Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17019 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17019 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13227/2021 R.G. proposto da:
Comune di Ferrandina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
Parziale NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO di POTENZA n. 9/2020 pubblicata il 15 luglio 2020 e notificata il 10 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha adito il Tribunale di Matera, deducendo che aveva lavorato ininterrottamente per il Comune di Ferrandina dal giugno 1999 al 31 dicembre 2004 dapprima con contratti formalmente libero professionali, quindi, dal 2000 al 2003 in forza di convenzioni libero professionali e, infine, dal giugno al dicembre 2004, con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Egli ha chiesto che:
fosse dichiarata la natura simulata dei contratti in esame, avendo egli agito come lavoratore subordinato, con riconoscimento del diritto all’assunzione a tempo indeterminato nella cat. C1 CCNL enti locali, profilo di tecnico comunale, sin dalla data di decorrenze del primo contratto, con riconoscimento dell’anzianità maturata e pagamento delle retribuzioni o del risarcimento del danno;
in via subordinata, fosse riconosciuto il diritto ex art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001 al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Matera, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 115/2017, ha condannato il Comune di Ferrandina a pagare la somma di € 3.190,57, a titolo di risarcimento del danno da abuso dei contratti a termine.
NOME COGNOME ha proposto appello.
Il Comune di Ferrandina ha proposto appello incidentale.
La Corte d’appello di Potenza ha accolto l’appello principale, aumentando l’importo dovuto a € 56.340,88, dichiarando assorbito il gravame incidentale.
Il Comune di Ferrandina ha presentato ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo parte ricorrente contesta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111 Cost. in quanto la sentenza impugnata non raggiungerebbe la soglia di esplicitazione tecnica delle ragioni del decidere che consente di ritenere realizzato il c.d. minimo costituzionale di motivazione, non avendo vagliato i rilievi critici sollevati, soprattutto dal suo CTP, nei confronti della CTU, in particolare quelli concernenti la circostanza che il controricorrente non avrebbe svolto alcuna attività prima del 1° aprile 2000 e per ulteriori sette mesi nel periodo successivo. Prospetta, altresì, la non conferenza della determina della Giunta comunale n. 154/1999, mentre il primo atto esecutivo della determina n. 145/1999 sarebbe stata una convenzione del 31 marzo 2000. Sarebbero stati violati anche i principi in tema di motivazione per relationem . La Corte d’appello di Potenza, poi, nulla avrebbe detto in ordine alle sue doglianze relative all’avvenuto riconoscimento del requisito della subordinazione.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, la corte territoriale ha motivato sui profili sopra indicati.
Ha affermato, innanzitutto, a pagina 13 della sentenza, sulla base delle prove legittimamente acquisite in primo grado, compresi i verbali delle testimonianze, che il controricorrente aveva lavorato dal 1999 al 2004 e che i rapporti di collaborazione autonoma erano simulati, venendo in rilievo veri rapporti di lavoro subordinato.
Ha rilevato, in particolare, tenendo conto delle deposizioni dei testi, che il lavoratore ‘doveva soggiacere al potere gerarchico -direttivo del datore di lavoro ‘rappresentato dai dirigenti’, svolgere i compiti del tecnico comunale senza margini di autonomia, osservare un orario di lavoro predeterminato, il tutto a fronte di una retribuzione costituita da compenso di importo fisso, tutte
circostanze dalle quale si ricavava la natura subordinata del suo rapporto di lavoro.
Stando così le cose, del tutto privo di valore è il richiamo della P.A. ricorrente alle citate determine, le quali nulla possono dire in ordine all’effettivo svolgimento del rapporto di lavoro.
Ne deriva l’inammissibilità del motivo atteso che, alla fine, pur non avendo menzionato la CTP della P.A., la corte territoriale ha valutato tutti i profili problematici segnalati.
Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., anche in combinato disposto con l’art. 115, comma 1, c.p.c., atteso che la corte territoriale non avrebbe accertato il fatto della subordinazione, ma lo avrebbe ricavato solo ‘con elevato grado di approssimazione’.
La censura è inammissibile, essendo evidente dalla mera lettura della motivazione che il giudice di appello ha ritenuto provata la subordinazione del lavoratore, avendolo affermato, ad esempio, alle pagine 12 e 13 della sentenza.
Con il terzo motivo parte ricorrente contesta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, vale a dire la circostanza che, tra un rapporto di lavoro e quello immediatamente successivo, vi fosse stata soluzione di continuità.
La doglianza è inammissibile, atteso che la corte territoriale ha ritenuto che il controricorrente avesse lavorato ininterrottamente per il Comune di Ferrandina dal giugno 1999 al 31 dicembre 2004 (cfr. pagina 11 della motivazione, ove ha rilevato che i contratti si erano succedu ti ‘senza soluzione di continuità’).
Pertanto, detta circostanza è stata valutata in appello.
4) Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in € 4.000,00 per compenso professionale ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione