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Lavoro subordinato giornalisti: la Cassazione conferma

Una società editoriale ricorre in Cassazione contro la decisione che qualificava il rapporto di sette giornalisti come lavoro subordinato. La Corte rigetta il ricorso, confermando che la continuità, l’assegnazione di una zona e le direttive redazionali sono indici sufficienti per il lavoro subordinato giornalisti, legittimando la richiesta di contributi previdenziali.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Subordinato Giornalisti: Quando la Collaborazione Diventa Dipendenza

La distinzione tra lavoro autonomo e subordinato è una delle questioni più complesse nel diritto del lavoro, specialmente per le professioni intellettuali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per qualificare il lavoro subordinato giornalisti, sottolineando come la continuità della prestazione e l’inserimento nell’organizzazione aziendale prevalgano sulla formale autonomia contrattuale.

I Fatti del Caso

Una nota società editoriale si è vista recapitare una richiesta di pagamento di oltre 300.000 euro dall’Ente Nazionale di Previdenza dei Giornalisti. La somma riguardava contributi e sanzioni non versati per sette giornalisti, il cui rapporto di lavoro, formalmente autonomo, era stato riqualificato come subordinato dall’ente a seguito di un’ispezione.

La società si era opposta, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’ente previdenziale, confermando la natura subordinata dei rapporti di lavoro. La Corte territoriale aveva evidenziato elementi chiave: i giornalisti svolgevano un’attività continuativa, avevano una zona specifica da coprire, erano in contatto quotidiano con la redazione e ricevevano precise indicazioni sulla lunghezza e le tempistiche di consegna degli articoli. Secondo i giudici di merito, questi fattori dimostravano un inserimento stabile nell’organizzazione del giornale, tipico del lavoro dipendente.

I Criteri Distintivi del Lavoro Subordinato per i Giornalisti

Insoddisfatta della decisione, la società editoriale ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici non avessero considerato la volontà negoziale delle parti e l’assenza di un vero e proprio potere di eterodirezione, ovvero il controllo diretto e pervasivo del datore di lavoro. La società sosteneva che i giornalisti operassero in autonomia, senza un vincolo gerarchico stringente.

La Posizione della Cassazione: La Subordinazione “Attenuata”

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sul concetto di lavoro subordinato giornalisti. I giudici supremi hanno spiegato che, per le prestazioni di natura intellettuale, l’assoggettamento del lavoratore alle direttive del datore di lavoro si manifesta in forma “attenuata”. Non è necessario un controllo rigido e costante; sono sufficienti altri indici, detti sussidiari, per dimostrare la subordinazione.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato una serie di elementi fattuali che, nel loro complesso, delineavano un rapporto di lavoro subordinato:

1. Continuità della Prestazione: I giornalisti fornivano la loro opera in modo non occasionale ma continuativo.
2. Organizzazione del Lavoro: Avevano una zona territoriale assegnata e l’azienda organizzava le sostituzioni durante le ferie per garantire la copertura delle notizie.
3. Contatti Quotidiani: L’invio giornaliero di notizie e i contatti costanti con la redazione indicavano un’integrazione nel ciclo produttivo del giornale.
4. Direttive Specifiche: La redazione forniva indicazioni precise sulla lunghezza degli articoli e sui tempi di consegna, limitando l’autonomia del professionista.

La Corte ha inoltre chiarito due aspetti fondamentali. Primo, il fatto che un giornalista potesse collaborare anche con altre testate non esclude la natura subordinata del rapporto, poiché l’esclusività non è un requisito essenziale. Secondo, il verbale ispettivo dell’ente previdenziale, pur non avendo valore di prova legale assoluta, è attendibile fino a prova contraria e può essere liberamente valutato dal giudice insieme alle altre prove, come le testimonianze.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione ribadisce un principio consolidato: per qualificare un rapporto di lavoro, non bisogna fermarsi al nome dato al contratto (“nomen iuris”), ma analizzare le concrete modalità di svolgimento della prestazione. Nel caso dei giornalisti e di altre professioni intellettuali, l’assenza di un controllo gerarchico oppressivo non significa automaticamente che il lavoro sia autonomo. La continuità, la predeterminazione dei compiti e l’inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale sono elementi decisivi che trasformano una collaborazione in un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, con tutte le tutele e gli obblighi contributivi che ne conseguono.

Quando il lavoro di un giornalista è considerato subordinato e non autonomo?
Secondo la Corte, il rapporto di un giornalista è subordinato quando presenta indici quali la continuità della prestazione, l’assegnazione di una zona specifica da coprire, contatti quotidiani con la redazione e la ricezione di indicazioni su lunghezza e tempi di consegna degli articoli, che dimostrano l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale.

La possibilità per un giornalista di lavorare per altri editori esclude la natura subordinata del rapporto?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che l’esclusività del rapporto non è un requisito necessario per la qualificazione del lavoro giornalistico come subordinato. La compatibilità con altre attività non inficia la natura dipendente del rapporto se sono presenti gli altri indici di subordinazione.

Che valore ha in un processo il verbale di un’ispezione dell’ente previdenziale?
Il verbale ispettivo, per le parti che non costituiscono affermazioni fidefacenti, è attendibile fino a prova contraria e viene liberamente apprezzato dal giudice insieme agli altri elementi probatori, come le dichiarazioni dei testimoni. Non determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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