Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13532 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 13532 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso 862-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 736/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 04/10/2019 R.G.N. 110/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
R.G.N. 862/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 11/02/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Torino confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato il diritto di NOME COGNOME licenziato dalla società RAGIONE_SOCIALE il 21 aprile 2017, dopo essere stato in CIGS nell’anno 2016- a percepire la indennità NASPI.
1.1. La Corte territoriale, premesso che era pacifica la sussistenza degli ulteriori requisiti di accesso alla NASPI (stato di disoccupazione e accredito di 13 settimane di contribuzione nel quadriennio precedente) esponeva che secondo la tesi dell’INPS non era integrato il requisito delle 30 giornate di «lavoro effettivo» negli ultimi 12 mesi, di cui alla lettera c ) dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 22/2015; detto requisito doveva interpretarsi, nell’assunto dell’Istituto, come giornate di effettiva presenza al lavoro ed era già stato temperato dall’Istituto, che, ai fini della individuazione del periodo di riferimento di 12 mesi, aveva previsto la ‘neutralizzazione’ dei periodi di assenza dal lavoro per forza maggiore o comunque non volontari, come malattia, cassa integrazione, congedi per handicap.
1.2. Il giudice dell’appello disattendeva le difese dell’INPS.
1.3. Richiamava la giurisprudenza costituzionale relativa alla indennità di mobilità (Corte cost. n. 423/1995) e quella della Corte di cassazione in punto di integrazione salariale per i lavoratori agricoli (Cass. n. 16235/2002 e Cass.
13024/2001), secondo le quali, ai fini del diritto alle prestazioni previdenziali, costituivano giornate di lavoro effettivo anche i giorni in cui, pur mancando la prestazione, sussisteva, comunque, l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e, dunque, di pagare la contribuzione, come nei casi di ferie e riposo retribuito.
1.4. Riteneva che tale soluzione dovesse essere adottata anche per la NASPI, ancorché la norma in considerazione, a differenza di altre (come l’art. 16 l. n. 223/1991 sulla indennità di mobilità), non specificasse che tra le giornate di lavoro effettivo erano compresi i periodi di sospensione del rapporto di lavoro coperti da contribuzione; la interpretazione doveva essere adottata, infatti, sulla base della ratio della disposizione normativa, dovendosi valorizzare la correlazione tra la prestazione richiesta e l’obbligo di versare la retribuzione e quindi la contribuzione.
1.5. La domanda doveva essere pertanto accolta, essendo pacifico che -neutralizzato il periodo di cassa integrazione- nell’anno 2015, considerati i giorni di assenza per ferie, festività e ROL, era integrato il requisito in contestazione.
1.6. Restavano assorbite le ulteriori osservazioni svolte dall’INPS in relazione alla motivazione subordinata svolta dal Tribunale.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’INPS, articolato in un unico motivo di censura, cui la parte privata ha resistito con controricorso.
La causa, già fissata per l’adunanza camerale del 14 novembre 2024, in relazione alla quale entrambe le parti depositavano memoria, è stata rinviata per la fissazione della udienza pubblica. Il PG ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso; il controricorrente ha depositato nuova memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di censura l’INPS ha denunciatoai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod.proc.civ.- la violazione e/o falsa applicazione dell’art.3,comma 1, lett. c) del d.lgs. 4 marzo 2015 n.22 anche in relazione all’art. 12 disp. prel.cod.civ.
4.1. La questione sottoposta a questa Corte con il ricorso è se nel computo del periodo delle 30 giornate di lavoro effettivo, di cui alla norma considerata, debbano essere comprese le giornate in cui la prestazione non è stata effettivamente resa.
4.2. In particolare, l’INPS ha contestato la decisione impugnata per avere computato come giornate di lavoro effettivo quelle retribuite nell’anno 2015 per ferie, festività e r.o.l.
4.3. L’Istituto ha svolto, poi, una serie di censure anche in merito alla possibilità di neutralizzare i periodi durante i quali il lavoratore avrebbe usufruito del contratto di solidarietà (a zero ore) così da retrodatare il periodo di riferimento nell’ambito del quale individuare i trenta giorni di lavoro effettivo sul presupposto che la Corte di appello avrebbe ritenuto che «il requisito delle trenta giornate effettive sussisterebbe sia che si neutralizzi il periodo di solidarietà (a zero ore) del 2015 sia che si considerino come ‘effettivamente lavorate’ le giornate del 2015 retribuite a titolo di ferie, festività, rol» ( v. pag. 11 del ricorso per cassazione).
Le censure sono infondate.
5.1. Va preliminarmente osservato che la decisione della Corte di appello poggia sull’unica ratio decidendi in base alla quale le giornate di ferie, festività e rol devono
considerarsi di ‘lavoro effettivo’ e sono dunque utili ad integrare il requisito di legge.
5.2. Sulla base di tale premessa, deve osservarsi che l’art. 3 del d.lgs. n. 22 del 2015, nella formulazione applicabile ratione temporis , riconosce l’indennità mensile di disoccupazione, denominata «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)», ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e presentino congiuntamente i seguenti requisiti: «a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni; b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione».
5.3. L’odierno giudizio devolve al Collegio, nuovamente, l’interpretazione del requisito delle trenta giornate «di lavoro effettivo», tipizzato dalla lettera c).
5.4. La Corte, in effetti, si è già confrontata con la disposizione in oggetto e ha ritenuto che «le trenta giornate di lavoro effettivo, nei dodici mesi precedenti l’inizio della disoccupazione, cui l’art. 3, comma 1, lett. c) del D.Lgs. nr. 22 del 2015, subordina, in concorso con altre condizioni previste dalla stessa norma, il trattamento della NASpI, sono integrate anche da giornate di ferie e/o di riposo retribuito» (Cass. nr. 22922 del 2024. Conforme, Cass. nr. 31402 del 2024).
5.5. Il principio poggia sulla considerazione che le ferie, come i riposi, rappresentano momenti connaturali al rapporto di lavoro. Durante la loro fruizione vi è piena vitalità -e quindi effettività- del rapporto stesso.
5.6. Per la Corte il «lavoro effettivo» è, dunque, sempre comprensivo di quelle ‘pause’ periodiche della prestazione lavorativa che, finalizzate al recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore, sono equiparabili alla effettiva e concreta esecuzione delle mansioni.
5.7. Le argomentazioni esposte, dalle quali non vi è ragione di discostarsi, meritano di essere ulteriormente precisate nella presente sede ove vengono in rilievo situazioni in parte diverse, poiché il lavoratore, nel periodo di riferimento (ovvero quello dei «dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione»), ha fruito non solo di giorni di ferie ma, altresì, di ‘festività’ e di ‘rol’, pause tutte che i g iudici territoriali hanno considerato utili ad integrare il requisito di legge.
5.8. In coerenza con i richiamati precedenti, la raggiunta conclusione va senz’altro condivisa.
5.9. L’art. 3 cit., pur nella sua peculiare formulazione terminologica, evoca un concetto giuridico di ‘effettività’ non coincidente con il significato, strettamente naturalistico, di una attività materialmente in essere. La prestazione di lavoro è, infatti, effettiva non solo nel momento in cui è concretamente eseguita ma durante tutte le sue pause fisiologiche ed anche quando è offerta ma, ingiustificatamente, rifiutata.
5.10. In tutte queste ipotesi, il sinallagma contrattuale resta inalterato nella sua concreta funzionalità, tanto che non vi è interruzione dell’obbligazione retributiva e di quella contributiva.
5.11. Diversamente ragionando, il lavoratore verrebbe ad essere pregiudicato, nei diritti previdenziali, pur esercitando legittime prerogative, garantite da leggi o contratti collettivi, o, ancor di più, in presenza di comportamenti unilaterali e ingiusti del datore di lavoro (basti
pensare, a tale ultimo riguardo, ad un ordine giudiziale di ricostituzione del rapporto di lavoro, non ottemperato per esclusiva volontà della parte datoriale).
Occorre precisare che differente è, invece, la situazione in presenza di eventi che, per legge, determinano una cesura temporanea del rapporto di lavoro, con sospensione delle reciproche prestazioni delle parti. Sono i casi tipici, in via esemplificativa, della maternità, infortunio e malattia ma lo sono anche quelli, per esempio, di godimento del congedo genitoriale o di permessi dal lavoro per assistere persone con handicap grave o, ancora, quelli coperti da cassa integrazione guadagni o contratti di solidarietà a zero ore.
6.1. Si tratta di eventi questi che impediscono totalmente lo svolgimento dell’attività e che -diversamente dalle ipotesi prima valutate (ferie, riposi, festività, ecc.)sospendono pure le obbligazioni principali delle parti. Casi tutti accumunati dal fatto che l’originario rapporto, per un certo periodo di tempo, entra in uno stato di quiescenza non essendo dovute né la prestazione lavorativa dal dipendente, né la retribuzione dal datore di lavoro. Durante il verificarsi di tali situazioni, dunque, il lavoro non è ‘effettivo’, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. C) d.lgs. n. 22/2015.
6.2. E tuttavia, la sospensione del rapporto di lavoro in luogo della sua estinzione per impossibilità della prestazione lavorativa, secondo la disciplina dei rapporti di durataè l’effetto della protezione che l’Ordinamento riconosce, ex art. 38 Cost., ad obiettive situazioni impeditive dello svolgimento della prestazione lavorativa per cause non imputabili al lavoratore.
6.3. In questa prospettiva, è evidente allora che anche i periodi di ‘inattività’ del sinallagma contrattuale per eventi tutelati dal Legislatore non possano ricadere in danno del lavoratore, quanto al godimento della prestazione NASpI, e
sono, perciò, ‘neutralizzati’, nel senso che di essi non si tiene conto nel computo del periodo di riferimento di dodici mesi di cui all’art.3 in commento.
6.4. In altre parole, ove nei «dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione» si sia verificata una causa di sospensione del rapporto di lavoro, il relativo periodo non è preso in considerazione (ed è, dunque, neutralizzato) ai fini della verifica del periodo di riferimento di dodici mesi, di cui alla lettera c) dell’art. 3 del d.lgs. n. 22 del 2015, in applicazione di un principio generale insito nel sistema e volto ad impedire che il lavoratore perda il diritto ad una prestazione previdenziale in una situazione tutelata dal medesimo ordinamento assicurativo.
Conclusivamente, possono enunciarsi i seguenti principi di diritto :
«In tema di accesso ai nuovi trattamenti di integrazione salariale ( cd . NASpI) ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 22 del 2015, nella formulazione antecedente alle modifiche disposte dall’art. 1, comma 171, della l. 30 dicembre 2024, n. 207 (e applicabili agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025):
il requisito delle ‘trenta giornate di lavoro effettivo’ risulta integrato -oltre che da giornate di ferie e/o di riposo retribuito- da ogni giornata che dia luogo al diritto del lavoratore alla retribuzione e alla relativa contribuzione;
ai fini del computo dei ‘dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione’ si escludono (sono neutralizzati) i periodi di sospensione del rapporto di lavoro per cause tutelate dalla legge, impeditive delle reciproche prestazioni».
8.1. La sentenza impugnata è conforme alle indicazioni che precedono e si sottrae, dunque, ai mossi rilievi.
La novità di molti profili delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio