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Istanza tardiva decisione: estinzione del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un ricorso a causa di una istanza tardiva decisione presentata dal ricorrente. A seguito della proposta di definizione del ricorso, il cittadino aveva superato il termine perentorio di 40 giorni per chiedere una decisione nel merito. La Corte ha stabilito che il deposito tardivo equivale a una rinuncia, comportando l’automatica estinzione del giudizio di legittimità, senza alcuna condanna alle spese data la mancata costituzione della controparte.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanza tardiva decisione: le conseguenze dell’estinzione del ricorso in Cassazione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura civile: il rispetto dei termini perentori. Il caso in esame riguarda le conseguenze di una istanza tardiva decisione presentata oltre il termine di 40 giorni previsto dall’art. 380-bis del codice di procedura civile, che porta all’inevitabile estinzione del ricorso.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni per responsabilità di magistrati, cancellieri e ufficiali giudiziari, avanzata da un cittadino nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Durante il processo di primo grado, il procedimento era stato sospeso a seguito di un’istanza di ricusazione del giudice. Una volta definito il subprocedimento di ricusazione, la causa principale non era stata riassunta nei termini di legge, portando il Tribunale a dichiararne l’estinzione.

La decisione era stata confermata dalla Corte d’Appello. Il cittadino ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erroneità della pronuncia.

La Proposta di Definizione e l’Istanza Tardiva di Decisione

In Cassazione, è stata formulata una proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., suggerendone la manifesta infondatezza. La comunicazione di tale proposta è stata inviata alla parte ricorrente il 7 febbraio 2024. Secondo la norma, il ricorrente ha 40 giorni per presentare, con una nuova procura speciale, un’istanza per chiedere che la Corte decida comunque nel merito.

Tuttavia, il ricorrente ha depositato la propria istanza di decisione solo il 25 marzo 2024, ben oltre il termine perentorio. Questo ritardo è diventato il punto cruciale su cui la Corte ha basato la sua decisione finale.

Il Ruolo del Termine di 40 Giorni

L’art. 380-bis, secondo comma, c.p.c. è chiaro: in mancanza di una tempestiva richiesta di decisione, “il ricorso si intende rinunciato”. Si tratta di una fictio legis, una finzione giuridica che equipara il silenzio (o, come in questo caso, un’azione tardiva) a una rinuncia espressa. Questo meccanismo è stato concepito dal legislatore per accelerare la definizione dei ricorsi e deflazionare il carico della Suprema Corte.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il giudizio estinto. I giudici hanno spiegato che il deposito di un’istanza, sebbene effettivamente avvenuto, perde ogni efficacia se effettuato oltre la scadenza del termine perentorio. La tardività dell’istanza la rende inidonea a impedire l’effetto estintivo automatico previsto dalla legge.

Il Collegio ha precisato che la presentazione di una istanza tardiva decisione costringe comunque la Corte a riunirsi in adunanza camerale per deliberare, in primo luogo, sulla tempestività dell’istanza stessa e, di conseguenza, sulla configurabilità dell’estinzione. Accertata la tardività, l’unica conclusione possibile è la declaratoria di estinzione del giudizio.

Inoltre, la Corte ha affrontato due questioni accessorie:

1. Spese processuali: Non è stata emessa alcuna pronuncia sulle spese, poiché la Presidenza del Consiglio dei Ministri non si era costituita in giudizio.
2. Sanzioni per lite temeraria (art. 96 c.p.c.): Sebbene la richiesta tardiva provochi una decisione collegiale “irrituale e dunque infondatamente”, il Collegio ha ritenuto di non applicare le sanzioni previste dall’art. 380-bis, terzo comma, c.p.c., data la “novità dell’espressa posizione” sul punto. Tuttavia, ha lasciato intendere che in futuro un comportamento simile potrebbe essere sanzionato.

Infine, è stata esclusa l’applicabilità del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale obbligo sorge solo in caso di rigetto, inammissibilità o improponibilità del ricorso, non in caso di estinzione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un monito cruciale per gli operatori del diritto. La gestione dei termini processuali, specialmente nel giudizio di Cassazione, richiede la massima attenzione. La decisione conferma che il termine di 40 giorni previsto dall’art. 380-bis c.p.c. è perentorio e non ammette deroghe. Qualsiasi azione compiuta oltre tale scadenza è giuridicamente irrilevante ai fini della prosecuzione del giudizio, che si estingue automaticamente. Gli avvocati devono quindi agire con estrema tempestività per evitare di incorrere nella perdita del diritto di difesa dei propri assistiti.

Cosa succede se si deposita in ritardo l’istanza di decisione dopo la proposta del relatore in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato estinto. La Corte di Cassazione ha chiarito che il deposito tardivo dell’istanza, oltre il termine perentorio di 40 giorni, equivale a una rinuncia al ricorso, con conseguente estinzione automatica del giudizio.

Il termine di 40 giorni previsto dall’art. 380-bis c.p.c. è prorogabile?
No, il provvedimento conferma che si tratta di un termine perentorio. Ciò significa che non può essere esteso o prorogato, e il suo mancato rispetto determina la decadenza dal diritto di chiedere una decisione sul merito del ricorso.

In caso di estinzione per istanza tardiva, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha specificato che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di estinzione del giudizio, ma solo in quelli di rigetto, inammissibilità o improponibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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