Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21864 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21864 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24032-2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 232/2024 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 28/06/2024 R.G.N. 49/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 24032/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Torino, con la impugnata sentenza, in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in riforma della sentenza del tribunale di Torino, ha respinto le domande proposte da NOME Matteo Giovanni ed ha compensato le spese entrambi i gradi per la novità della questione.
A fondamento della sentenza la Corte ha rilevato che al lavoratore era stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di due giorni per l’assenza ingiustificata nella giornata del 26/12/2021 e del 6/1/2022 in corrispondenza delle festività infrasettimanali; il lavoratore, pur riconoscendo di non aver reso la prestazione lavorativa, aveva chiesto di dichiarare nulla e comunque illegittima la sanzione impugnata e di condannare la società convenuta alla restituzione delle somme trattenute in busta paga, assumendo, in base alla giurisprudenza intervenuta sulla legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge 90 del 1954 e dall’articolo 30, comma 8 del CCNL Imprese Servizi di Telecomunicazioni 12/11/2020, di non essere obbligato ad aderire alla richiesta di rendere la prestazione lavorativa in occasione delle festività previste ex lege o dalla contrattazione collettiva, fatta salva la giustificazione di un impedimento.
La Corte d’appello ha aggiunto che il tribunale aveva accolto la domanda del lavoratore posto che la legge n.260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954, ha attribuito il diritto soggettivo al lavoratore di astenersi dal lavoro nei giorni di festività civile e religiosa, e quindi anche per i giorni di Santo Stefano e della Epifania e che tale diritto secondo la giurisprudenza non poteva essere oggetto di deroga da parte
dei contratti collettivi, salvo specifico mandato alle organizzazioni sindacali, e fatto salvo uno specifico accordo sul punto, che nella fattispecie non poteva essere configurato posto che la clausola contrattuale opposta da RAGIONE_SOCIALE non aveva alcun valore non potendo configurare consapevolezza e volontà del lavoratore di assumere un impegno a lavorare anche nei giorni festivi.
La Corte d’appello, andando in contrario avviso, ha affermato che la clausola contrattuale conteneva invece la previsione, accettata dal lavoratore, di svolgere la prestazione lavorativa come lavoratore turnista con impiego a tempo parziale, per quattro ore al giorno sei giorni la settimana su turni avvicendati a copertura dell’arco delle 24 ore su 7 giorni la settimana dal lunedì alla domenica, secondo lo schema di turnazione allegato; e dal momento che datore di lavoro e lavoratore avevano convenuto che la prestazione di lavoro dovesse coprire i turni di 7 giorni di lavoro su 7 per 24 ore appariva evidente la loro intenzione di coprire tutti i giorni festivi e quindi anche quelli infrasettimanali.
La diversa tesi espressa dal tribunale non poteva essere seguita perché la stessa espungeva l’elemento letterale della clausola, determinante ai fini dell’accertamento della volontà delle parti; inoltre l’art. 30, comma 8 del CCNL applicato differenzia il lavoro festivo, indicandolo come quello compiuto dal lavoratore nelle domeniche, da quello dei lavoratori in turno, per i quali il giorno festivo medesimo è quello che ricorre nel giorno di riposo settimanale e negli altri giorni riconosciuti festivi.
In base allo schema di turnazione accettato e sottoscritto pareva evidente, come da un lato, lo stesso lavoratore si fosse obbligato a rendere la prestazione di lavoro secondo le scansioni temporali in esso previste e come, dall’altro, i giorni festivi (giorni di
riposo) assegnati, settimana per settimana, risultassero disgiunti da quelli inseriti nel calendario ordinario. Il significato letterale della clausola del contratto individuale, letta in combinato disposto con quella del contratto collettivo, era univoco nel senso di attribuire al datore di lavoro, che ha acquisito il consenso dal lavoratore, il potere di richiedere l’esecuzione della prestazione lavorativa nei giorni ivi indicati, indipendentemente dal fatto che gli stessi cadono, secondo il calendario, nelle festività civili e religiose.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME COGNOME COGNOME con tre motivi di ricorso ai quali ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva prima dell’udienza. Dopo la decisione, il Collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni prvisto dalla legge.
Ragioni della decisione.
1.- Con il primo motivo si deduce ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della Legge n. 260/1949 (come modificata dalla legge 90/1954), nonché dell’art. 30 del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, anche ai sensi dell’art.2113 cod. civ. La sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino risulta palesemente illogica e contraddittoria, nonché frutto della violazione o falsa applicazione sia dell’art. 2 della Legge n. 260/1949 (come modificata dalla legge 90/1954), sia dell’art. 30 del CCNL di categoria avendo il giudice di seconda istanza erroneamente ritenuto che il signor NOME nel contratto di lavoro -anzi, essendo stato costretto ad accettare il testo sottopostogli per la firma e senza possibilità di negoziarne le condizioni – che conteneva la clausola secondo la quale il lavoro si sarebbe svolto per 4 ore al giorno per 6 giorni
alla settimana su turni avvicendati a copertura dell’arco delle 24 ore su 7 giorni dal lunedì alla domenica, abbia spontaneamente e deliberatamente inteso rinunziare in via preventiva e per sempre al diritto di godere di una giornata di riposo in occasione delle festività di cui alla legge n. 260/1949 e s.m.i.
2.- Con il secondo motivo, si deduce ex articolo 360, n. 3 c.p.c. violazione o falsa applicazione dell’art. 30 del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, vigente dal 12/11/2020 avendo la Corte d’appello errato nella valutazione della disciplina collettiva del settore che si era modificata nel corso del tempo; la gravata decisione aveva del tutto omesso di prendere posizione su un punto essenziale del contenzioso, poiché aveva obliterato di considerare la portata innovativa dell’articolo 30 del CCNL di settore che costituiva un aspetto centrale della controversia configurando autonomo motivo di gravame.
2.1. I primi due motivi di ricorso possono essere affrontati unitariamente per la connessione delle censure e devono essere respinti in applicazione della giurisprudenza di legittimità che si è pronunciata sul tema del diritto al risposo nei giorni di festività infrasettimanali cui questo Collegio intende prestare adesione e dare continuità.
E’ stato infatti affermato che (Cass. n. 29907/2021) ‘ Il diritto soggettivo di astenersi dalla prestazione in occasione delle festività infrasettimanali è disponibile da parte del lavoratore, il quale può rinunciarvi in virtù di un accordo individuale con il datore di lavoro, o di accordi sindacali stipulati da RAGIONE_SOCIALE cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato, dovendosi ritenere sufficiente l’espresso richiamo nel contratto di assunzione alla disciplina normativa del contratto collettivo di categoria ove le parti sociali – nel prevedere un’articolazione
dell’orario di lavoro su tutto l’arco della settimana, giorni festivi compresi – senza negare il diritto al riposo nelle festività infrasettimanali, abbiano già preventivamente valutato le esigenze sottese al contemperamento del diritto individuale nel contesto delle peculiarità del settore di competenza.
Tale indirizzo è stato confermato di recente da Cass. n. 17383/2025 che di seguito si richiama, anche ai sensi dell’art.118 disp att. c.p.c. Detta pronuncia ha osservato: ‘ Questa Corte ha più volte esaminato la questione del diritto del lavoratore di fruire del riposo nelle giornate coincidenti con le festività di cui alla legge 27 maggio 1949 n. 260 e successive modificazioni e integrazioni e, con indirizzo risalente (Cass. n. 5712 del 1986), ha affermato che, con la normativa in tema di festività infrasettimanali (leggi n. 260 del 1949, n. 90 del 1954 e n. 54 del 1977), il legislatore ha inteso attribuire al lavoratore subordinato il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di determinate ricorrenze religiose e civili conservando la normale retribuzione giornaliera, con la conseguenza che il datore di lavoro non può pretendere che il lavoratore espleti la sua prestazione nelle giornate suddette. È possibile però che le parti, di comune intesa, stabiliscano che l’attività produttiva, e quindi la prestazione lavorativa, abbiano normale corso anche nelle giornate di festività infrasettimanale con obbligo per il datore di lavoro di corrispondere, oltre alla normale retribuzione giornaliera, anche la paga per le ore di lavoro effettivamente prestate (con la maggiorazione del lavoro festivo), atteso che il diritto al riposo in tale giornata è rinunciabile da parte del lavoratore, a differenza del diritto al riposo settimanale che non può essere oggetto di rinuncia alcuna.
Tale principio trova applicazione anche in ipotesi di festività di origine meramente contrattuale (come la festa del santo patrono). La successiva giurisprudenza (cfr. Cass. n. 4435 del 2004, n. 16634 del 2005, n. 16592 del 2015, n.22482 del 2016 e da ultimo Cass. n. 18887 del 2019) ha ribadito che la legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954, è completa e autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto di astenersi dal prestare la propria attività in determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose, il che esclude eventuali sue integrazioni analogiche o commistioni con altre discipline, mentre il d.lgs. n. 66 del 2003, emesso in attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE, nulla aggiunge alla specifica disciplina sulle festività infrasettimanali, in quanto la normativa eurounitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale e alla possibilità che esso possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica. Deve quindi ribadirsi che la rinunciabilità al riposo in occasione delle festività è rimessa all’accordo delle parti individuali (Cass. n. 16592 del 2015) o ad accordi sindacali stipulati da 00.SS cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato (Cass. n. 22482 del 2016; Cass. n. 16634 del 2005, nonché Cass. 27948 del 2017 e Cass. n. 18887 del 2019). Esaminando una fattispecie sovrapponibile a quella ora in esame, questa Corte ha chiarito che il diritto soggettivo di astenersi dalla prestazione in occasione delle festività infrasettimanali è disponibile da parte del lavoratore, il quale può rinunciarvi in virtù di un accordo individuale con il datore di lavoro, o di accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato. A tal fine, si è considerato sufficiente l’espresso richiamo nel contratto di assunzione alla disciplina normativa del contratto collettivo di categoria ove le parti sociali – nel prevedere
un’articolazione dell’orario di lavoro su tutto l’arco della settimana, giorni festivi compresi – senza negare il diritto al riposo nelle festività infrasettimanali, abbiano già preventivamente valutato le esigenze sottese al contemperamento del diritto individuale nel contesto delle peculiarità del settore di competenza (Cass. 29907 del 2021; nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva condizionato l’esigibilità della prestazione lavorativa durante le festività infrasettimanali, di un dipendente addetto a servizi di sicurezza e vigilanza presso un’azienda operante nel settore del trasporto aereo, alla prova da parte del datore di lavoro di adeguate ragioni giustificative, oggettive e soggettive, riferibili al servizio pubblico essenzial e da espletare).’
2.2. Nel caso di specie la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto appena richiamati con una pronuncia scevra da carenze logiche e vizi di motivazione.
Sotto questo ultimo aspetto neppure può ritenersi dirimente la nuova formulazione dell’art. 30 del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, vigente dal 12/11/2020, richiamata nel secondo motivo di ricorso, posto che anche la dichiarata volontà dispositiva delle parti individuali si poneva, secondo il pensiero della Corte, nel solco dell’attuazione della previsione collettiva in discorso.
3.- Col terzo motivo si sostiene ex art. 360 n. 3 la violazione o falsa applicazione dell’art. 92, comma 2 c.p.c. per avere la Corte d’appello compensato le spese dei due gradi giudizio in ragione della novità della questione trattata, che in realtà non sussisteva ed in ragione di ciò la pronuncia impugnata avrebbe dovuto essere cassata e le spese, con riferimento al giudizio di primo grado, dovevano continuare a gravare sull’odierna convenuta.
3.1. Il motivo è infondato posto che la sentenza di primo grado era stata riformata ed il ricorrente era stato soccombente in grado di appello, con conseguente riforma della relativa pronuncia di liquidazione delle spese ex art. 336,1 comma c.p.c. Inoltre, non potendo la parte vittoriosa, anche in appello, essere condannata al pagamento delle spese del primo grado la pronuncia impugnata è pure del tutto conforme all’art .92 c.p.c., essendo nella facoltà del giudice di operare la compensazione, che in mancanza di autonome censure sollevate in questa sede appare pure legittimamente esercitata.
4.- Il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.
5.Sussistono altresì le condizioni per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 3 .000,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 5.6.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME