Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5851 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5851 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5345-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Lavoro agricolo
R.G.N. 5345/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 31/01/2024
CC
avverso la sentenza n. 2545/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/08/2018 R.G.N. 3440/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO CHE:
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Roma rigettava l’opposizione proposta da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso un verbale di accertamento dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che aveva disconosciuto, siccome fittizi, rapporti di lavoro bracciantile agricolo tra il datore COGNOME NOME e i lavoratori COGNOME NOME (suocera), COGNOME NOME e COGNOME NOME (fratelli della moglie).
Riteneva la Corte che correttamente l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avesse considerato trattarsi di collaborazione familiare, poiché COGNOME NOME aveva comunicato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE il fabbisogno di mano d’opera necessario alla coltivazione dei terreni pari a 270 giornate lavorative; aveva inoltre dichiarato agli ispettori RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che lavorava con lui anche la moglie. Il lavoro di entrambi era più che sufficiente per coprire le 270 giornate lavorative di fabbisogno, sicché la mano d’opera di suocera e cognati doveva essere superflua e i rapporti fittizi.
Avverso la sentenza, ricorrono COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME per due motivi, illustrati da memoria.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
All’adunanza il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.8, co.2 e 4 d.lgs. n.375/93, nonché contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte disconosciuto i rapporti di lavoro nonostante il procedimento ispettivo dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE fosse viziato dalla mancata effettuazione di una stima tecnica volta ad accertare il numero di giornate lavorative necessarie alla coltivazione dei terreni
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione degli artt.5 e 8 d.lgs. n.375/93. La Corte non avrebbe considerato che il fabbisogno di 270 ore comunicato da COGNOME all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE riguardava il numero di ore necessarie di lavoro bracciantile, al netto di quelle necessarie da parte dei familiari.
Il primo motivo è infondato.
Nel giudizio sul rapporto previdenziale, il verbale ispettivo viene in rilievo non nella sua natura di atto amministrativo, di cui se ne possa sindacare la legittimità come afferma il motivo, bensì come fonte di prova, liberamente valutabile dal giudice ai sensi dell’art.116 c.p.c. (Cass.14965/12). Dunque, il fatto che gli ispettori non abbiano eseguito la stima tecnica del numero di ore di lavoro necessarie al fabbisogno colturale dei terreni, lungi dal rilevare quale causa di illegittimità dell’atto, può rilevare in sede probatoria, in ordine alla valenza e attendibilità del verbale. Sul punto va peraltro precisato che la stima tecnica non costituisce prova privilegiata
rispetto ad altri elementi probatori desumibili dal verbale stesso.
Tanto premesso, la Corte nell’ambito del proprio prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie, non sindacabile nel merito se non nei limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c., ha concluso per la fittizietà dei rapporti di lavoro. Ciò ha fatto considerando il fabbisogno lavorativo dichiarato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dal datore (270 giornate), la sua dichiarazione resa in sede ispettiva sull’attività lavorativa prestata sia da lui in prima persona sia dalla moglie, e considerando infine che il lavoro dei due coniugi (300 giornate annue) era sufficiente a coprire il fabbisogno dei terreni.
Come anticipato, la conclusione cui è giunta la Corte, poggiando sulla propria libera valutazione delle emergenze istruttorie, non è sindacabile se non nei limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c. (Cass. S.U. 20867/20), rispetto al quale il motivo nulla argomenta.
Il secondo motivo è inammissibile.
Nonostante sia rubricato come violazione di legge, il motivo tende a fornire una diversa valutazione del materiale istruttorio, affermando che le 270 giornate lavorative si riferivano alle sole ore di lavoro operaio bracciantile, al netto delle giornate prestate dai familiari. Come si è già detto, però, il sindacato di merito sul modo con cui il giudice ha apprezzato le emergenze probatorie è ammissibile nei soli limiti in cui si deduca l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, su cui il motivo nulla argomenta.
Si aggiunge che l’art.5 d.lgs. n.375/93, diversamente da quanto argomenta il motivo, non afferma che il datore debba comunicare all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE le sole giornate lavorative dovute dagli operai agricoli, anziché il totale delle giornate lavorative necessarie ai terreni.
Conclusivamente, il ricorso va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza dovendo negarsi tardività alla notifica del controricorso. Esso fu mandato alla notifica entro il termine di cui all’art.370 c.p.c., ovvero l’8.3.2019, con ricorso notificato il 4.2.19. La prima notifica del controricorso, avvenuta in INDIRIZZO riporta la dicitura di trasferimento del difensore domiciliatario, e data 11.3.2019, ancora entro il termine di legge. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si riattivò per la notifica il 19.3.2019, la quale andò a buon fine, ma superando il termine legale. Poiché INDIRIZZO è il domicilio eletto indicato nell’epigrafe del ricorso per cassazione notificato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’errore dell’ente può dirsi scusabile, con l’effetto di rimessione in termini ai fini della seconda notificazione, secondo quanto statuito in un caso analogo da questa Corte (Cass.1784/22).