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Lavoro a termine PA: tutela anche senza contratto scritto

La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore del settore pubblico ha diritto al risarcimento per l’abuso di contratti a termine (il cosiddetto ‘danno comunitario’) anche se i contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. La sentenza chiarisce che la tutela del lavoratore precario, derivante dal diritto europeo, non può essere annullata da un vizio formale imputabile alla stessa Pubblica Amministrazione. Il caso riguarda un lavoratore forestale siciliano il cui rapporto di lavoro a termine PA era stato reiterato abusivamente senza contratti scritti.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Lavoro a Termine PA: La Cassazione Conferma la Tutela Risarcitoria Anche Senza Contratto Scritto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3069 del 2024, interviene su un tema cruciale per i lavoratori precari del settore pubblico, affermando un principio di fondamentale importanza. Il caso analizzato riguarda la tutela contro l’abuso nel lavoro a termine PA, specificando che il diritto al risarcimento del danno non viene meno neppure se i contratti sono nulli per mancanza della forma scritta. Questa decisione rafforza la protezione dei lavoratori, impedendo che un’ulteriore illegittimità commessa dalla Pubblica Amministrazione possa paradossalmente ridurre le tutele previste dalla normativa europea.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dal ricorso di un lavoratore, impiegato come operaio forestale dalla Regione Sicilia, che chiedeva la conversione del suo rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. In subordine, domandava il risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione dei contratti a termine, oltre a un’indennità per la sua disponibilità a prestare servizio su chiamata durante tutto l’anno.

La Corte d’Appello aveva rigettato le sue richieste. Secondo i giudici di secondo grado, i contratti erano radicalmente nulli per mancanza della forma scritta, requisito essenziale (ad substantiam) per tutti i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione. Tale nullità, a loro avviso, era talmente grave da ‘assorbire’ e prevalere su quella relativa all’illegittima apposizione del termine, escludendo di conseguenza l’applicazione delle tutele specifiche contro l’abuso dei contratti a termine, incluso il cosiddetto ‘danno comunitario’.

Lavoro a Termine PA: la Nullità Formale non Esclude il Risarcimento

La Corte di Cassazione ha ribaltato questa interpretazione, accogliendo il motivo di ricorso del lavoratore basato sulla violazione della Direttiva Europea 1999/70/CE. Gli Ermellini hanno chiarito che la tutela contro la successione abusiva di contratti a termine è un principio cardine del diritto dell’Unione Europea, volto a prevenire la precarizzazione del lavoro.

L’argomentazione centrale della Suprema Corte è che la mancanza di un contratto scritto, pur determinandone la nullità secondo il diritto interno, non può annullare la tutela sostanziale del lavoratore. Anzi, la mancata stipulazione per iscritto rappresenta un’ulteriore violazione imputabile al datore di lavoro pubblico. Sarebbe contrario a ogni logica e al principio di effettività della tutela europea consentire che un datore di lavoro, commettendo una doppia illegittimità (abuso dei termini e mancanza di forma scritta), possa beneficiare di un regime di responsabilità più favorevole, lasciando il lavoratore privo del risarcimento agevolato.

La Cassazione ha sottolineato che la direttiva europea mira a proteggere il ‘rapporto di lavoro’ nella sua concretezza, non solo il ‘contratto’ come documento formale. Pertanto, la tutela risarcitoria facilitata, prevista per i casi di abuso nel lavoro a termine PA (quantificata forfettariamente secondo l’art. 32 della legge n. 183/2010), deve essere applicata anche in assenza di un contratto scritto.

Il Rigetto della Richiesta di Indennità di Disponibilità

La Corte ha invece respinto il secondo motivo di ricorso del lavoratore, relativo alla richiesta di un’indennità per la sua disponibilità a essere chiamato a lavorare. I giudici hanno specificato che la possibilità di essere chiamati in base alle esigenze del datore di lavoro è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro stesso, non una prestazione aggiuntiva. In assenza di una specifica previsione nel contratto collettivo, non spetta alcuna retribuzione ulteriore per il solo fatto di essere a disposizione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di prevalenza e di effettività del diritto dell’Unione Europea. La tutela contro l’abuso dei contratti a termine è un obiettivo irrinunciabile che deve trovare applicazione anche nel pubblico impiego. Subordinare questa tutela alla presenza di un contratto scritto valido significherebbe infrangere l’equilibrio tra le norme interne (che vietano la conversione del contratto nella PA) e i principi europei, che impongono sanzioni effettive e dissuasive contro gli abusi.

La Corte ha affermato che la nullità per difetto di forma non crea un’impossibilità di tutela più ‘intensa’ di quella derivante dal divieto di conversione. Entrambe sono limitazioni imposte dall’ordinamento, ma proprio per bilanciare tali limiti è stata introdotta la tutela risarcitoria agevolata. Farla venire meno a causa di un vizio formale imputabile all’amministrazione sarebbe una palese contraddizione e vanificherebbe lo scopo della normativa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: la tutela del lavoratore precario nel settore pubblico, e in particolare l’esonero dall’onere di provare il danno in caso di abuso di contratti a termine, non viene meno se i contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. Tale mancanza, infatti, costituisce essa stessa una violazione delle norme funzionali a garantire la certezza del rapporto e a prevenire gli abusi, in linea con gli obiettivi della Direttiva 1999/70/CE. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo fondamentale principio.

Un lavoratore del settore pubblico ha diritto al risarcimento per l’abuso di contratti a termine se questi non sono stati stipulati per iscritto?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la tutela risarcitoria agevolata (il cosiddetto ‘danno comunitario’) spetta al lavoratore anche se i contratti sono nulli per mancanza della forma scritta, poiché tale vizio è imputabile al datore di lavoro pubblico e non può annullare la protezione prevista dal diritto europeo.

Perché la mancanza della forma scritta del contratto non esclude la tutela risarcitoria per il lavoratore precario?
Perché la tutela prevista dalla normativa europea mira a sanzionare l’abuso nella reiterazione dei rapporti di lavoro a termine, a prescindere dalla validità formale del singolo contratto. Consentire alla Pubblica Amministrazione di evitare il risarcimento a causa di un proprio inadempimento (la mancata redazione del contratto scritto) sarebbe contrario al principio di effettività della tutela giuridica.

Il lavoratore ha diritto a un’indennità per la sola disponibilità a essere chiamato a lavorare durante l’anno?
No. Secondo la sentenza, la disponibilità a essere chiamato a lavorare è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro e non una prestazione aggiuntiva. Pertanto, in assenza di una specifica previsione contrattuale o collettiva, non spetta alcuna indennità per la mera disponibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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