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Iscrizione Gestione Separata: l’abitualità è chiave

Una professionista ha contestato l’obbligo di iscrizione Gestione Separata a causa di un reddito inferiore a 5.000 euro. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’obbligo contributivo non dipende dal reddito ma dalla natura ‘abituale’ dell’attività, presunta da elementi come l’iscrizione all’albo e la partita IVA.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo di Iscrizione Gestione Separata: Quando Conta Davvero l’Abitualità?

L’obbligo di iscrizione Gestione Separata per i liberi professionisti rappresenta un tema complesso e spesso dibattuto, specialmente quando il reddito percepito è di modesta entità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su un punto fondamentale: non è l’ammontare del reddito a determinare l’obbligo contributivo, bensì il carattere di ‘abitualità’ dell’attività svolta. Analizziamo insieme questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Una Professionista contro l’Ente Previdenziale

Una libera professionista, iscritta all’Albo degli Avvocati, si opponeva a una richiesta di pagamento di contributi da parte dell’ente previdenziale per l’anno 2010. La professionista sosteneva di non essere tenuta all’iscrizione alla Gestione Separata poiché, in quell’anno, aveva percepito un reddito inferiore alla soglia di 5.000 euro, pur avendo versato il contributo integrativo alla propria cassa di categoria.

Il Tribunale, in prima istanza, accoglieva la sua tesi, ritenendo il basso reddito un fattore sufficiente per escludere l’obbligo. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, accogliendo il ricorso dell’ente previdenziale. Secondo i giudici di secondo grado, la professionista svolgeva l’attività con carattere di abitualità, come dimostrato dalla sua iscrizione all’Albo professionale e da un accertamento concreto. Di conseguenza, l’obbligo di iscrizione sussisteva a prescindere dal superamento della soglia di reddito.

La Decisione della Corte sull’Iscrizione Gestione Separata

La professionista ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e sostenendo l’inesistenza dell’abitualità nell’esercizio della sua professione. La Suprema Corte, però, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello e consolidando un principio giurisprudenziale ormai chiaro.

Le Motivazioni: L’Abitualità ‘ex ante’ e gli Indizi Presuntivi

La Corte di Cassazione ha ribadito che, in materia previdenziale, l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata sorge per chiunque eserciti in modo abituale un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione a un albo, qualora il reddito prodotto non sia già integralmente assoggettato a contribuzione presso la cassa di riferimento.

Il punto cruciale della motivazione risiede nella definizione di ‘abitualità’. Questa non deve essere desunta ‘ex post’ dall’ammontare del reddito conseguito, ma va valutata ‘ex ante’, come una scelta del professionista. L’abitualità si presume da una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, tra cui:

* L’iscrizione a un albo o elenco professionale.
* L’apertura della partita IVA.
* L’esistenza di un’organizzazione materiale (uno studio, attrezzature, etc.) a supporto dell’attività.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente verificato la presenza di tali elementi (iscrizione all’Ordine, partita IVA e organizzazione di mezzi), concludendo per la natura abituale dell’attività. La percezione di un reddito basso può essere un indizio contrario, ma deve essere ponderato insieme a tutti gli altri elementi e, da solo, non è sufficiente a escludere l’obbligo contributivo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Liberi Professionisti

Questa ordinanza conferma che per i professionisti iscritti ad albi, la soglia di reddito di 5.000 euro è irrilevante ai fini dell’obbligo di iscrizione Gestione Separata. Tale soglia si applica, infatti, solo alle prestazioni di lavoro autonomo occasionale. Un professionista che si iscrive a un albo e apre una partita IVA sta compiendo una scelta che implica, per presunzione, l’intenzione di esercitare l’attività in modo stabile e continuativo. Pertanto, l’obbligo di versare i contributi alla Gestione Separata (se non coperti integralmente dalla cassa di categoria) sorge indipendentemente dal volume d’affari effettivamente generato. È fondamentale che i professionisti, soprattutto all’inizio della loro carriera, siano consapevoli di questo principio per evitare future contestazioni da parte degli enti previdenziali.

Un professionista con un reddito annuo inferiore a 5.000 euro è obbligato all’iscrizione alla Gestione Separata INPS?
Sì, è obbligato se la sua attività professionale è esercitata in modo abituale. La soglia di 5.000 euro è rilevante solo per le prestazioni di lavoro autonomo occasionale, non per le attività professionali strutturate.

Come si determina se un’attività professionale è ‘abituale’?
L’abitualità viene accertata in base a una valutazione complessiva di elementi presuntivi, come l’iscrizione a un albo professionale, l’apertura di una partita IVA e la predisposizione di un’organizzazione di mezzi per svolgere l’attività. Non si basa solo sul reddito conseguito.

L’iscrizione a un albo professionale è un elemento sufficiente a far scattare l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata, l’iscrizione a un albo professionale è un forte indizio che, unitamente ad altri elementi come la partita IVA, fonda la presunzione di esercizio abituale della professione, determinando l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata per i redditi non coperti da altra previdenza obbligatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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