accettazione della gratuità motivata da future aspettative professionali.

Un’attività definita ‘volontaria’ può essere considerata lavoro subordinato?
Sì, può esserlo se le concrete modalità di esecuzione della prestazione (orari, direttive, inserimento nell’organizzazione aziendale) sono quelle tipiche del lavoro subordinato. La qualificazione formale data dalle parti non è decisiva.

La speranza di un futuro vantaggio professionale è sufficiente per considerare un lavoro gratuito?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la prospettiva di un vantaggio futuro non pecuniario (come l’esperienza o future opportunità) non è sufficiente a superare la presunzione di onerosità che assiste ogni rapporto di lavoro subordinato.

Una Pubblica Amministrazione come un’ASL può avvalersi di volontari secondo la legge quadro sul volontariato?
No, perché un’ASL è qualificata come ‘ente pubblico economico’, che opera con criteri di economicità e non come un’organizzazione senza fini di lucro. Pertanto, non rientra nel campo di applicazione della legge quadro sul volontariato (L. 266/1991).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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