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Lavoro pubblico precario: tutela anche senza contratto

Una lavoratrice del settore forestale, impiegata da una Pubblica Amministrazione con una serie di contratti a termine non scritti, ha visto riconosciuto il suo diritto al risarcimento per l’abuso di tali contratti. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nullità dei contratti per mancanza di forma scritta non esclude la tutela contro la reiterazione abusiva, rafforzando così la protezione del lavoro pubblico precario in linea con le direttive europee. È stato invece negato il diritto a un’indennità per la mera disponibilità a lavorare.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Pubblico Precario: La Cassazione Conferma la Tutela Anche Senza Contratto Scritto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4937 del 2024, segna un punto fondamentale a favore della tutela del lavoro pubblico precario. Il principio affermato è chiaro: un lavoratore ha diritto al risarcimento per l’abuso di contratti a termine anche se questi sono nulli per mancanza della forma scritta. Questa decisione rafforza le garanzie per i dipendenti pubblici, allineando il diritto interno ai principi di effettività imposti dall’Unione Europea.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una lavoratrice forestale impiegata per anni da un’amministrazione regionale siciliana. La sua attività lavorativa si basava su una successione di rapporti a tempo determinato che, tuttavia, non erano mai stati formalizzati attraverso un contratto scritto. La lavoratrice si è rivolta al giudice chiedendo la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato e il risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione dei contratti a termine.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva respinto le richieste della lavoratrice. I giudici avevano ritenuto che i contratti fossero radicalmente nulli per mancanza della forma scritta, un requisito essenziale (ad substantiam) per tutti i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione. Secondo questa interpretazione, se un contratto è nullo sin dall’inizio, non può esistere una “reiterazione abusiva” di contratti validi. Di conseguenza, alla lavoratrice non spettava il risarcimento forfettario (il cosiddetto “danno comunitario”) previsto per questi casi, ma solo la retribuzione per il lavoro effettivamente svolto.

Le Motivazioni della Cassazione: Prevale la Tutela del Lavoro Pubblico Precario

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa visione, accogliendo il ricorso della lavoratrice. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su un principio di logica e di coerenza con il diritto dell’Unione Europea.

La normativa europea (Direttiva 1999/70/CE) ha l’obiettivo di prevenire e sanzionare l’abuso dei contratti a termine. La legge italiana, per dare attuazione a questa direttiva, ha previsto tutele specifiche, tra cui l’obbligo della forma scritta per i contratti a termine e un risarcimento agevolato per il lavoratore in caso di abuso.

Secondo la Cassazione, sarebbe paradossale e contrario allo scopo della normativa consentire a una Pubblica Amministrazione di evitare il risarcimento proprio a causa di una sua ulteriore violazione: la mancata stipulazione di un contratto scritto. In altre parole, la nullità del contratto non funge da scudo per l’amministrazione, ma rappresenta un’aggravante del suo comportamento illegittimo.

La tutela non riguarda il singolo “contratto” in senso formale, ma il “rapporto di lavoro” nel suo complesso. La mancanza della forma scritta, lungi dall’escludere l’abuso, è essa stessa un elemento che elude le norme anti-abuso, le quali mirano a garantire trasparenza e certezza sulla durata del rapporto.

Le Conclusioni della Corte

La Corte di Cassazione ha quindi enunciato un principio di diritto di fondamentale importanza: la tutela del lavoratore precario nel settore pubblico, e in particolare l’esonero dall’onere di provare il danno in caso di abuso di contratti a termine, non viene meno se i contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. Tale mancanza, infatti, costituisce essa stessa una violazione delle norme funzionali a garantire l’esigenza antiabusiva prevista dal diritto europeo.

La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio. Questa decisione rappresenta una vittoria significativa per i lavoratori del settore pubblico, confermando che le tutele contro la precarietà non possono essere vanificate da vizi formali imputabili al datore di lavoro pubblico.

Un contratto di lavoro a termine con la Pubblica Amministrazione, nullo perché non scritto, dà comunque diritto al risarcimento per abuso?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nullità del contratto per mancanza di forma scritta non elimina il diritto del lavoratore a ricevere il risarcimento del danno previsto in caso di reiterazione abusiva di rapporti a termine.

Perché la mancanza della forma scritta non esclude la tutela contro l’abuso dei contratti a termine?
Perché, secondo la Corte, negare la tutela significherebbe permettere alla Pubblica Amministrazione di beneficiare di una propria, ulteriore violazione di legge. Ciò contrasterebbe con il principio di effettività della tutela dei lavoratori imposto dalle direttive dell’Unione Europea.

Un lavoratore a chiamata ha diritto a un’indennità per la sola disponibilità a lavorare?
No. La sentenza ha chiarito che la mera disponibilità ad essere chiamati per svolgere una prestazione lavorativa non costituisce un’attività lavorativa aggiuntiva che dia diritto a una specifica retribuzione, a meno che non sia espressamente prevista dalla contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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