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Lavoro domenicale: indennità aggiuntiva è dovuta

La Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoro domenicale, anche se compensato con un giorno di riposo infrasettimanale, deve essere retribuito con un’indennità aggiuntiva per la sua particolare penosità. La sentenza conferma che il sacrificio degli interessi familiari e sociali legati alla domenica merita un compenso ulteriore, un “quid pluris”, che può essere determinato dal giudice in via equitativa se non previsto dal contratto collettivo.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Domenicale: La Cassazione Conferma il Diritto a un’Indennità Aggiuntiva

Il tema del lavoro domenicale è da sempre al centro di dibattiti giuridici e sindacali. La domenica non è un giorno come gli altri: per la maggior parte delle persone rappresenta un momento dedicato alla famiglia, alle relazioni sociali e al riposo. Ma cosa succede quando le esigenze produttive richiedono di lavorare proprio in questo giorno? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31712/2024, ha ribadito un principio fondamentale: il solo riposo compensativo non basta. Per il sacrificio richiesto, al lavoratore spetta un’indennità aggiuntiva.

I Fatti del Caso: Lavoratori Turnisti e il Lavoro di Domenica

La vicenda ha origine dalla richiesta di un gruppo di lavoratori, impiegati come addetti alle pulizie presso un importante aeroporto nazionale. Questi dipendenti, inquadrati nel CCNL Multiservizi, lavoravano su turni che includevano regolarmente le domeniche. A fronte della prestazione domenicale, il contratto collettivo prevedeva un giorno di riposo compensativo durante la settimana.

Tuttavia, i lavoratori hanno ritenuto che questa soluzione non fosse sufficiente a compensare la perdita del riposo domenicale, con il conseguente sacrificio della vita personale e familiare. Si sono quindi rivolti al Tribunale, chiedendo il riconoscimento di una maggiorazione retributiva del 30% per ogni domenica lavorata. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato loro ragione, condannando l’azienda al pagamento delle somme richieste.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Lavoro Domenicale

L’azienda datrice di lavoro ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo due motivi principali: primo, che la volontà del contratto collettivo, prevedendo il riposo compensativo, fosse sufficiente a compensare i lavoratori; secondo, che la liquidazione equitativa del danno fosse stata calcolata in modo errato. La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, confermando le sentenze precedenti.

L’Insufficienza del Solo Riposo Compensativo

Il punto centrale della decisione è che la prestazione lavorativa di domenica ha una “penosità” particolare che non può essere semplicemente annullata spostando il giorno di riposo. Il riposo settimanale, per legge e per tradizione culturale, coincide di norma con la domenica per permettere al lavoratore di coltivare affetti, relazioni sociali e interessi personali in un giorno condiviso dalla collettività. Lavorare di domenica compromette questi aspetti in un modo che un riposo infrasettimanale, spesso goduto in solitudine, non può replicare.

Per questo motivo, la Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: al lavoratore spetta un “quid pluris”, ovvero “qualcosa in più” rispetto al solo riposo compensativo. Questo “qualcosa in più” serve a ristorare il disagio specifico e il sacrificio imposto.

La Valutazione Equitativa del Danno da Lavoro Domenicale

Quando il contratto collettivo non prevede una specifica indennità per il lavoro domenicale, come nel caso di specie, come si quantifica questo “quid pluris”? La Corte risponde che spetta al giudice di merito procedere a una liquidazione equitativa del danno. Si tratta di una valutazione basata su principi di giustizia e proporzionalità, che tiene conto delle circostanze del caso concreto.

Nel caso esaminato, i giudici di merito avevano riconosciuto una maggiorazione del 30% della retribuzione giornaliera. La Cassazione ha ritenuto questa valutazione incensurabile, poiché adeguatamente motivata e non palesemente irragionevole. L’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito non può essere messo in discussione in sede di legittimità se non per vizi di motivazione gravi, qui non riscontrati.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la continuità con la propria giurisprudenza (Cass. n. 21626/2013, n. 12318/2011). Il principio affermato è che il lavoro prestato di domenica, anche in caso di riposo compensativo, deve essere sempre compensato per la sua particolare penosità. Questa compensazione può consistere in benefici non necessariamente economici, ma se il contratto collettivo non prevede nulla, il giudice può intervenire determinando un’indennità economica.

Inoltre, la Corte ha specificato che l’assenza di una previsione nel CCNL non può essere interpretata come una volontà delle parti di escludere qualsiasi forma di indennizzo. Al contrario, in mancanza di una disciplina specifica, si applicano i principi generali dell’ordinamento che tutelano il lavoratore. La richiesta dei lavoratori, fondata sui disagi concreti subiti, ha correttamente portato i giudici di merito a riconoscere la maggiorazione, constatando che i turnisti percepivano la stessa retribuzione oraria dei non turnisti pur subendo un sacrificio maggiore.

Conclusioni: Cosa Cambia per Lavoratori e Aziende

Questa sentenza consolida un principio di grande importanza per la tutela dei diritti dei lavoratori. Le aziende non possono considerare il riposo compensativo come una soluzione a costo zero per il lavoro domenicale. Devono essere consapevoli che la penosità di tale prestazione richiede un ristoro aggiuntivo. Per i lavoratori, si tratta di una conferma del diritto a vedere economicamente riconosciuto un sacrificio che va oltre la mera prestazione lavorativa, incidendo profondamente sulla qualità della vita. In assenza di accordi collettivi chiari, la via giudiziaria per la liquidazione equitativa di un’indennità resta una strada percorribile e tutelata.

Il riposo compensativo in un altro giorno della settimana è sufficiente a retribuire il lavoro prestato di domenica?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il solo riposo compensativo non è sufficiente. Il lavoro domenicale comporta un sacrificio particolare in termini di vita sociale e familiare che va compensato con un “quid pluris”, ovvero un’indennità aggiuntiva.

Se il Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) non prevede un’indennità specifica per il lavoro domenicale, il lavoratore ha comunque diritto a un compenso extra?
Sì. Secondo la sentenza, anche se il CCNL tace sul punto, il lavoratore ha comunque diritto a essere compensato per la particolare penosità del lavoro domenicale. In assenza di una previsione contrattuale, il giudice può determinare tale compenso tramite una liquidazione equitativa.

Come viene calcolata l’indennità per il lavoro domenicale se non è definita dal contratto?
Il giudice la determina in via equitativa, cioè secondo un criterio di giustizia e adeguatezza al caso concreto. Nella vicenda esaminata, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano liquidato una maggiorazione del 30% della retribuzione giornaliera, ritenendola una valutazione corretta e motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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