LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Istanza di inibitoria: no a nuove prove preesistenti

La Corte di Appello di Roma ha respinto una seconda istanza di inibitoria per la sospensione di una sentenza di pagamento. La Corte ha chiarito che non si possono addurre come ‘nuove circostanze’ fatti che, sebbene non menzionati prima, erano già esistenti al momento della prima richiesta. La decisione sottolinea i rigidi requisiti per riproporre una richiesta di sospensione in appello.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanza di Inibitoria: Quando è Possibile Riproorre la Sospensione di una Sentenza?

Nel corso di un giudizio di appello, la parte soccombente in primo grado può trovarsi di fronte a una sentenza immediatamente esecutiva. Per evitare di subire un danno grave prima ancora della decisione finale, la legge prevede uno strumento cruciale: l’istanza di inibitoria. Ma cosa succede se questa viene rigettata? È possibile riproporla? Una recente ordinanza della Corte di Appello di Roma offre un chiarimento fondamentale sui requisiti necessari per presentare una seconda istanza, distinguendo tra ‘fatti nuovi’ e ‘fatti preesistenti ma non dedotti’.

I Fatti del Caso

Due soggetti, condannati in primo grado a pagare una somma di circa 37.000 euro a un professionista per prestazioni svolte, avevano presentato appello contro la sentenza. Contestualmente, avevano richiesto alla Corte di Appello di sospendere la provvisoria esecutività della condanna. Questa prima istanza era stata respinta, poiché la Corte non aveva ritenuto l’appello ‘manifestamente fondato’ né aveva ravvisato un rischio di danno grave e irreparabile (periculum in mora).

Non dandosi per vinti, gli appellanti hanno riproposto l’istanza di sospensione, sostenendo che nel frattempo si erano verificate nuove circostanze. Tali circostanze consistevano nel fatto che il professionista creditore:

1. Aveva chiuso il proprio conto corrente presso un noto istituto di credito italiano.
2. Aveva chiesto che il pagamento avvenisse sul conto personale del suo avvocato.
3. Possedeva un unico conto corrente presso un istituto bancario con sede in Lituania.
4. Non pubblicava i bilanci da oltre due anni.

Secondo i debitori, questi elementi dimostravano il rischio concreto che, in caso di vittoria in appello, sarebbe stato impossibile recuperare la somma versata.

La Decisione della Corte d’Appello e l’importanza dell’Istanza di inibitoria

La Corte di Appello ha nuovamente rigettato l’istanza di inibitoria. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione dell’articolo 283 del Codice di Procedura Civile, che disciplina la sospensione della sentenza in appello. I giudici hanno chiarito che una seconda istanza può essere proposta solo se si verificano ‘mutamenti nelle circostanze’ rispetto alla situazione valutata in precedenza.

Le motivazioni

Il ragionamento della Corte si è sviluppato su due binari principali:

1. Assenza di nuove circostanze sul fumus boni iuris: Gli appellanti non hanno introdotto nuovi argomenti che potessero far apparire l’appello come ‘manifestamente fondato’. La valutazione sul merito della controversia, già effettuata con la prima ordinanza, non poteva essere riconsiderata.

2. Insufficienza delle circostanze sul periculum in mora: Questo è il punto centrale della decisione. La Corte ha analizzato le ‘nuove’ circostanze addotte e le ha ritenute irrilevanti per due motivi distinti. Innanzitutto, il mancato deposito dei bilanci degli ultimi due anni non è una circostanza ‘sopravvenuta’. Si tratta di un fatto che esisteva già al momento della prima richiesta e che gli appellanti avevano semplicemente omesso di menzionare. Un fatto preesistente ma non dedotto non costituisce un ‘mutamento’ ai sensi della norma. In secondo luogo, gli altri elementi (chiusura del conto italiano, richiesta di pagamento sul conto del legale, possesso di un conto estero) non sono stati ritenuti di per sé indicativi della volontà del creditore di sottrarsi a un eventuale obbligo di restituzione. Non sono stati considerati elementi di gravità tale da far presumere un pregiudizio grave e irreparabile per i debitori.

Le conclusioni

L’ordinanza della Corte di Appello di Roma ribadisce un principio fondamentale in materia di istanza di inibitoria: la possibilità di riproporre la richiesta di sospensione è un’eccezione legata a un effettivo cambiamento della situazione di fatto, avvenuto dopo la prima decisione. Non può essere utilizzata come un’opportunità per correggere dimenticanze o per introdurre argomenti che si sarebbero potuti e dovuti presentare sin dall’inizio. Questa decisione serve da monito per le parti processuali, sottolineando l’importanza di condurre un’analisi completa e diligente di tutti gli elementi a sostegno della richiesta di sospensione fin dalla prima istanza, per evitare di vedersi preclusa una seconda possibilità.

È possibile presentare una seconda istanza di inibitoria in appello?
Sì, l’art. 283 c.p.c. lo consente, ma solo se si sono verificati ‘mutamenti nelle circostanze’ dopo la prima richiesta. Questi mutamenti devono essere specificamente indicati nel ricorso.

Un fatto esistente ma non menzionato nella prima richiesta può essere considerato una ‘nuova circostanza’?
No. L’ordinanza chiarisce che una circostanza preesistente alla prima istanza, anche se non menzionata per dimenticanza, non costituisce un ‘mutamento’ idoneo a giustificare una nuova richiesta di sospensione.

Il fatto che un creditore abbia un conto corrente all’estero è sufficiente per dimostrare il rischio di un danno grave e irreparabile (periculum in mora)?
Secondo questa ordinanza, elementi come avere un conto corrente in un altro paese UE o chiedere il pagamento sul conto del difensore, da soli, non sono sufficienti a far presumere un danno grave e irreparabile per il debitore, né la volontà del creditore di sottrarsi a futuri obblighi di restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati