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Lavoro dominicale: incidenza sulla retribuzione

Una società di media ha impugnato la decisione che riconosceva a un dipendente il diritto di includere la maggiorazione per il lavoro dominicale continuativo nel calcolo degli emolumenti indiretti. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la natura continuativa della prestazione era stata adeguatamente dimostrata e che l’interpretazione del contratto collettivo da parte dei giudici di merito era corretta. Di conseguenza, la maggiorazione per il lavoro domenicale deve essere considerata parte della retribuzione utile.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Domenicale Continuativo: La Cassazione Conferma l’Incidenza sulla Retribuzione Indiretta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione di grande rilevanza per molti lavoratori: l’impatto del lavoro dominicale sulla retribuzione complessiva. Nello specifico, la Corte ha stabilito che se il lavoro di domenica è svolto in modo continuativo, le relative maggiorazioni devono essere conteggiate anche per il calcolo degli emolumenti indiretti, come tredicesima e TFR. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di un lavoratore dipendente di una nota emittente televisiva. Il lavoratore chiedeva al tribunale di accertare il suo diritto a vedere incluse le maggiorazioni percepite per il lavoro prestato abitualmente di domenica nella base di calcolo della retribuzione utile per gli emolumenti indiretti. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda al pagamento di una somma calcolata da un consulente tecnico.

La società, ritenendo errata la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali che contestavano l’interpretazione delle norme del contratto collettivo e presunti vizi procedurali.

I Motivi del Ricorso e il Lavoro Domenicale

L’azienda ricorrente ha contestato la sentenza d’appello principalmente su questi punti:
1. Errata interpretazione del contratto collettivo: Secondo l’azienda, la nozione di ‘continuità’ prevista dal contratto collettivo si riferiva al riposo per la settimana corta e non all’attività di lavoro dominicale.
2. Violazione del giudicato interno: L’azienda sosteneva che un punto della decisione di primo grado, non specificamente appellato dal lavoratore, fosse diventato definitivo.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Si lamentava la mancata valutazione dell’assenza di prove sulla reale continuità della prestazione domenicale.
4. Violazione in materia di prescrizione: Si contestava il momento da cui far decorrere la prescrizione dei crediti di lavoro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello e condannando l’azienda al pagamento delle spese legali.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fornito una motivazione dettagliata per il rigetto di ciascun motivo.

Sul primo e secondo motivo, relativi all’interpretazione del contratto collettivo e al giudicato, i giudici hanno chiarito che l’interpretazione della Corte d’Appello era corretta. Inoltre, hanno escluso la formazione di un giudicato interno, poiché il lavoratore, essendo risultato completamente vittorioso in primo grado, non aveva alcun onere o interesse a impugnare incidentalmente la sentenza su aspetti motivazionali.

Il terzo motivo, che denunciava l’omesso esame della prova sulla continuità del lavoro dominicale, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte può sindacare solo la violazione di legge o un’omissione totale della motivazione, ma non può riesaminare le prove e le conclusioni di fatto a cui sono giunti i giudici di merito, i quali avevano ampiamente motivato sul perché la prestazione fosse da ritenersi continuativa.

Infine, anche il quarto motivo sulla prescrizione è stato ritenuto infondato. La Corte ha applicato il suo consolidato orientamento secondo cui, nei rapporti di lavoro non più assistiti da un regime di piena stabilità (come quelli post-riforma Fornero e Jobs Act), il termine di prescrizione dei crediti retributivi non decorre in costanza di rapporto, ma solo dalla sua cessazione. Questo perché il lavoratore potrebbe avere timore di ritorsioni nel far valere i propri diritti mentre è ancora impiegato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida principi importanti in materia di diritto del lavoro. Innanzitutto, chiarisce che il carattere non occasionale del lavoro dominicale lo rende un elemento stabile della retribuzione, che deve quindi incidere su tutti gli istituti retributivi indiretti e differiti. In secondo luogo, riafferma i limiti del sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituirsi al giudice di merito nella valutazione dei fatti. Infine, conferma una tutela cruciale per i lavoratori assunti con le normative più recenti, posticipando alla fine del rapporto di lavoro l’inizio della decorrenza della prescrizione per i crediti retributivi.

La maggiorazione per lavoro dominicale continuativo rientra nel calcolo degli emolumenti indiretti (come tredicesima o TFR)?
Sì, la Corte ha confermato che, quando la prestazione lavorativa di domenica ha carattere continuativo e non occasionale, la relativa maggiorazione retributiva deve essere inclusa nella base di calcolo degli emolumenti indiretti.

In un processo, se una parte vince in primo grado per una delle due ragioni alternative che ha proposto, deve fare appello incidentale per l’altra ragione che il giudice non ha accolto?
No, la sentenza stabilisce che la parte totalmente vittoriosa non ha l’onere di proporre impugnazione incidentale. Essendo la sua domanda principale stata accolta, non ha interesse a contestare le motivazioni del giudice di primo grado.

Per i crediti di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato dopo le riforme del 2012 e 2015, la prescrizione decorre durante il rapporto di lavoro o dalla sua cessazione?
La Corte ha ribadito che, per i rapporti di lavoro non assistiti da un regime di piena stabilità (come quelli successivi alle riforme del 2012 e 2015), il termine di prescrizione per i crediti di lavoro decorre dalla cessazione del rapporto e non in costanza di esso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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