Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33237 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33237 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6922-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME DE
Oggetto
Contributi previdenziali, addetti a callcenter
R.G.N. 6922/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 55/2018 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI-SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 25/08/2018 R.G.N. 8/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 25.8.2018, la Corte d’appello di Cagliari-sez. distaccata di Sassari, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS somme per contributi omessi in danno di lavoratori addetti a call-center e assunti con contratto di collaborazione coordinata a progetto;
che avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 27.9.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che le prestazioni rese dagli addetti al call-center dovessero essere qualificate come prestazioni di lavoro subordinato;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che
gravasse su di essa l’onere della prova concernente la compatibilità delle modalità di svolgimento della prestazione con la dedotta autonomia dei rapporti di lavoro a progetto;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di omesso esame circa un fatto decisivo per non avere individuato quali fossero i collaboratori per i quali il relativo rapporto avrebbe assunto le caratteristiche della prestazione di lavoro subordinato, non avendo potuto l’INPS ‘supportare probatoriamente l’assunto secondo il quale il rapporto di tutti i collaboratori presenti nel libro matricola nel periodo oggetto di ispezione venuto a configurare un rapporto di natura subordinata’ (così pag. 34 del ricorso per cassazione);
che, con riguardo al primo motivo, va premesso che la valutazione circa la sussistenza degli elementi dai quali inferire l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto, rispetto al quale il sindacato di questa Corte di cassazione è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito, di talché il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo è censurabile ex art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c. solo per ciò che riguarda l’individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, per come tipizzati dall’art. 2094 c.c., mentre è sindacabile nei limiti ammessi dall’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c. allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rappo rto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (così, tra le più recenti, Cass.
nn. 33820 del 2021 e 22846 del 2022, entrambe sulla scorta di Cass. S.U. n. 379 del 1999);
che, tanto premesso, la censura in esame si palesa inammissibile, atteso che, ad onta del riferimento a presunte violazioni degli artt. 2094 e 2222 c.c., mira piuttosto a sovvertire l’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito in ordine alla modalità con cui sono state rese le prestazioni lavorative degli addetti al call-center (cfr. pagg. 7-8 della sentenza impugnata);
che nessun rilievo in contrario può essere attribuito alle circolari del Ministero del Lavoro nn. 1/2004, 17/2006 e 4/2008, espressamente invocate alle pagg. 21-24 del ricorso per cassazione, atteso che le circolari ministeriali recanti interpretazione di una norma di legge, anche qualora contengano direttive agli uffici gerarchicamente subordinati, non costituiscono fonti di diritto, rappresentando piuttosto manifestazione di attività interna alla medesima pubblica amministrazione, destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, ma inidonea ad incidere sul rapporto sostanziale dedotto sub iudice (così, tra le innumerevoli, Cass. n. 35098 del 2022);
che il secondo motivo è infondato, atteso che la sentenza impugnata, lungi dall’aver addossato all’odierna ricorrente l’onere di provare la natura autonoma delle prestazioni de quibus , ha piuttosto affermato che, a fronte di un quadro istruttorio che deponeva univocamente per la natura subordinata della prestazione resa dagli addetti al call-center (dei quali è stata accertata la sottoposizione al potere direttivo, organizzativo, gerarchico e disciplinare: cfr. specialmente pagg. 8-9 della sentenza impugnata), non erano stati forniti elementi
idonei a suffragare la natura autonoma predicata dal nomen iuris utilizzato per la stipula dei contratti ( ibid. , pag. 9);
che il terzo motivo è palesemente inammissibile, di nuovo pretendendo una rivalutazione del materiale istruttorio in relazione al quale i giudici territoriali sono pervenuti al convincimento che il rapporto di tutti i collaboratori figuranti nel libro matricola nel periodo oggetto di ispezione sarebbe venuto a configurare un rapporto di natura subordinata, ciò che non è punto deducibile in questa sede di legittimità;
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 10.200,00, di cui € 10.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27.9.2024.