Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5507 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5507 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13327-2024 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4193/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/12/2023 R.G.N. 3167/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
Oggetto
R.G.N.13327/2024
COGNOME
Rep.
Ud.10/01/2025
CC
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che, con sentenza del 14 dicembre 2023, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, rigettava per intervenuta prescrizione la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero della Giustizia, avente ad oggetto la condanna del Ministero a remunerare le prestazioni di lavoro carcerario rese ininterrottamente dall’istante in qualità di detenuto presso i vari istituti penitenziari cui era stato astretto nel periodo compreso tra il 2008 ed il 2016, in con formità al disposto dell’art. 22 l. n. 354/1975, avendo viceversa percepito un trattamento economico inferiore fermo ai livelli del 1993, in assenza dell’adeguamento degli importi ivi sancito ai 2/3 del trattamento previsto dai contratti collettivi tempo per tempo in vigore;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’operatività della prescrizione quinquennale a far data dalla cessazione di ciascun rapporto periodicamente instaurato, non rilevando l’eventuale perdurante condizione di detenuto e, pertanto, estinto ogni credito risalente oltre il quinquennio antecedente il primo atto interruttivo del decorso della prescrizione, dato dalla notifica del ricorso al Ministero intervenuta il 22.12.2021, e così estinto il credito nel suo complesso, avendo la Corte medesima considerato, per essersi l’istante limitato ad affermare di aver proseguito il lavoro oltre il giugno 2016, essere maturata a quella data l’ultima quota del credito vantato;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero della Giustizia;
CONSIDERATO
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che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 112 e 132 n. 4 c.p.c., 19, n. 4, d.lgs. n. 81/2015, 2246, 2729 e 2697, comma 2, c.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost. e 6 CEDU, imputa alla Corte territoriale di essersi pronunciata in difformità rispetto a quanto allegato e provato circa lo svolgimento ininterrotto di prestazioni di lavoro anche oltre la data del giugno 2016 fondando la pronunzia su una motivazione da ritenere meramente apparente;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 434, 132, n. 4, c.p.c., 65 R.D. n. 12/1941 e 118 disp. att. c.p.c., il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’ error in procedendo dato dall’aver la Corte medesima ritenuto ammissibile il ricorso in appello proposto dal Ministero nonostante questo non facesse oggetto di specifico gravame i passaggi motivazionali su cui il primo giudice aveva fondato la pronunzia di accoglimento della domanda dell’odierno ri corrente ovvero la mancanza di prova dei plurimi ed autonomi rapporti di lavoro intercorsi tra le parti e l’operatività della sospensione del termini prescrizionale nell’ipotesi di successione tra le parti di più contratti a termine non garantiti da stabilità reale, essendosi il Ministero allora appellante limitato a ribadire l’eccezione di prescrizione senza dar prova del suo decorso attraverso la specificazione della data di cessazione dei degli asseriti plurimi rapporti o del rapporto nella sua unitarietà;
con il motivo posto sotto la seguente rubrica ‘3. sull’inammissibilità dell’appello’ che vorrebbe essere il terzo il ricorrente ribadisce le ragioni già esposte nel motivo che precede circa l’inammissibilità dell’appello del Ministero;
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che il primo motivo si rivela meritevole di accoglimento, dovendosi considerare la prestazione di lavoro carcerario riconducibile ad un rapporto di per sé unitario, a nulla rilevando le diverse mansioni svolte, le distinte strutture carcerarie ove è eseguito ed altresì gli intervalli non lavorati e dovendosi, pertanto, individuare il dies a quo della prescrizione nella data di cessazione del rapporto nel suo complesso, nella specie non dedotta e provata dal Ministero, sul quale incombeva l’onere, con conseg uente infondatezza dell’eccezione di prescrizione (cfr., da ultimo, Cass. n. 32521/2024);
che va, dunque, accolto, il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata cassata in relazione al motivo accolto e la causa, che non necessita di ulteriori accertamenti in fatto, decisa nel merito, con condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 8.036,55 oltre al maggior importo tra rivalutazione ed interessi legali dalla maturazione al saldo con attribuzione delle spese liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma a titolo di sorte di euro 8.036,55, oltre al maggior importo tra rivalutazione ed interessi legali dalla maturazione al saldo; condanna altresì il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di primo grado che liquida in euro 4.000,00 oltre accessori di legge, delle spese del giudizio di secondo grado che liquida in euro 3.500,00 oltre accessori di legge; delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi, oltre spese
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generali al 15% ed altri accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratori antistatario. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione