Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26294 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26294 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8996-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale PEC come da registri di giustizia;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, con domicilio digitale PEC come da registri di giustizia.
– controricorrente –
Oggetto
RETRIBUZIONE IMPIEGO PRIVATO
R.G.N. 8996/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 09/09/2025
CC
–
–
avverso la sentenza n. 361/2022 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 23/11/2022 R.G.N. 155/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 23 novembre 2022, la Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione resa dal Tribunale di Urbino e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero della Giustizia, avente ad oggetto la condanna del Ministero a remunerare le prestazioni di lavoro carcerario rese dall’istante in qualità di detenuto all’interno dell’istituto penitenziario con mansioni di scopino, piantone, porta vitto e magazziniere nel periodo compreso tra il dicembre 2006 e l’agosto 2010, tenendo conto dell’orario di lavoro effettivamente svolto e così delle ore di lavoro straordinario, domenicale e festivo prestate oltre che della tredicesima mensilità, dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute e del TFR.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non applicabile automaticamente, secondo quanto preteso dall’istante, l’intero trattamento retributivo previsto dai contratti collettivi dovendo la mercede per il lavoro dei detenuti essere corrisposta in base alle misure percentuali fissate dalla Commissione all’uopo istituita, nel rispetto del limite minimo fissato dalla legge, un limite di cui nella specie non è stata dedotta la violazione conseguendone il doversi considerare il trattamento percepito adeguato ex art. 36 Cost. in quanto non inferiore ai due terzi di quelle previste dal contratto collettivo,
–
–
–
–
–
identificato dalla stessa Commissione, in relazione alla natura intra muraria dell’attività svolta dall’istante, nel CCNL per il lavoro domestico e non nel diverso CCNL invocato dall’istante, ferma restando la carenza di prova quanto al lavoro straordinario ed alla mancata fruizione delle ferie nonché l’intervenuto pagamento per quote mensili conglobate con la retribuzione della tredicesima mensilità e del TFR.
Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 26 aprile 2023 e depositato PCT il 27 aprile 2023, COGNOME NOMECOGNOME prospettando tre motivi di impugnazione, e prospettando l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
In data 5 giugno 2025 il Ministero della giustizia ha depositato PCT controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. in particolare errata applicazione del contratto collettivo nazionale applicabile al caso de quo agitur.
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione di norme di legge e di contratto collettivo, imputa alla Corte territoriale l’aver erroneamente applicato alla fattispecie la disciplina posta dal CCNL per il lavoro domestico quando il CCNL di riferimento doveva essere considerato il CCNL per i sevizi di pulizia relativamente alla qualifica di operaio di II livello.
Secondo motivo. Omesso / errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex
–
–
–
–
art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. in particolare per errata valutazione delle rivendicazioni del lavoratore in merito ai salari minimi del lavoro ordinario.
Con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’aver questa erroneamente ritenuto non aver il ricorrente contestato la conformità al minimo di legge della retribuzione corrispostagli.
Terzo motivo. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. in particolare per mancata ammissione delle richieste di prova: c.t.u. e ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. del registro presenze (cd. giornaliera) da cui evincersi gli orari di lavoro del ricorrente.
Nel terzo motivo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato in relazione alla mancata considerazione di principi di prova fondanti l’ammissione, viceversa negata, di mezzi istruttori idonei a comprovare l’orario di lavoro e ffettivamente svolto.
I primi due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono esser qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, non confrontandosi l’impugnazione proposta con la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, dal momento che il ricorrente si limita qui a ribadire la propria impostazione, per la quale egli rivendica, ai fini della regolamentazione del rapporto di lavoro carcerario, l’applicazione integrale del contratto collettivo selezionato come quello ritenuto più consono all’attività svolta all’interno dell’istituto penitenziario, senza
–
neppure tentare di confutare la ricostruzione in diritto operata dalla Corte territoriale, che correttamente muove dalla specificità del lavoro carcerario disciplinato dalla legge n. 354/1975, rilevando come la determinazione del relativo trattamento economico (mercede), nel rispetto del limite minimo di legge individuato, anche ai fini dell’art. 36 Cost., nei due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro applicabili per ciascun settore di attività in cui il detenuto risulta impiegato, sia rimessa ad una commissione all’uopo istituita che, con riguardo all’attività intra muraria svolta dal ricorrente, ha espressamente individuato il contratto collettivo applicabile nel CCNL per il lavoro domestico.
Parimenti inammissibile risulta il terzo motivo, avendo questo riferimento ad una seconda ratio decidendi -la carenza di prova dell’orario di lavoro effettivamente svolto insuscettibile, stante la perdurante validità della ratio decidendi di cui sopra, di inficiare il decisum dell’impugnata sentenza, fermo restando che il motivo di impugnazione, ove anche fosse riguardato in sé, risulterebbe comunque inammissibile, dal momento che l’ordine di esibizione, ovvero il mezzo istruttorio qui invocato ai fini d ell’acquisizione del documento che attesterebbe l’orario di lavoro effettivamente svolto dal ricorrente, ha carattere residuale utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e non sia perciò volto a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della parte istante, risultando, dunque, espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito (cfr., Cass. n. 27412 del
–
–
–
2021, n. 31251 del 2021), che nella specie non vi ha dato corso in ragione del carattere meramente esplorativo della istanza.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, senza attribuzione delle spese, atteso il deposito tardivo del controricorso del Ministero.
In tema di giudizio di legittimità, il tardivo deposito del controricorso comporta la sua improcedibilità, con la conseguenza che non può tenersi conto ai fini della decisione né del controricorso stesso, né dell’eventuale memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis.1., comma 1, terzo periodo, c.p.c. (Cass., 10608 del 2025). Tali principi, trovano applicazione anche nella specie in cui ratione temporis, atteso che il ricorso è stato notificato dopo il 1° gennaio 2023, trova applicazione l’art. 370 cpc, co me novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 (cfr., Cass., n. 9501 del 2025, n. 18683 del 2024).
Si osserva, peraltro, che il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ex art. 74, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa. (Cass., 8388 del 2017).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione Lavoro del 9.9.2025
La Presidente NOME COGNOME