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Lavoro agricolo stagionale: i limiti ai contratti a termine

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15277/2024, ha chiarito i rigidi confini del lavoro agricolo stagionale per la stipula di contratti a termine. Il caso riguardava un lavoratore impiegato per decenni da un ente pubblico agricolo con contratti a tempo determinato. La Corte ha stabilito che un ente pubblico non è un imprenditore agricolo e che la deroga per stagionalità si applica solo ad attività strettamente legate a una stagione, con l’onere della prova a carico del datore di lavoro.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro Agricolo Stagionale: I Limiti ai Contratti a Termine Secondo la Cassazione

L’utilizzo dei contratti a tempo determinato nel settore agricolo è spesso legato a esigenze produttive cicliche. Tuttavia, non ogni attività in agricoltura può essere considerata stagionale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sui presupposti che legittimano la deroga alle tutele generali contro l’abuso dei contratti a termine, ponendo un faro sul concetto di lavoro agricolo stagionale e sulla natura giuridica del datore di lavoro. Questa pronuncia offre chiarimenti fondamentali per lavoratori e datori di lavoro, specialmente per gli enti pubblici che operano nel settore.

I Fatti del Caso

Un lavoratore aveva prestato servizio per un Ente di Sviluppo Agricolo, un ente pubblico, per quasi trent’anni, dal 1989 al 2017. Il rapporto di lavoro era stato scandito da una lunga serie di contratti a tempo determinato, reiterati nel tempo. Ritenendo illegittimo questo utilizzo sistematico, il lavoratore si è rivolto al Tribunale, che gli ha dato ragione, condannando l’ente al risarcimento del danno per l’abusiva successione di contratti.

L’ente ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello, la quale ha ribaltato la sentenza di primo grado. Secondo i giudici d’appello, nel settore agricolo la stagionalità non sarebbe l’unica ragione per derogare alla normativa sui contratti a termine, ritenendo sufficienti le generiche ‘caratteristiche dell’attività agricola’. Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Lavoro Agricolo Stagionale

La Suprema Corte ha accolto le ragioni del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno fissato principi di diritto cruciali per definire i limiti del contratto a termine in agricoltura.

La Natura Giuridica del Datore di Lavoro

Il primo punto dirimente riguarda la natura del datore di lavoro. La Cassazione ha chiarito che l’Ente di Sviluppo Agricolo, in quanto ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 del codice civile. Di conseguenza, non può beneficiare delle specifiche deroghe previste dalla legge per gli imprenditori agricoli privati.

L’Interpretazione Rigorosa del Lavoro Agricolo Stagionale

Il cuore della decisione risiede nella definizione di ‘attività stagionale’. La Corte ha affermato che questo concetto deve essere interpretato in senso rigoroso. La deroga alla durata massima dei contratti a termine è consentita solo per ‘situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto’.
Questo significa che non rientrano nella stagionalità quelle mansioni che, seppur svolte in un contesto agricolo, hanno carattere continuativo e si protraggono per tutto l’anno. Esempi tipici sono le attività di custodia, manutenzione e riparazione dei macchinari o di preparazione alla nuova stagione. I lavoratori addetti stabilmente a queste mansioni devono essere assunti a tempo indeterminato.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione smontando punto per punto le argomentazioni della Corte d’Appello. In primo luogo, ha ribadito che la disciplina sui contratti a termine mira a prevenire l’abuso di rapporti di lavoro precari per soddisfare fabbisogni stabili e permanenti dell’azienda. Le deroghe sono eccezioni e come tali vanno interpretate restrittivamente.

I giudici hanno specificato che l’elenco delle attività stagionali contenuto nel D.P.R. 1525/1963 è tassativo e non suscettibile di interpretazione analogica. Anche la contrattazione collettiva può individuare ulteriori attività stagionali, ma deve farlo in modo specifico e non generico.

Un altro aspetto fondamentale è l’onere della prova. Spetta al datore di lavoro dimostrare in modo inequivocabile che le mansioni affidate al lavoratore erano esclusivamente e direttamente collegate a esigenze stagionali. Tale prova deve emergere chiaramente già dalla causale indicata nel contratto di lavoro.

Infine, la Corte ha sottolineato che le leggi regionali non possono derogare alla disciplina nazionale in materia di contratti di lavoro, che rientra nella competenza esclusiva dello Stato. Pertanto, le normative siciliane invocate dall’ente non erano idonee a giustificare la successione dei contratti a termine.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un importante baluardo a tutela dei lavoratori del settore agricolo contro l’uso improprio dei contratti a termine. Le conclusioni pratiche sono chiare:

1. Distinzione tra Enti Pubblici e Imprenditori Privati: Gli enti pubblici non economici non godono delle stesse deroghe degli imprenditori agricoli privati.
2. Concetto Stretto di Stagionalità: Solo le attività intrinsecamente legate a una stagione possono giustificare un contratto a termine per ragioni stagionali. Le attività continuative richiedono un contratto a tempo indeterminato.
3. Onere della Prova sul Datore di Lavoro: È l’azienda che deve provare, in caso di contestazione, il carattere esclusivamente stagionale delle mansioni svolte dal lavoratore.

Questa sentenza impone ai datori di lavoro, specialmente quelli pubblici, una maggiore attenzione e rigore nella gestione dei rapporti di lavoro a termine, costringendoli a un’analisi puntuale delle reali esigenze aziendali prima di ricorrere a forme contrattuali precarie.

Un ente pubblico che opera in agricoltura può essere considerato un ‘imprenditore agricolo’ ai fini delle norme sul contratto a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, anche se opera nel settore agricolo, non è un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. e non può beneficiare delle deroghe specifiche previste per questi ultimi.

La ‘stagionalità’ può giustificare qualsiasi contratto a termine nel settore agricolo?
No. La stagionalità deve essere intesa in senso stretto e riguarda solo attività preordinate a un espletamento temporaneo legato a una specifica stagione. Non include mansioni continuative come manutenzione, custodia o preparazione, che proseguono per tutto l’anno.

A chi spetta l’onere di provare che le mansioni svolte rientrano in un’attività stagionale?
L’onere della prova spetta interamente al datore di lavoro. Deve dimostrare che il lavoratore è stato adibito esclusivamente ad attività con carattere genuinamente stagionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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