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Lavoro marittimo: contratto stabile vs CCNL a termine

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un lavoratore marittimo, il cui rapporto di lavoro era stato giudizialmente trasformato in tempo indeterminato. L’azienda datrice di lavoro aveva successivamente tentato di applicare un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che, di fatto, frammentava il rapporto in una serie di imbarchi a termine. La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che un rapporto di lavoro marittimo a tempo indeterminato accertato in sede giudiziale non può essere unilateralmente modificato in una serie di contratti precari attraverso l’applicazione di una disciplina collettiva. Tale condotta rappresenta un’illegittima novazione del rapporto di lavoro.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Marittimo a Tempo Indeterminato: Stabilità Reale o Precarietà Mascherata?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre un’importante chiarificazione sul concetto di lavoro marittimo a tempo indeterminato, tracciando un confine netto tra la stabilità di un rapporto di lavoro accertato giudizialmente e i tentativi di precarizzazione attraverso l’applicazione di specifiche clausole della contrattazione collettiva. La decisione analizza il caso di un lavoratore il cui contratto stabile è stato messo in discussione dalla sua stessa azienda, che pretendeva di applicare una disciplina che, di fatto, lo trasformava in una sequenza di contratti a termine. Approfondiamo i contorni di questa vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Da Contratti a Viaggio a un Rapporto Stabile

La vicenda trae origine da un rapporto di lavoro tra una compagnia di navigazione e un suo dipendente. In passato, a seguito dell’illegittimità di una serie di contratti a viaggio, un Tribunale aveva accertato e dichiarato l’esistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti. Tale sentenza, passata in giudicato, aveva quindi consolidato la posizione del lavoratore all’interno del personale “stabile” dell’azienda.

Nonostante ciò, la compagnia datrice di lavoro, in occasione di un successivo sbarco per avvicendamento, ha preteso di applicare una specifica norma del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore. Questa norma, pur definendo il contratto come “a tempo indeterminato”, ne stabiliva una durata massima di quattro mesi e ne prevedeva l’estinzione automatica al momento dello sbarco, subordinando la continuazione del rapporto a una nuova chiamata per un nuovo imbarco. Il lavoratore si è opposto a questa interpretazione, ritenendola lesiva del suo diritto a un rapporto di lavoro stabile e continuativo come sancito dal giudice.

La Questione Giuridica: Può un CCNL Modificare una Sentenza?

Il nodo cruciale della controversia risiede nel conflitto tra l’autorità di una sentenza passata in giudicato e la disciplina prevista da un contratto collettivo. La compagnia di navigazione sosteneva che, trattandosi di un rapporto di lavoro marittimo, dovesse trovare applicazione la normativa speciale del CCNL, che prevaleva sulla nozione comune di contratto a tempo indeterminato.

Di contro, il lavoratore e i giudici di merito hanno ritenuto che la pretesa aziendale costituisse un tentativo di eludere il giudicato. Applicare la disciplina del CCNL avrebbe significato trasformare un rapporto stabile e continuativo in una serie di rapporti a termine, incerti sia nella durata che nella stessa prosecuzione, realizzando di fatto una sostanziale e illegittima modifica peggiorativa del contratto (una “novazione oggettiva”).

Il Percorso Giudiziario e la Decisione sul lavoro marittimo a tempo indeterminato

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, dichiarando illegittima la condotta della compagnia di navigazione. I giudici hanno sottolineato come il rapporto, essendo stato costituito in forza di una pronuncia giudiziale che ne aveva accertato il carattere indeterminato secondo le norme di diritto comune, non potesse essere assimilato alla particolare figura contrattuale prevista dal CCNL.

La compagnia ha quindi proposto ricorso per cassazione, ma la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti e consolidando un importante principio di diritto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su argomentazioni chiare e decisive. In primo luogo, ha evidenziato che la sentenza precedente, passata in giudicato, aveva stabilito la natura del rapporto come un contratto di lavoro a tempo indeterminato di diritto comune, non assimilabile a quello previsto dall’art. 18 del CCNL di settore. Quest’ultimo, infatti, pur usando la dicitura “a tempo indeterminato”, era caratterizzato da un'”evidente precarizzazione”, dato che si estingueva ad ogni sbarco.

I giudici hanno affermato che la pretesa della compagnia di applicare retroattivamente tale disciplina contrattuale si traduceva in una “sostanziale novazione oggettiva” del rapporto, modificandolo illegittimamente in una serie di contratti a termine. La condotta dell’azienda successiva alla prima sentenza, come l’annotazione sul libretto del marittimo dell’origine giudiziale del rapporto stabile, confermava ulteriormente che il rapporto non era regolato dal CCNL invocato.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso anche per carenze procedurali, come la mancata produzione in sede di legittimità sia della sentenza passata in giudicato che del testo integrale del CCNL in questione, rendendo le argomentazioni della ricorrente assertive e non sufficientemente provate.

Le Conclusioni: Stabilità del Posto di Lavoro e Limiti della Contrattazione Collettiva

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la stabilità di un rapporto di lavoro, una volta accertata da una sentenza definitiva, non può essere erosa o svuotata di significato dall’applicazione di una disciplina collettiva che introduca elementi di precarietà. Il giudicato costituisce un punto fermo che cristallizza i diritti del lavoratore, proteggendolo da modifiche unilaterali peggiorative mascherate da un’applicazione formale del contratto collettivo. La decisione rappresenta una tutela significativa per i lavoratori del settore marittimo, garantendo che il riconoscimento di un rapporto a tempo indeterminato abbia un valore sostanziale e non meramente nominale.

Un rapporto di lavoro marittimo, dichiarato a tempo indeterminato da un giudice, può essere regolato da un CCNL che prevede contratti brevi che si estinguono con lo sbarco?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’applicazione di tale disciplina contrattuale costituirebbe una modifica illegittima e una novazione oggettiva del rapporto, trasformandolo da stabile a precario in violazione della precedente decisione giudiziale passata in giudicato.

La mancata reiscrizione del marittimo nel “turno particolare” dell’armatore costituisce un licenziamento valido?
No, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito secondo cui tale atto non equivale a un licenziamento formale per giusta causa o giustificato motivo. La continuità del rapporto di lavoro prosegue fino a un valido atto di recesso, che deve essere comunicato per iscritto e adeguatamente motivato.

Cosa accade se il datore di lavoro si rifiuta di ricevere la prestazione del dipendente, condizionando i nuovi imbarchi alla sottoscrizione di un diverso contratto?
Tale rifiuto è considerato ingiustificato. Poiché il rapporto di lavoro a tempo indeterminato continua, il lavoratore ha diritto alle retribuzioni maturate dalla data della messa in mora fino alla sua effettiva riammissione in servizio, escludendo soltanto le voci strettamente collegate all’esecuzione materiale della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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