Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14438 Anno 2024
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
Civile Ord. Sez. L Num. 14438 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29183-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 501/2022 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/10/2022 R.G.N. 282/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Torino, con la sentenza in atti, in accoglimento dell’appello principale e respingendo l’appello incidentale ha rigettato le domande proposte con il ricorso introduttivo da NOME COGNOME che aveva chiesto di
condannare la convenuta COGNOME NOME al pagamento di differenze retributive pari ad euro 16.821,37 per aver lavorato alle dipendenze della convenuta dall’8/1/2018 al 18/2/2020 con mansione di badante della di lei madre e per essersi occupata di prestare assistenza notturna a settimana alterne, sette giorni su sette, dalle 20,30 alle 8,30 (84 ore complessive) e di essere stata retribuita soltanto per le previste 40 ore alla settimana.
Il tribunale a seguito dell’istruttoria aveva condannato la convenuta a pagare alla ricorrente alla somma di euro 7.754, 85. La Corte d’appello è andata di diverso avviso, perché il rapporto di lavoro della ricorrente era un rapporto part-time al 50% talché la retribuzione, prevista dal CCNL in misura fissa mensile, andava correttamente parametrata all’attività lavorativa prestata, nell’arco del mese, in misura dimezzata. Non era inoltre contestato che la prestazione lavorativa si fosse effettivamente svolta tra le 20,30 alle 8,30. Secondo la Corte con l’individuazione, ai sensi degli artt. 11 e 15 del CCNL, di un compenso mensile fisso, per le prestazioni notturne discontinue rese nella fascia 20,00-8,00, le parti sociali avevano espresso chiaramente la volontà di sganciare la retribuzione dal numero di ore effettivamente lavorate, considerata la difficoltà di conteggiarle proprio per il carattere discontinuo dell’attività lavorativa.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME NOME NOME motivi ai quali ha resistito COGNOME NOME con controricorso.
Le parti hanno depositate memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 11 e 15 CCNL Lavoro Domestico, artt. 1346, 1375, 1366, 2099 c.c., art.36 Costituzione in
relazione all’art. 360, 1° comma n. 3 c.p.c. per quanto attiene all’equità della retribuzione in relazione alle discontinue prestazioni notturne alla persona e all’orario di lavoro.
1.1.- Il primo motivo di ricorso deve ritenersi infondato.
Deve essere ricordato in premessa che la Corte di appello non ha condiviso la lettura dell’art. 15 del CCNL fatta propria dal giudice di primo grado, secondo cui la norma collettiva sarebbe applicabile laddove la prestazione notturna discontinua superi le 54 ore settimanali, sicchè per le ore di lavoro oltre alla 54ª spetterebbe una ulteriore retribuzione da calcolare su base oraria, come straordinario; anche se nel caso concreto, secondo lo stesso tribunale, nel ricorso non era stato correttamente domandato alcun compenso per il lavoro straordinario.
1.2. Invece per la Corte d’appello, il riconoscimento di una retribuzione oraria al superamento di un monte ore riferito ad una prestazione che le parti sociali hanno comunque definito discontinua – definizione peraltro non contestata dalla parte appellata- contrasta con la ratio dell’art. 11 del CCNL, che prevede una paga mensile forfettizzata per la prestazione 20,00-8,00 e mediante la quale le parti sociali avevano espresso chiaramente la volontà di sganciare la retribuzione dal numero di ore effettivamente lavorate, considerata la difficoltà di conteggiarle proprio per il carattere discontinuo dell’attività lavorativa. Era invece condivisibile la prospettazione dell’appellante principale secondo cui la retribuzione prevista dalla tabella D per i lavoratori addetti a prestazione discontinue notturne di cura alla persona nella fascia 20,00-8,00 compensava l’intera prestazione resa nell’arco di dette 12 ore e non soltanto quella limitata alle 54 ore settimanali; fatta salva l’ipotesi di applicabilità dell’ art. 15 nei casi di particolare onerosità del lavoro discontinuo oppure quando i tempi di attesa siano minimi o comunque siano spesso interrotti per necessità di assistenza del badato,
secondo quanto afferma la giurisprudenza di legittimità in materia di straordinario nelle prestazioni discontinue.
1.3. Nel caso di specie dall’istruttoria orale, in particolare dalla testimonianza dell’altra lavoratrice che si alternava con l’appellata nell’assistenza, era emerso che la prestazione effettiva di lavoro fosse concentrata nelle ore serali ovvero nella fascia 20.30-23.30 circa ( tre ore circa) e che per il resto, salvo quando la badata durante la notte aveva necessità di andare in bagno, vi erano tempi di attesa non lavorati molto lunghi e con pochi interruzioni in cui le badanti potevano dormire. Analogamente al mattino la badata veniva aiutata ad andare in bagno e le veniva somministrate le medicine e preparata la colazione con orario di lavoro.
1.4. La prestazione lavorativa dell’appellat a era quindi caratterizzata da tempi di attesa molto molto lunghi e con rare interruzioni. E comunque le ore di prestazione effettiva settimanale erano notevolmente inferiori non soltanto alle 54 ore previste dal CCNL, ma anche alle 40 ore previste dal cont ratto di lavoro. L’appellata era stata pertanto correttamente pagata con la retribuzione mensile fissa, riproporzionata alla prestazione ciclica alternata, concordata nel contratto di assunzione.
1.5. Ad avviso di questo Collegio l’interpretazione logico sistematica della contrattazione collettiva e della normativa sul lavoro discontinuo notturno, effettuata dalla Corte di appello, appare corretta anche alla luce dei principi generali in materia di orario di lavoro e dei precedenti di questa Corte sul tema del lavoro straordinario discontinuo.
La ricorrente con la domanda svolta, pretende dopo la 54° ora di lavoro discontinuo, la paga (con pagamento del compenso a titolo di lavoro straordinario) per ciascuna ora di lavoro discontinuo, oltre quella stabilita a forfait, e mensilizzata dalla contrattazione, senza dare però la prova del concreto espletamento del lavoro o, almeno,
dell’onerosità e penosità della propria prestazione discontinua.
1.6. La Corte d’appello ha affermato invece, in sostanza, che occorra escludere le pause non lavorate -quando la badante dorme per individuare l’orario di lavoro effettivo. Ed ha accertato in fatto che la ricorrente non avesse lavorato in concreto più dell’orario di 40 ore stabilito dalle parti nel contratto individuale ed ha anzi accertato che avesse lavorato meno di 40 ore di lavoro effettivo. E che quindi il limite orario delle 54 ore stabilite dalla contrattazione collettiva dovesse essere conteggiato come orario di lavoro effettivo e non potesse essere integrato dal lavoro discontinuo; il lavoro straordinario oltre quel limite (di lavoro discontinuo) scattava perciò soltanto quando le prestazioni fossero onerose e disagevoli.
1.7. Il problema centrale sollevato dalla causa è dunque stabilire quando si possa configurare il lavoro straordinario della badante non convivente che presti lavoro discontinuo notturno.
E la risposta in base all’ordinamento non può che essere una: quando l’orario effettivo di lavoro superi l’orario normale di lavoro convenzionalmente stabilito dalle parti come lavoro effettivo (in questo caso, 40 ore di lavoro effettivo) oppure superi il limite di 54 ore di lavoro discontinuo stabilito dal CCNL con la prova di una particolare gravosità della prestazione.
1.8. Si tratta di una conclusione che risulta in linea con la giurisprudenza di legittimità che ha già affermato in altre occasioni che nell’ipotesi di lavoro discontinuo caratterizzato da attese non lavorate, durante le quali il dipendente può reintegrare con pause di riposo le energie psico-fisiche consumate, è configurabile l’espletamento di lavoro straordinario solo allorquando, malgrado detta discontinuità, sia convenzionalmente prefissato un preciso orario di lavoro
ed il relativo limite risulti in concreto superato, occorrendo, all’uopo, che venga fornita la prova relativamente a modalità e tempi del servizio prestato nell’arco di tempo compreso fra l’orario iniziale e quello finale dell’attività lavorativa, in modo da consentire di tener conto delle pause di inattività; oppure quando l’attività lavorativa prestata dal dipendente oltre il limite dell’orario massimo legale, non operante nei suoi confronti, sia, alla stregua del concreto svolgimento del rapporto di lavoro, irrazionale e pregiudizievole del bene dell’integrità fisica del lavoratore stesso ( in tali termini v. sentenza n. 7577 del 20/04/2004, sentenza n. 5049 del 26/02/2008).
1.9. Nel caso in esame mancano però entrambe le ipotesi configurate dalla giurisprudenza per il riconoscimento del lavoro straordinario nel lavoro discontinuo.
Posto che, come già detto, non è stato accertato il superamento del l’orario di lavoro convenzionalmente stabilito di 40 ore e non è stata data prova, secondo la Corte di appello, della particolare gravosità della prestazione, oltre l’orario ordinario massimo stabilito dal CCNL (54 ore ) .
2.- Con il secondo motivo si sostiene la falsa applicazione degli artt. 11, 15 e 16 CCNL lavoro domestico, art. 2697 in relazione all’art. 360, 1° comma n. 3 c.p.c. nella parte in cui si legittimerebbe la compensazione delle ore svolte in eccedenza all’orario contrattuale con la retribuzione di cui alla tabella D. Si richiama, oltre agli artt. 11 e 15 cit. , la previsione relativa al lavoro straordinario domestico stabilita dall’art.16 CCNL secondo cui è considerato lavoro straordinario quello che eccede la durata giornaliera o settimanale massima fissata nell’art. 15 comma 1, salvo che il prolungamento sia stato preventivamente concordato per recupero di ore non lavorate.
3.Con il terzo motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio – espletamento di 84 ore di lavoro
settimanali e relativa richiesta di pagamento del lavoro straordinario – in relazione all’art. 360 comma n. 5 c.p.c. perché sin dal primo grado di giudizio la domanda della lavoratrice includeva anche il diritto al pagamento delle differenze retributive a titolo di lavoro straordinario; domanda che secondo lo stesso ragionamento del tribunale avrebbe legittimato l’accoglimento del ricorso, tuttavia il giudice di prime cure aveva erroneamente affermato che la relativa domanda non fosse stata presentata.
4.- I motivi di ricorso, secondo e terzo, attengono alla domanda per lavoro straordinario e possono essere quindi affrontati unitariamente.
Essi sono inammissibili per la preliminare mancanza della domanda di compenso relativa al lavoro straordinario siccome accertata dai giudici di merito.
Il terzo motivo è anche inammissibile, perché in realtà non denuncia l’omessa valutazione di un fatto decisivo ex art 360 n. 5 c.p.c. ma la violazione ex art. 360 n. 4 c.p.c. del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.).
La censura è comunque infondata perché non coerente con la motivata interpretazione dei giudici di merito che (sia in primo, che in secondo grado) hanno confermato che nel ricorso originario mancasse la domanda sullo straordinario.
5.- Sulla scorta delle premesse, il ricorso va rigettato.
6.- Le spese processuali possono compensarsi per la novità della questione in mancanza di specifici precedenti giurisprudenziali di legittimità sulle peculiari norme collettive in tema di straordinario delle badanti non conviventi. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 26.3.2024